11 agosto 2024

Il poeta contadino: Vanni Groppelli

Continuando il viaggio intrapreso nella poesia cremasca del secolo scorso, attraverso le pubblicazioni dei poeti cremaschi, incontriamo il Maestro, per il quale il Prof. Sacchi nell’ottobre del 2008 iniziò così la presentazione della raccolta completa di poesie: il Maestro Vanni Groppelli.

«Fu un autentico intellettuale, caratterizzato dai più vari interessi quali la storia, il folklore, la cronaca, l'arte, la letteratura soprattutto riguardanti il territorio locale, ma senza melense sbavature e banalità localistiche. Di tutto ciò gli fu dato da sempre giusto merito. Ma non molti sanno che il Maestro fu anche un poeta dialettale: la riservatezza dell’autore stesso lo portò a non pubblicare le sue composizioni. Oggi la presentazione non è solo un omaggio all'illustre concittadino, ma vuole invitare alla sorprendente scoperta di una delle voci poetiche e originali della nostra terra. Tenerezza e modestia l'essenza di Groppelli che fu un valente critico letterario: come grammaticus, cioè come critico di poesia dialettale, egli era molto stimato. Ottomano Miglioli, Piero Erba, Annibale Carniti, Fausta Donati, Luisa Agostino, persino Federico Pesadori e Rosetta Marinelli Ragazzi debbono anche a lui la fama di cui godono ancora oggi. Ha molto contribuito alla produzione poetica nel territorio cremasco, rendendo possibile la valorizzazione della loro identità intellettuale attraverso la pubblicazione delle loro opere. Il dialetto, considerato a lungo una lingua minore, ha con lui raggiunto le fasce più popolari del territorio, interessandole alle tematiche alla loro portata». 

Anche ai nostri giorni è interessante notare che il dialetto cremasco sopravvive grazie alle comunità locali che sono ancora legate alle proprie radici: la poesia dialettale continua così a essere un modo per esprimere la quotidianità e la passione individuale. Nel suo Profilo del 2012, Sacchi, a proposito del Maestro, aggiungeva: 

 "L'opera di Vanni è una specie di partitura musicale scandita al ritmo delle stagioni e delle ricorrenze cui fanno da contrappunto momenti di “svago”: sono per lo più figure umane che delimitano sapidamente e teneramente una geografia spirituale che ben si inserisce nel paesaggio agreste, sono quasi note di “allegro” e di “molto allegro”.

Biografia 

Vanni Groppelli nasce ai Sabbioni, allora comune di Ombriano il 16 ottobre 1919. Nel 1940 comincia l'attività di maestro. Nel 1950 inizia a insegnare alla Scuola di Borgo S. Pietro a Crema, dove resterà fino alla fine della carriera dopo 38 anni d’insegnamento. Dal dopoguerra e per tutta la sua vita si occupa con grande passione di giornalismo, come giornalista pubblicista e corrispondente da Crema, collaborando con la RAI (fin dalla fondazione collabora al Gazzettino Padano) e con i maggiori giornali lombardi del tempo e con quelli locali, soprattutto con Il Nuovo Torrazzo, dove cura la pagina della cronaca e di molte altre rubriche del settimanale. È tra i fondatori, con Narciso Patrini, del concorso di poesia del Settembre Offanenghese e come giurato e/o presidente in molti concorsi di poesia dialettale. Per tutta la vita presta la sua opera di organista in molte chiese di Crema e del circondario: era anche un ottimo pianista e ha insegnato ad amare la musica a generazioni di ragazzi. Nel dopoguerra pubblica, in collaborazione con altri, alcune guide di Crema. Cura la pubblicazione di numerosi calendari cremaschi: poesie dialettali accompagnate da opere di artisti locali. Inoltre cura la pubblicazione di testi di autori dialettali cremaschi, facendoli conoscere:1969, (con altri) Aria Da Paes di Giuseppe Meazza  ̶ 1974, Poesia Dialettale Cremasca di Federico Pesadori  ̶ 1979 Quatre Vers An Dialet e Storia Da Crema di Piero Erba  ̶ 1980, Ciacere fate ‘n casa di Ottomano Miglioli  ̶ 1980, Poeti Dialettali di ieri e di oggi  ̶ 1980, A la me tera cremasca di Luisa Agostino  ̶ 1980, La Poesia Dialettale al Settembre Offanenghese  ̶ 1981, An po da eta da Casalet Vaprio di Ivalda Stanga  ̶ 1985; postumo Al me paes di Giacomo Stabilini. Vanni Groppelli muore a Crema il 10 settembre 1983.

Nella Prefazione al volume Federico Pesadori stilata il 6 dicembre 1974 così si esprimevano Vanni Groppelli e Fausta Donati De Conti:

«Una norma generale per la grafia del dialetto ancora non esiste. Ogni poeta dialettale – ha scritto il professor Antonucci su il Giornale dell'Arte – regola la grafia secondo il proprio arbitrio ed anzi non è raro trovare in uno stesso autore parole o forme che abbiano grafia diversa in luoghi diversi».

Pensando alle date di composizione delle poesie, in cui non c’erano dizionari ai quali far riferimento, come invece dopo il 2004, con la pubblicazione del Vocabolario del Dialetto di Crema di L. Geroldi, anche Groppelli non sfugge a questo atteggiamento culturale. Va comunque sottolineata la coerenza e la bontà delle scelte dell'autore, soprattutto in un periodo in cui la quasi totalità degli autori in vernacolo cremasco si lasciava andare al più immotivato personalismo, all’istinto o perfino a inesattezze grammaticali. Pur con qualche limite, anche in questo ambito, Vanni Groppelli si dimostrò un autentico Maestro. Nella pubblicazione delle sue poesie, voluta dalla Pro Loco nella collana Poeti cremaschi di ieri e di oggi. Leva Artigrafiche in Crema, settembre 2008, Sacchi ha mantenuta rigorosamente la grafia originale dei testi, non tanto per ragioni di correttezza filologica e di coerenza intellettuale, quanto piuttosto di sincero omaggio ad un grande poeta in terra cremasca. Vanni Groppelli (così come Federico Pesadori, Ottomano Miglioli e Piero Erba) è uno dei pochissimi poeti cremaschi a pensare direttamente e naturalmente in dialetto: non scrivono mai traducendo i propri pensieri e le proprie emozioni dalla lingua italiana o da qualsiasi altra lingua: di conseguenza le loro composizioni non sovrabbondano di aggettivi qualificativi, di avverbi di modo o di termini astratti e la loro sintassi è, per così dire, essenzialmente paratattica, quasi elementare.

La lingua di Groppelli è tipicamente cittadina: in ciò egli può essere ritenuto a buon diritto un autentico purista.

Il risultato di questi atteggiamenti culturali è un linguaggio del tutto naturale, senza forzature: è una poesia scorrevole e vivace al tempo stesso, così come scorrevole e vivace è generalmente il nostro dialetto.

Riporto l’analisi dei testi fatta da Sacchi in merito alla metrica utilizzata dal poeta:

«Quanto alle strutture formali del testo poetico, relativamente all'uso dei versi Groppelli predilige di gran lunga l'endecasillabo, anche se non mancano versi liberi, soprattutto, ma non solo, quando l'argomento tenda al comico o al familiare. Per gli argomenti leggeri usa magistralmente anche l'ottonario. La squisita dolcezza e la musicalità dei versi di Groppelli derivano essenzialmente dalla sapiente scelta dei termini e soprattutto dall'uso scrupoloso delle rime: il poeta predilige la rima alternata con l'ultimo accento su una parola piana; non mancano esempi di musicalità diversamente ottenuta. Il metro più usato da Groppelli è il sonetto in endecasillabi. Il sonetto è una composizione assai chiusa, persino rigida, ma che può diventare assai fluida nella lingua italiana sia con una sapiente disposizione degli accenti, sia con l'uso di numerose figure retoriche, sia infine con vere e proprie forzature sintattiche. Queste caratteristiche, tranne l'accentazione, non sono contemplate nel nostro vernacolo, così povero di figure retoriche, così rigido nelle strutture sintattiche. È per questo probabilmente, che la stragrande maggioranza dei sonetti scritti nel nostro dialetto sono rigidi, innaturali, zoppicanti. Fanno eccezione i grandi come Vanni Groppelli. Il loro segreto è senza dubbio quello di pensare le composizioni subito, direttamente in dialetto; il loro dono è quello di farsi risuonare dentro con naturalezza l'endecasillabo».

Ancora oggi l’interesse dei poeti cremaschi per l’uso del dialetto nella loro produzione, nasce anche in opposizione alla lingua comune da sempre strumento convenzionale, che alla fine mostra anche segni di usura del proprio vocabolario esposta com’è ai colpi della diffusa globalizzazione linguistica.

In alcuni appunti degli inediti di Sacchi, a proposito della musicalità e sonorità del dialetto cremasco, si trova un’analisi sull’uso delle vocali:

«Oltre alle vocali tipiche della lingua italiana, il dialetto cremasco contempla anche i suoni ö e ü, presenti per altro in molti dialetti lombardi. Ma la vocale A è la più cremasca, quella che distingue la nostra parlata da quelle più vicine per parentela linguistica. Da noi si dice al gat, in bergamasco ol gat, in bresciano el gat; in cremasco si dice an gat, in bergamasco ü gat, in bresciano en gat

La A viene usata anche per creare eufonie, per evitare cioè l'incontro di suoni sgradevoli e malagevoli per la pronuncia: ta set strach diventa ta set astrach. La caratteristica fonetica, la predominante del suono A, rende la nostra lingua significativamente dolce e piuttosto lontana dal bröt parlà di pesadoriana memoria». 

Poetica

 Propongo qui altri appunti sulla poesia di Vanni Groppelli espressi dal prof. Sacchi nella sua presentazione del poeta- mentore-amico: 

«Vanni Groppelli scrive una poesia che mostra di volersi sciogliere dai vincoli della tradizione popolaresca, impressionista, folklorica, per volgersi ad esiti di cultura prevalentemente espressionistici e per autorappresentarsi come possibilità poetica non meno aulica della poesia in lingua. Autore principalmente bucolico e forse per questo, fu definito il poeta contadino. La natura per lui non è un teatrino di luoghi e figure: piante, animali, persone, cieli e soprattutto acque sono momenti dell'anima; sono un modo di ritrovarsi e non un mero pretesto per scrivere. Sono essi stessi un sentimento più che un suggerimento. Sono la vita con le sue amarezze e le sue speranze; la vita che muore quasi senza incanto, quasi senza far rumore. Da qui nasce un profondo sentimento di rimpianto, a volte quasi disperato, ma mai urlato, anzi stemperato in un dolce struggimento di nostalgia. A volte quasi a diluire la nostalgia, a introdurre una nota di sdrammatizzazione, Groppelli termina le sue composizioni con un lieve sberleffo, con una liberatoria battuta».

Riporto, come esempio di ciò, le ultime due strofe della composizione Òia d’insalina (p. 26) del volume di Sacchi del 2008:

 

Ah, se me piasarès, col s’ciòp an spàla,

andà pèr paunsìne

zo pèr sentér, co la nébia che cala,

e pèrdes luntà, fin a le Cascìne!

 

 ’N da l’acqua ciàra e frèsca de l’Alchina

se spannöggia i nadròt e i fa le ère.

Nò, nò: col frèt che tira stamatìna

le paunsìne le pol... negà ’n dal Sère! 

 

 Ah, come mi piacerebbe, / col fucile in spalla/ andare (a caccia) di pavoncelle/ attraverso sentieri, con la nebbia che cala, / e perdermi lontano, fino alle Cascine! // Nell’acqua chiara e fresca dell’Alchina (roggia) / si scuotono le penne le anatre e si divertono. / No, no: col freddo che c’è stamattina/ le pavoncelle possono… annegare nel Serio.

Le composizioni di Groppelli si ispirano spesso al trascorrere delle stagioni, delle ricorrenze, sottolineando in questo modo l'attaccamento alla terra e alle sue radici culturali. Quella che segue è la strofa più conosciuta di una filastrocca al termine di un sonetto dedicato all’estate, diventata da allora patrimonio della nostra gente, anche se potrebbe essere stata composta ad uso dei bambini. 

Si su l’amasù

quatre pöte söl balcù:

öna la fila, l’altra la tàia

e le altre dó le fa i capèi da pàia

Si su l’amasù* / quattro nubili sul balcone: / una fila l’altra taglia/ le altre due fanno i cappelli di paglia.

Il prof. L. Geroldi riporta nel suo dizionario alla voce amazù (p. 6): scala a pioli su cui si posavano a dormire i polli. 

Una ricorrenza da noi molto sentita era quella della Santa Lucia: anche in questa poesia Vanni Groppelli dimostra la sua sensibilità di educatore delle nuove generazioni. La letterina scritta dal bambino nel dicembre del 1980 (p.24 vol. 2008) per avere i doni nella notte del 12 dicembre, termina con una preghiera: c’era stato un terremoto nel Belìce molti anni prima: un violento evento sismico, di magnitudo 6,4, che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 aveva colpito una vasta area della Sicilia occidentale, la Valle del Belìce, compresa tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo che aveva messo in ginocchio la popolazione. 

Però, sicome an Bassa Italia amò st’ann

gh’è tanti s’ciai sensa mama e papà,

sensa pö casa e foch e sensa pann

coi frèt che fa,

 

vore dìt: “I regài pórtemei mìa.

Dàga ’l me massulì al tò sumarì

e töti i me regài, Santa Lucia,

dàghei a chi pore s’ciatì!”

 

Però, siccome nel meridione anche quest’anno/ ci sono tanti bambini senza né mamma né papà, / senza più casa e focolare e senza indumenti/ col freddo che fa, // voglio dirti. ”I regali non portarmeli. / Dai il mio mazzolino (di fieno) al tuo asinello e tutti i miei regali, Santa Lucia, / dalli a quei poveri bambini!”

Comunque sono passati nel linguaggio comune anche quadretti di vita di un tempo ormai lontano, come lo spiritoso, eppur commovente, ritratto di un locale venditore ambulante Milini col sò caretì (p.30) del quale riporto alcune strofe:

Du dé a la settimana, ma ricòrde,

riàa Milini col sò caretì

càrech de strass, pignate e pignatì,

tegnìt ansèma da ligàm e còrde.

 

E gh’era an àsen tra le stanghe rotte

vestìt de magre cumè ’l sò padrù:

e i’ndàa, i’ndàa per le strade töti du,

cumè figüre, za, del Don Chisciotte…

 

“Limù, limù, limù de la Riviera,

bù per le done da la bruntulera!

Due giorni alla settimana, mi ricordo, / arrivava Milini col suo carretto/ carico di stracci, pentole e pentolini, / tenuti insieme da legacci e corde. // E c’era un asino tra le stanghe rotte/ vestito di magro come il suo padrone: / e andavano, andavano per le strade tutti e due, / come personaggi, è vero, del don Chisciotte… // Limoni, limoni, limoni della Riviera, / adatti al mal di pancia delle donne.

Graziella Vailati


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Luciana Groppelli

11 agosto 2024 11:20

Un ricco ed esauriente profilo del poeta e dell'uomo verso il quale provo non solo molta stima ma anche un grande affetto per la stretta parentela che ci lega.
È stata una lettura che ho molto gradito e apprezzato sia per la limpida chiarezza che per il contenuto ma percepibile apprezzamento del 'personaggio' così ben descritto sia per la felice scelta dei passi riprodotti.
In sintesi una gran bella lettura che ha riaperto anche ricordi solo belli vicino alle acque fresche ' dela so Alchina'