8 aprile 2021

"Achtung Bersànen", ma il problema è Cremona

"Achtung Bersànen", attenzione ai bresciani. E’ il titolo che oltre mezzo secolo fa l’allora direttore del quotidiano La Provincia di Cremona, Mauro Masone, diede a un suo editoriale. Quell’articolo di fondo uscì nel giorno d’apertura della stagione venatoria. Masone, animalista ante litteram, non temeva di scontrarsi col suo editore, gli agricoltori, nella battaglia personale contro la caccia. E i cacciatori. Scorrazzavano nelle campagne, incuranti dei danni causati all’ambiente. Padroni in casa d’altri, incuranti dei doveri elementari degli ospiti, sparavano a tutto ciò che si muoveva, non necessariamente selvaggina. All’epoca le doppiette calavano a frotte dal Bresciano e dalla Bergamasca e si ritiravano a sera con i loro miseri trofei, lepri e fagiani appesi ai cofani delle auto.
Il trasferimento della Mostra del bovino da latte a Montichiari ha risvegliato a Cremona sopiti sentimenti anti bresciani. Nell’Italia dei quasi ottomila campanili, l’ostilità tra Comuni è un classico. Senza arrivare all’odio atavico tra pisani e livornesi, è difficile che tra vicini corra buon sangue. Basta assistere a una partita di calcio della Cremonese e aspettare che dalla curva sud si levi in coro l’invettiva contro l’odiata Piacenza, a prescindere dall’avversario dei grigiorossi in quel momento in campo. Cremona contro Piacenza, Mantova, Brescia e viceversa. E cremaschi secessionisti, a occhio la maggioranza, contro il capoluogo.
I bresciani sfilano a CremonaFiere la rassegna più prestigiosa e lucrosa e i cremonesi si atteggiano a vittime. Tutte le operazioni che progressivamente hanno impoverito il territorio hanno mandanti, complici, esecutori e un denominatore comune: la debolezza politica. Partiamo da quest’ultima. Il consigliere regionale leghista Federico Lena certifica la sua impotenza dissociandosi a giochi fatti dal trasferimento della Mostra nel Bresciano, un’operazione avviata due anni fa col benestare della Lega. Fuori tempo massimo e altrettanto inutile risulta anche la protesta della Camera di commercio, guidata dal commissario Giandomenico Auricchio che l’ha presieduta per più mandati, presidente in carica delle Fiere di Parma e già membro del consiglio d’amministrazione di CremonaFiere. A proposito dell’ente camerale, la perdita d’autonomia conseguente all’aggregazione con Mantova è avvenuta nel sostanziale silenzio generale. Anche la Soprintendenza ai beni architettonici è in mani bresciane, mentre l’Azienda sanitaria territoriale di Cremona ha il centro direzionale a Mantova. Della sede della Banca d’Italia resta un contenitore vuoto e se la riforma Delrio fosse stata completata, oggi probabilmente i cremonesi sarebbero vassalli dei virgiliani. A questo elenco sommario delle sottrazioni più corpose, fa da contrappunto il vistoso scadimento della qualità della vita in città, magistralmente evidenziato nel recente editoriale di Ada Ferrari.
Anche della perdita di attrattiva, della trascuratezza e della sporcizia del centro storico, delle libertà che impunemente si prendono gli stranieri che bivaccano nei parchi pubblici, della chiusura dei negozi e delle attività commerciali, della fuga dei giovani, di questo e di tutto ciò che non funziona a Cremona sono responsabili i colonizzatori bresciani e mantovani? Cinque anni fa l’Associazione provinciale allevatori è stata commissariata e l’Associazione nazionale ha incamerato i suoi beni. Ad altre latitudini questa operazione sarebbe fallita o almeno avrebbe incontrato ostacoli di ogni genere prima di giungere a compimento. Il motto tacito della città, scritto nel dna dei cremonesi, è ‘quieta non movere’. Dovrebbe sostituire il desueto ‘Fortitudo mea in brachio’, considerato che di Giovanni Baldesio non ci sono più emuli. La parola d’ordine, una sorta di ricetta per vivere sereni, è ‘sguarnàase’, nascondersi. Il diffuso atteggiamento rinunciatario, i rapporti consociativi, l’attitudine tipicamente cremonese a farsi i fatti propri senza assumersi eccessive responsabilità hanno portato figure inadeguate nei ruoli chiave della società locale. I vicini, segnatamente i bresciani, notoriamente dinamici e intraprendenti, approfittano della nostra ignavia. La caccia continua senza più bisogno di fucili.
 
Vittoriano Zanolli


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