Gli eroi del Monteverdi Festival sono tornati nell'Empireo, considerazioni sparse sul grande evento cremonese
Gli Eroi hanno lasciato il palcoscenico: sono tornati nel loro eterno Empireo. Il sipario è calato, il Monteverdi Festival si è chiuso con le splendide note del duetto finale dell’Incoronazione di Poppea al Museo del Violino e con le vibranti acrobazie clavicembalistiche al Ridotto del Teatro Ponchielli. E’ tempo di bilanci. Di considerazioni per una manifestazione che, mai, come quest’anno, ha avuto un grande salto di qualità nell’organizzazione del cartellone. La possibilità economica autorizzata dal parlamento con un lavoro bipartisan delle forze politiche ha dato la possibilità ad Andrea Cigni di organizzare un grande evento. Dispiace non vederlo all’opera il prossimo anno. Ma tant’è.
In questa 42ª edizione ci sono stati molti punti di forza. E qualche piccola criticità che è utile sottolineare, non con spirito polemico, ma con la certezza che sia utile per chi verrà dopo il sovrintendente toscano che già ha raggiunto Cagliari.
I punti di forza. Partiamo dall’aspetto musicale. E’ stato complessivamente altissimo. Grandi esecutori e altrettanto interpreti. Tre eventi su tutti: il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, la Messa da requiem di Giovanni Pierluigi da Palestrina e l’Orfeo di Gluck. Ed giusto aggiungere anche la principesca performance del controtenore Maayan Licht con l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone e musiche di Antonio Vivaldi e di Georg Friedrich Händel. Sono state nella loro diversità esecuzioni ai massimi livelli sia per risultato musicale. Per ricerca filologica. Per spettacolarizzazione teatrale. Per impatto emotivo su un pubblico che è sempre stato numeroso a quasi tutti gli appuntamenti. Immensa anche Cecilia Bartoli nei panni del mitico cantore; sempre impeccabile vocalmente e altrettanto emozionante sotto il profilo della recitazione. Il teatro Ponchielli le ha tributato fiori e appalusi in gran numero. Così come gli appassionati di musica antica hanno ricoperto di plausi i compenti dell’ensemble Tallis Scholars diretti da Peter Phillips. Un omaggio speciale è andato poi a Jordi Savall per aver percorso con la sua intensa sensibilità interpretativa i complessi sentieri monteverdiani del Vespro della Vergine.
Ma aldilà di una graduatoria, pressoché fittizia, è importante sottolineare come tutti gli appuntamenti si sono rivelati all’altezza di una manifestazione musicale che è entrata nell’olimpo nazionale dei festival musicali. Pagine bellissime sia del ‘Divin Claudio’ sia di altri compositori a lui coevi o posteriori hanno avuto esecuzioni pressoché perfette. E’ un dato indiscutibile. Com’è stato altrettanto indiscutibile l’ottima costruzione dei concerti per temi. Interessanti. Piacevoli. Capaci di stimolare curiosità: passioni per un repertorio barocco di infinita bellezza.
Sottolineo anche la buona pratica, già avviata negli anni passati, di distribuire i concerti in vari luoghi della città, tutti artisticamente e storicamente rilevanti. Un modo perfetto per apprezzare le bellezze di Cremona; anche di quegli angoli meno conosciuti. Curate anche le presentazioni dei concerti e sempre impeccabile l’organizzazione.
C’è poi il capitolo opere: Il ritorno di Ulisse in Patria di Claudio Monteverdi e l’Ercole amante di Francesco Cavalli. Sono state produzioni di alto livello musicale. Michele Pasotti e Antonio Greco hanno dato il loro meglio sul podio. Belle le concertazioni. Pregevolissime le realizzazioni del basso continuo: fondamentale in queste opere. Ottime le voci. Preparatissimi i complessi strumentali. Vibranti sono stati numerosi punti di entrambe le rappresentazioni. Poi c’è il capitolo delle due regie. Entrambi sperimentali e contemporanee. E su queste qualche riserva è giusto esprimerla. Si sono distaccate molto dalle messe in scena tradizionali. Opzione sempre più utilizzata dai registi. A volte con risultati positivi. Spesso con risultati altalenanti come nel caso dell’ Ercole amante, sebbene ci sia stato comunque uno sforzo nel sottolineare l’aspetto del ‘meraviglioso’ e dello ‘stupefacente’, tipici dell’estetica barocca. In futuro, probabilmente utile fare un piccolo passo indietro. Torniamo all'antico e sarà un progresso diceva Giuseppe Verdi.
Un ultimo appunto riguarda la densità degli spettacoli. Forse in alcuni giorni troppo affollata di spettacoli. Nei fine settimana anche tre. Già è un modo comune di operare nei festival musicali. Ma forse Cremona non è ancora prontissima. Forse il calendario andrebbe leggermente rivisto e accorciato magari facendolo rimanere nelle due settimane.
Un applauso comunque a tutti. Aspettiamo trepidanti il 2026.
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