"Cittadini è arrivato l'arrotino... pardon il city manager". Se non è troppo tardi
“Cittadini! E’ arrivato l’arrotino!”. Decenni fa era la frase più famosa in città come Cremona, a volte la domenica mattina oppure il sabato pomeriggio, l’arrotino girava nelle strade cittadine offrendo, direttamente tramite il suo megafono, i suoi servizi alle famiglie cremonesi che ne avevano bisogno. A volte dal camioncino che sbuffava con lentezza mentre percorreva le strade cittadine usciva anche un sottofondo musicale, una forma decisamente evoluta di marketing, scelta che riusciva a rendere ancora più accattivante il messaggio che l’artigiano lanciava ad ogni incrocio. L’arrotino faceva il suo lavoro con perizia e professionalità unendolo ad una pubblicità che, almeno per coloro che hanno vissuto quei tempi, rimarrà per sempre impressa nella memoria, così come rimarrà impresso il suo lavoro che, in pratica, serviva a rendere più comoda e tranquilla la vita delle persone.
“Cittadini! E’ arrivato il city manager!” è la frase del 2025, quasi 2026, che sembra lanciare un messaggio – senza neanche il sottofondo musicale idoneo, anzi senza alcun sottofondo musicale - per sollevare le sorti del commercio locale. Niente sottofondo musicale, niente voce squillante, niente camioncino che si muoveva a passo d’uomo e che, nel retro, trasportava gli strumenti di un mestiere millenario che ancora oggi aiuta le persone nella loro quotidianità.
Il city manager avrà, anche se non si capisce mai con esattezza, il compito di “intercettare risorse pubbliche e private”, un po' come quando da adolescente andavo in centro per intercettare qualche ragazza e finivo con l’intercettare nessuno per poi scoprire che erano tutti ad intercettarsi da altre parti. Ma almeno potevo sbirciare le vetrine dei negozi che erano ben diffusi quasi dappertutto, oggi neanche quello.
Comunque la nuova – si fa per dire dato che è da lustri che se ne sente parlare – figura professionale avrà l’arduo compito di rilanciale quella desertificazione commerciale che, ormai, sembra aver preso il sopravvento; in una sorta di miracolosa visione come quella di Fantozzi durante la partita scapoli-ammogliati questa nuova inglesissima come termini “city vision” arriva per risollevare le sorti del commercio di prossimità. L’istituzione di questa figura è una scelta rispettabilissima, per carità, magari arriva con quel pizzico di ritardo che puoi accettare quando una sposa si deve presentare all’altare ma che, in materia di evoluzione del tessuto commerciale, sembra in ritardo di ben più che i pochi minuti necessari per far suonare la marcia nuziale. Che poi sia – almeno speriamo – risolutiva di una situazione già complicata è tutto da vedere, così come la sua collocazione all’interno di una struttura decisionale ma, dato che ormai i piatti sono in tavola, serve qualcuno che alla svelta si metta ai fornelli altrimenti serve un “manager della tavola” che racconti ai commensali come è bello stare a dieta perché non si trova un cuoco. Magari i commensali si incazzano un pochino, forse anche un tantino, se poi il “manager della tavola” viene messo in minoranza un buon motivo ci sarà.
Ciò su cui bisognerebbe ragionare è il fatto che, appoggiandosi sempre a figure “esterne” alla struttura decisionale non si faccia di una necessità – vera o presunta - un vizio, per cui dopo il city manager per il commercio potrebbe arrivare anche quello per le buche nelle strade, per i marciapiedi nemici giurati delle caviglie, per la mancanza di acqua nelle fontane, per i totem da inserire nelle guide turistiche e via discorrendo. L’elenco delle tematiche è corposo e andrebbe, innanzitutto, programmato per bene, l’alternativa è quella di ritrovarsi come prima peggio di prima. Di certo questo nuovo modo di vedere il commercio dovrà dimostrare di saper raggiungere risultati di un certo spessore, il rischio, d’altra parte, è quello di continuare a vedere strade tristemente vuote che ormai non si riempiono più neanche nei giorni di festa o il fiorire di cartelli che parlano di abbandono.
“Cittadini! E’ arrivato l’arrotino” era una frase che, per anni, raccontava di una persona e del suo lavoro, frase che, a decenni di distanza, moltissimi continuano a ricordare.
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