"No" al trasferimento della tavola di Sant'Agata per ragioni storiche e di fede
La complessità dei beni culturali ha individuato nella ricerca due distinti percorsi: il primo si avvale di competenze tecnico-scientifiche, il secondo di ricerche storico-umanistiche. Quando il confronto fra le conclusioni dei due settori propendono verso ipotesi compatibili è altamente probabile che, se pur non si addiviene ad un risultato incontestabile, questo è almeno da ritenersi plausibile. La convergenza di per sé è valido supporto alla tesi. Si è consapevoli che le conclusioni, sottoposte ad ulteriori indagini, potrebbero nel tempo essere smentite, ma allo stato attuale divengono riferimenti importanti cui è obbligo attenersi.
Veniamo al dunque: alla Sacra Tavola di S. Agata nell’omonima chiesa in Cremona. Come è noto il suo spostamento è subordinato alle vigenti norme di diritto canonico e a quelle che sanciscono i rapporti fra Chiesa e Stato. Il tema è stato affrontato da chi di competenza. Purtroppo, emergono posizioni divergenti soprattutto in riferimento al riconoscimento della Tavola come reliquiario. L’argomento è quindi prevalentemente di competenza della Chiesa; allo Stato, sentite le argomentazione addotte da chi deve tutelare i beni ecclesiastici, compete solo dare parere conforme agli accordi tra Santa Sede e Repubblica Italiana. Il compito dello Stato è esclusivamente di salvaguardia del bene.
Pertanto, la vexata quaestio deve essere ripresa in ambito ecclesiastico: la tavola è o non è un reliquiario? In questo contesto assume importanza la ricerca. Monsignor Achille Bonazzi, da uomo di scienza, si è espresso con grande chiarezza. Va ricordato che le sue competenze vanno ben oltre la presente questione. Il suo ruolo nella Diocesi cremonese e negli ambienti accademici è ben documentato. Pertanto, è doveroso fare a lui riferimento.
Sul fronte storico-umanistico esistono risultati che concordano o divergono rispetto agli esiti scientifici?.
È d’obbligo avvalersi della ricerca storica di un altro grande studioso: Don Andrea Foglia. Mentre nel caso di Monsignor Achille Bonazzi le sue dichiarazioni sono state rese note alla comunità attraverso i mezzi d’informazione, quanto sostiene Don Andrea Foglia è rimasto nella pagine di una pubblicazione del 2003: La chiesa di S. Agata a 400 anni della consacrazione. Conversazioni a ricordo del quarto centenario (1601- 2001), stampa Fantigrafica – Cremona. Allo scopo di non tradire il pensiero e soprattutto per non equivocare i risultati della ricerca dell’illustre studioso si ritiene doveroso riportare testualmente i risultati cui egli addiviene circa il significato e valore della tavola. Dopo un puntuale studio sul significato storico-religioso e sulle stesse modalità d’individuare nel tempo ciò che può definirsi reliquia (da frammenti del corpo del santo a reliquie “per contatto”come ad esempio piccoli oggetti cui si attribuisce “status di reliquia”), supportato dagli studi del Prof. Ugo Gualazzini, Don Andrea Foglia arriva a questa articolata conclusione che qui si riporta testualmente: “In una radiografia che era stata eseguita parecchi anni fa, si notava nella parte superiore della Tavola una macchia scura di forma circolare che lasciava pensare ad un oggetto come una medaglia, una fiaschetta o qualcosa di simile, inserito all’interno. Infatti la Tavola è certamente frutto della giustapposizione, faccia a faccia, di due assi ed è quindi facile pensare che nell’intercapedine possa essere stato inserito un piccolo oggetto. È questa una ricostruzione che potrebbe apparire assolutamente fantastica, ma un ulteriore elemento si aggiunge a conferirle una maggiore probabilità.” (p. 18). Si tratta di un cofanetto molto prezioso la cui funzione era quella del porta-reliquie, utilizzato “(…) non tanto come reliquiario di devozione, ma come contenitore per il trasporto e per la conservazione delle reliquie (…)”(p.18)
Lo Studioso, facendo riferimento alla Tavola, conclude“ proponendo la possibilità che ci sia stata, tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII, la traslazione di una piccola reliquia (…)” (p.20)
Tralasciando questo tema indubbiamente di grande rilevanza, ma rispetto a quello della devozione alla Santa, certamente secondario, mi permetto d’affrontare una questione che mi ha lasciato dubbiosa. È d’obbligo che io faccia riferimento agli accadimenti.
Recentemente da più parti sono stata sollecitata a riprendere la vexata quaestio della Tavola. Mi è stato, anche se con grande garbo, imputata una perdita d’interesse quasi il mio fosse un atteggiamento proprio di chi ha deciso di “buttare la spugna”. Le cose però non stanno esattamente così. L’affermazione che la devozione a S. Agata sia divenuta in Cremona irrilevante, mi ha lasciata spiazzata. Per altro anche chi, se pur da lontano, perorava la causa di lasciare nella chiesa la Tavola, ad una tale affermazione ha ritenuto d’obbligo astenersi. Per questo anch’io ho atteso: ho creduto opportuno che si dovesse fare una verifica allo scopo di constatare la concreta devozione di Cremona alla Santa di Catania. Non ho certo contato le candeline, ma ho ritenuto che gli interventi argomentati, che si sono levati da più voci, fossero di per sé testimonianza di sincera devozione che coinvolge non solo i parrocchiani, ma l’intera cittadinanza.
Quello cui si è assistito è stata un’attenta disamina che, dagli aspetti culturali a quelli legali, da quelli dei fedeli a quelli dei teologi, ha non solo contrastato il progetto di rimuovere la Tavola dalla sua chiesa (in cui è presente il Santissimo), ma ha “concretamente” testimoniato come la devozione passi anche attraverso le competenze di ciascuno se queste poste al servizio della fede. In modo diverso a Cremona si onora la Santa rispetto alle manifestazioni di Catania, ciò non significa che la devozione, a Lei dimostrata dai cremonesi, non sia autentica. Se amareggia il rifiuto ad un attento esame delle argomentazioni addotte, come se si trattasse di ciarpame intellettuale, più ancora amareggia la negazione di una profonda devozione che si radica nella coscienza religiosa dei miei concittadini.
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commenti
Michele de Crecchio
5 marzo 2021 01:20
Non sono praticante, ma mi disturba profondamente la fredda determinazione con la quale da parte di troppi, che ben più di me dovrebbero essere sensibili alla storia religiosa della nostra città, ritengo, per ragioni essenzialmente commerciali (garantire al museo diocesano la maggiore affluenza di pubblico possibile) ci si ostina a volere, a tutti i costi, privare la seconda chiesa di Cremona dell'opera d'arte più prestigiosa in tale edificio da tanti secoli conservata.