8 maggio 2021

Cento anni dalla parte dei bambini, un libro racconta la storia delle suore della "Sacra Famiglia" di via 11 febbraio

19 marzo 1921, festa di San Giuseppe: monsignor Francesco Torta (1864-1949), piacentino, ultimo di dieci figli di una famiglia umile ma dignitosa, fonda la congregazione delle Suore della Provvidenza per l'infanzia abbandonata. La loro regola: essere al servizio dei bambini. L'ordine è arrivato anche nella nostra città grazie alla Sacra famiglia, la scuola da dove sono passate generazioni di cremonesi. Sono trascorsi 100 anni da quel giorno, 100 anni ricostruiti da Federica Villa, giovane esperta di comunicazione, nel bel libro 'Più sono poveri, più sono nostri' (Edizioni Il Duomo).
Monsignor Torta era molto legato a Cremona che lo aveva accolto da piccolo quando alla morte prematura del padre, Giuseppe, falegname, la madre, Teresa, sarta, fu costretta a trasferirsi con lui e i suoi fratelli sotto il Torrazzo.
“Ormai sessantottenne, il sacerdote - scrive l'autrice - continuava a guardare con affetto e riconoscenza a Cremona, tanto da non riuscire a sottrarsi a un piccolo ma radicato desiderio: quello di fondarvi un giorno una delle proprie Case”.
La storia cremonese, non da tutti conosciuta, delle Suore della Provvidenza comincia quando monsignor Torta acquista un edificio rimasto vuoto in via XI Febbraio per aprirvi una Casa per l'infanzia bisognosa e, contemporaneamente, accetta la proposta di prendere le redini dell'istituto cittadino dedicato ai sordomuti, che navigava in cattive acque. La Casa di Cremona, che in origine si chiamava Artigianato Sacra Famiglia, viene fondata nel 1932 occupandosi, da un lato, dei bambini sordomuti con le scuole parificate e, dall'altro, dei giovani artigiani con i laboratori e i corsi professionali. Gli inizi non devono essere stati facili tanto da far dire a madre Caterina Losio quando per la prima volta monsignor Torta la guidò alla scoperta della sede cremonese di cui sarebbe diventata direttrice, per poi essere nominata madre generale: “A me sembrava di trovarmi in uno squallore di estrema povertà, quantunque lo spazio fosse largo e il caseggiato promettesse utili sviluppi. A tutte le mie lagnanze più o meno giustificate monsignor Torta non si scomponeva e rispondeva con imperturbabile pazienza: eppure è destinata a diventare una grande casa”. Aveva ragione. “La sua reputazione di collegio modello - si ricorda nel libro - gli valse un importante ruolo anche durante la Seconda guerra mondiale quando, nel 1943, il ministero dell'Africa, volendo collocare una sessantina di bambini orfani della Libia, tra tutte le migliaia di convitti nazionali puntò gli occhi proprio sull'Artigianato Sacra Famiglia”.
Ogni 6 anni le Suore della Provvidenza per l'infanzia abbandonata si riuniscono in Capitolo per fare il punto della situazione. Nel 2006 il Capitolo elesse madre Carla Rebolini nuova superiora generale, incarico ricoperto sino al 2018. Suor Carla, oggi responsabile dell'istituto di via XI Febbraio, è un volto conosciuto in città. Prima di lei la congregazione aveva allargato lo sguardo dall'Italia al mondo creando centri di accoglienza in Etiopia, con lei si sono aggiunti quelli in Kenya. Ma il nome di suor Carla è legato in modo indissolubile alla Tanzania, dove ha costruito un rifugio sicuro per i bambini albini, mutilati, violentati e uccisi nel nome di antiche credenze che considerano i loro arti talismani in grado di assicurare salute, ricchezza, potere. Un capitolo della cronistoria è dedicato a questo miracolo. Un miracolo che comincia nel 2011 con l'arrivo nel piccolo edificio senz'acqua e luce di Tabora, nel cuore della savana; continua, tra mille fatiche, con la ristrutturazione e l'ampliamento della struttura; culmina nel luglio 2014 con l'inaugurazione della Casa rinnovata. Ma suor Carla aveva nel cassetto un altro progetto ambizioso: la fondazione, sempre a Tabora, di una scuola materna. Sogno coronato, anche in questo caso dopo aver superato ostacoli di ogni genere, nel novembre 2017. “Cominciarono ad arrivare numerose richieste di iscrizione da parte di tutto il villaggio nella sua complessità etnica e religiosa: ai bambini albini se ne aggiunsero ben presto molti altri sia cristiani (cattolici e protestanti) che musulmani. L'integrazione auspicata dalla suore era andata oltre ogni più rosea previsione”. Il Covid non le ha fermate: a Tabora, dal 2020, ci sono anche le elementari. “La risonanza di cui ha goduto il buon andamento della materna ha fatto sì che siano arrivate domande di ammissione anche da molto lontano”.
Dal settembre 2018 le Suore della Provvidenza, guidate ora dalla madre generale Albina Dal Passo, sono presenti pure a Gulu, in Uganda, un Paese lacerato dalla guerra civile combattuta anche dai bambini soldato. La missione, inaugurata dopo numerosi sopralluoghi da parte di suor Carla Rebolini, ospita circa 150 ragazzi, tra i quali una quarantina di bimbi colpiti da disabilità fisiche e mentali. “Italia, Etiopia, Kenya, Tanzania, Uganda: il tutto questo in un secolo di vita. Che cos'altro dobbiamo aspettarci da queste suore inarrestabili e sempre giovani?”, si chiede, in conclusione, Federica Villa. Risposta: “Cento di questi anni!”. Al servizio dei bambini.
 
Le fotografie sono tratte dal libro di Federica Villa "Più sono poveri, più sono nostri"
 
Gilberto Bazoli


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