7 gennaio 2022

Caso Tamoil "bis", nel 2017 per il sindaco la barriera funzionava, i controlli erano costanti e non c'era motivo di temere: ecco le carte

L’attività della barriera idraulica (realizzata per contenere l’inquinamento della Tamoil; ndr) e il ripristino delle aree esterne vengono monitorati costantemente dagli Enti preposti al controllo e viene data costante informativa attraverso i risultati periodici dei monitoraggi e dell’andamento delle concentrazioni degli inquinanti, resi noti nei vari Osservatori Tamoil”.

Firmato Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona. Il passaggio conclude la risposta trasmessa da Galimberti il 24 gennaio 2017 a Sergio Ravelli e Gino Ruggeri - Associazione Radicali Cremona.

In soldoni: nel gennaio del 2017 per il sindaco la barriera idraulica realizzata per contenere l’inquinamento della Tamoil, prodotto in decenni e arrivato all’attenzione dell’opinione pubblica nel 2007, funzionava correttamente e al Comune non erano pervenute segnalazioni in senso contrario. L’amministrazione, in sostanza, non aveva motivo di ritenere che quella barriera non funzionasse correttamente. Anzi, a fronte dei monitoraggi costanti cui fa riferimento Galimberti, non c’era motivo di porsi particolari dubbi, né di effettuare indagini suppletive o intensificare i controlli.

Che la realtà fosse (e sia attualmente) ben diversa è chiaro a tutti: basta scorrere le cronache di questi giorni per capire che siamo di fronte ad un “caso Tamoil bis”. Lo dimostrano le indagini commissionate dalla Canottieri Bissolati, che hanno portato ad appurare che oggi il livello del “surnatante” (ossia gli inquinanti presenti nei terreni contaminati) va da 30 a 70 centimetri sopra la falda.

Anche in questo ci avevano visto giusto i Radicali, che alla fine di dicembre del 2016 scrissero una lettera aperta al sindaco manifestando i loro dubbi. Ecco cosa scrivevano Ravelli e Ruggeri il 16 dicembre del 2016 al sindaco: “Preg.mo Sig. Sindaco, la sentenza emessa il 20 giugno scorso dalla Corte d'Assise d'Appello di Brescia ha confermato la presenza di una sorgente unica di contaminazione all'interno della raffineria che si estende all'esterno, essendo il cosiddetto “taglione” assolutamente ininfluente. Di conseguenza il prodotto libero (surnatante) disperso nel sottosuolo della raffineria è emigrato verso le aree esterne non di proprietà e non di competenza della Tamoil causando danni ambientali e forse sanitari”.

E’ la descrizione, per certi versi, del quadro fotografato dalle indagini condotte pochi mesi fa presso la Bissolati e i cui risultati sono stati resi noti in questi giorni (qui l’articolo). 

Al momento - annotavano ancora Ravelli e Ruggeri nel 2016 - il progetto approvato per la raffineria è un progetto di Messa in Sicurezza Operativa che prevede il sostanziale “confinamento” della contaminazione all'interno del sito produttivo. Tuttavia, per quanto riguarda le acque di falda ed il prodotto surnatante, il confine dello stabilimento non è stato rispettato in considerazione dell'ipotesi che le aree rivierasche avessero una sorgente “autonoma” di contaminazione. Di conseguenza le bonifiche previste sono due: la bonifica del sito Tamoil e la bonifica delle aree esterne”.

Concludevano Ravelli e Ruggeri: “La proposta che vogliamo quindi sottoporLe è quella di rivedere gli obiettivi di bonifica ed in particolare i Punti di Conformità, i punti cioè in cui si debbono rispettare i limiti imposti dalla legge. Tale opportunità potrà essere colta nelle prossime settimane anche in considerazione delle modifiche alla barriera idraulica che sono state progettate ed in corso di realizzazione”.

Nella sua risposta, trasmessa oltre un mese dopo la missiva dei radicali (dal 16 dicembre 2016 al 24 gennaio 2017), il sindaco replica che, sulla base della normativa vigente, “sarà possibile parlare di bonifica o altri interventi solo dopo lo smantellamento degli impianti e la verifica, prima dell’autorizzazione di un progetto di riutilizzo, della compromissione o meno delle matrici ambientali, il cui completo ripristino è obiettivo dell’Amministrazione”.

Quanto alla barriera idraulica, per il primo cittadino non vi erano motivi di allarme e il monitoraggio era costante, così come le informative trasmesse “nei vari Osservatori Tamoil”. Oggi, a distanza di 4 anni da quella risposta, sappiamo bene che le cose stanno diversamente e che la barriera idraulica non ha tenuto come doveva.

Il costante monitoraggio? Le puntuali informative all’osservatorio? Punti di domanda che gravano su una vicenda tutt’altro che chiusa e che fa acqua (o meglio, idrocarburi) da tutte le parti.

Nella foto in alto, il deposito Tamoil e la lettera trasmessa dal sindaco ai radicali nel 2017.

Federico Centenari


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