Un secolo fa i primi stabilimenti balneari sul Po con cabine e capanne con tetti di frasche, raggiungibili direttamente con i traghetti gestiti dal Comune
Oltre un secolo fa, nel 1914, due medici cremonesi, Vincenzo Omboni, direttore dell’Ospedale Maggiore ed il pediatra Pericle Sacchi lanciarono l’idea che il sole padano e le acque del Po potessero avere effetti benefici sulla salute, seguiti, alla loro morte, da un altro insigne pediatra, Ferruccio Chiappari. Fino a quel momento la spiaggia del Po non era considerata altro che un luogo di svago, anche se è vero che già vi si recassero per infernali sabbiature quanti soffrivano di di dolori artritici, sottoponendosi a vere e proprie torture sotto strati di sabbia ardente che li facevano sudare abbondantemente. Il primo stabilimento balneare in senso stretto venne costruito intorno al 1910, quando il Comune decise di realizzare sulla sponda piacentina un padiglione al quale si poteva accedere liberamente, subito imitato da alcuni privati e da pescatori che, con i capitali raccolti in una specie di cooperativa, alzarono delle piccole capanne formate da pali e coperte di frasche che poi affittavano per un giorno, per una settimana o addirittura per l’intera stagione. Le costruzioni più lussuose erano quelle di un certo Bernardi, la cui figlia nel 1912 era stata proclamata reginetta di bellezza di Cremona, mentre quelle più modeste erano affittate da un certo Turini. Il traghetto per recarsi ai bagni pubblici era gestito dal Comune mediante alcuni barcaioli: c’era ad esempio un tale chiamato “Civic” che poi divenne il custode delle colonie padane, ed un altro conosciuto come “Garibaldi”, con una folta chioma di capelli rossi. Anche gli “stabilimenti balneari” avevano i loro traghettatori, ma erano decisamente più cari rispetto al servizio offerto dall’amministrazione comunale.
Nel 1919 venne costruito il primo stabilimento vero e proprio, dotato di cabine eleganti e vasti padiglioni di ristoro, ma l’iniziativa non godette di molta fortuna perché il noleggio delle cabine era troppo caro ed i bagnanti preferivano le più umili capanne, decisamente più economiche, per cui l’impresa venne abbandonata dopo soli due anni. Fu in tale occasione che si decise di consentire ai bagnanti di raggiungere direttamente la spiaggia senza doversi servire dei traghetti, applicando al ponte, al di là del corso d’acqua, una scala a chiocciola in ferro. Allo scoppio della prima guerra mondiale i bagni al Po dovettero trasferirsi per motivi di sicurezza sull’isolotto che in tempi di secca si formava davanti alle colonie padane, mentre dal primo dopoguerra agli inizi del 1940 i bagni vennero ospitati sempre sulla sponda piacentina. Poi con i lavori di riassetto del fiume la spiaggia venne fatta scomparire e i bagni si trasferirono dove funzionavano ancora negli anni Settanta (leggi qui).
foto Aurelio Betri
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