Vivere in dimore storiche, a Crema lo splendido palazzo Zurla-De Poli. Un gioiello dove si respira il passato ma "aperto" al pubblico
La seconda tappa del nostro appuntamento alla scoperta delle dimore storiche in Lombardia (dopo la prima a casa di Flavio Caroli a Caruberto di San Martino del Lago) ci ha portato a Crema. Qui scopriamo che esistono strade strette, sconosciute, con punti di osservazione inesplorati. Forse, sono quelli che notano in pochi, ma che attendono solo di essere raccontati. Così iniziamo il nostro viaggio.
È una calda mattina di luglio quando la nostra curiosità ci porta al civico 2 in via Tadini dove ad accoglierci c’è Matilde De Poli. Da perfetta padrona di casa e preparatissimo cicerone ci apre l’elegante cancello in ferro battuto che lascia subito intravedere uno scorcio del curato giardino all’italiana disegnato dai fratelli cremaschi Lodovico e Mosè Zappelli: un’alta siepe di bosso definisce l’ordine con figure geometriche e un giglio fiorentino. Un ingresso che ha il sapore di un abbraccio. In un istante veniamo catapultati in un riservato ed elegante mondo antico. Nulla è fuori posto. Tutto è sapientemente accudito. Matilde ci affascina con la sua sofisticata semplicità ed il suo entusiasmo per un luogo che, immediatamente, ci avvolge. Ci racconta che sono serviti tre lunghi anni per riportare il palazzo al suo antico splendore ma, oggi, il risultato è pronto per essere ammirato. “Sono stati anni impegnativi ma la nostra famiglia ha fortemente voluto la rinascita del palazzo anche per offrire un valore aggiunto non solo alla città di Crema ma, anche, a tutto il territorio”. Il palazzo, edificato nel 1520 dal nobile Leonardo Zurla per la famiglia, è un esempio di villa di caccia dai canoni cinquecenteschi lombardi e si estende tra l’attuale via Tadini e via Bottesini.
Villa Zurla – De Poli è considerata una delle migliori espressioni del Rinascimento cremasco. L’esterno è garbato, sobrio e, come usanza dell’epoca, lo sfarzo viene riservato agli ambienti interni. È proprio così. Entrando, con lo sguardo rivolto al giardino, si scorge sulla destra un’importante scala d’ingresso che lascia intuire che, oltre il portone a cui si accede alle sale del palazzo, possa esserci un mondo che ci attende . Ma procediamo con ordine.
Oltrepassato il cancello d’ingresso veniamo colpiti da tracce di affreschi, chiara testimonianza che, in origine, era stato edificato un portico ed una loggia, demoliti alla fine del XIX secolo. Sulle pareti interne del loggiato, infatti, appariva un maestoso affresco, attribuito al pittore cremasco Carlo Urbino, che adornava tutta la zona del piano superiore con episodi della Gerusalemme Liberata del Tasso.
Saliamo la scala in arenaria ed accediamo all’ingresso principale. La sensazione è di infinito stupore e meraviglia. Siamo all’interno del salone d’onore. Lo sguardo è difficile da controllare e subito si sposta su altre tre sale più piccole collegate tra loro. Tutta l’opulenza e la maestosità di una sala di grande importanza ci cattura. Da un primo sguardo sembra occupare due piani rispetto alle altre stanze del palazzo. Nel salone gli alti muri si ergono fino alla cornice in stucco che disegna ghirlande, festoni di frutta e fogliame. A ridosso del soffitto, alternate a nicchie che ritraggono figure maschili e femminili in stucco, ci sono 12 lunette dipinte intervallate dalle vele della volta che raffigurano scene mitologiche. Non solo. Gli episodi raccontati sulla volta del salone costituiscono i momenti più significativi della storia mitologica tra Amore e Psiche narrata da Apuleio all’interno della sua opera La Metamorfosi. Spostando lo sguardo completamente verso l’alto si nota che il riquadro centrale è impegnato dalla raffigurazione di divinità banchettanti, ed è proprio questa particolarità che dà all’ambiente il nome tradizionale di salone del convito. Ed è osservando la definizione dei tratti, la delicata espressione dei colori che ci rendiamo conto di essere al centro di una riscoperta del mondo antico ed una nuova centralità attribuita all’uomo, chiara sintesi dello spirito che aleggia per tutto il Rinascimento.
Il ciclo pittorico viene attribuito da alcuni critici al cremasco Aurelio Busso, altri studi tendono ad attribuirlo a Giovanni Battista Castelli (1509 – 1569) detto Bergamasco. “La maggior parte del soffitto appare ridipinto con sfondo neutro e grottesche sparse a seguito del terremoto del 1802 che causò ingenti danni agli affreschi – spiega Matilde De Poli – le scene principali, però, sono ancora originali”. Nella nicchia della parete sud spicca lo stemma degli Zurla. Mentre sulla parete prospiciente il giardino si aprono quattro grandi finestre che regalano luminosità all’intero salone e sulla parete opposta grida tutta la sua eleganza il camino cinquecentesco sul quale è possibile intravedere un’iscrizione che celebra il valore militare di Evangelista Zurla, noto per aver partecipato alla battaglia di Lepanto nel 1561.
L’atmosfera che si respira regala la sensazione di un ritorno al passato. Quasi come se fossimo saliti all’interno di una immaginaria macchina del tempo. In Villa Zurla – De Poli si coglie il sapore del manierismo toscano – romano della scuola di Raffaello, che Castelli acquisì dagli artisti fuggiti dalla città eterna dopo il sacco del 1527.
Servirebbe un’intera giornata o forse più per poterci soffermare su ogni singolo dettaglio ma la nostra visita continua. Lasciamo il tema mitologico per tuffarci nelle tre sale in cui ricorre il tema del peccato dell’uomo e del conseguente perdono di Dio. Tutto questo fa supporre che, i tre cicli pittorici, siano stati frutto di un unico progetto teologico ideato con attenzione dai committenti e, in anni differenti, realizzato dai singoli autori. Le tre sale hanno una caratteristica interessante: sono decorate da affreschi che corrono lungo il perimetro dei locali mentre i soffitti a cassettoni si presentano in eleganti toni pastello. Ci troviamo di fronte ad un panorama ricco di influenze toscane, fiamminghe con uno sguardo alla stagione della tradizione gotica appena passata. Villa Zurla – De Poli è uno scrigno da scoprire, chiara espressione di una poetica con un forte spirito narrativo.
Un passato importante, un presente da vivere, un futuro da scrivere. Oggi la famiglia De Poli ha deciso di dare un’impronta artistico-culturale pubblica al palazzo. La dimora è aperta per visite guidate, meeting, eventi culturali selezionati inserendosi anche nel circuito nazionale dell’Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI), sul sito http://www.palazzozurla-depoli.it potrete trovare tutte le informazioni.
Il nostro percorso riserva già una sorpresa per la terza tappa del nostro viaggio perché, alla fine, il viaggio attraverso la storia è come una galleria di quadri da attraversare per lasciarsi catturare dalle emozioni.
Foto e video sono di Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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