Alla ricerca della bellezza perduta dell'antica Cremona un antidoto al lockdown
I musei hanno potuto riaprire al pubblico contingentando le visite, ma, a ben guardare, la stessa Cremona è un museo diffuso, tale da non far rimpiangere la chiusura procrastinata dal lockdown. Il museo fornisce un’interpretazione statica, cristallizza ed eterna la realtà di un momento, ma, per chi abbia voluto in questi mesi capire quale sia l’anima profonda della città, è bastato guardarsi attorno approfittando del silenzio, di questa sospensione della vita, di questa atemporalità per cogliere l’intima essenza di questa storia millenaria plasmata dal tempo. Ne sono prova le infinite istantanee pubblicate in questi mesi sui social più diffusi e frequentati, protese a cogliere in modo quasi spasmodico particolari inaspettati, prospettive inimmaginabili, scorci il più possibile arditi. Un modo per rendere conto a se stessi del proprio ambiente, delle proprie radici, di quelle certezze storiche che restano, mentre tutto attorno cadono ad una ad una le tessere del domino di un’esistenza che si scopre in tutta la propria precarietà. Mai come in questi mesi si sono moltiplicate sui social più diffusi le immagini storiche di quella Cremona andata perduta, delle pietre, delle mura, delle strade, della gente ignota che le ha percorse ed animate. Le immagini delle bellezze artistiche riscoperte, dei misteri disvelati, dei mercati ambulanti hanno suscitato, e stanno ancora suscitando, interesse, dibattiti, quesiti. Quasi una fuga in tempi lontani, alla ricerca dell’ideale di una bellezza perduta, per sfuggire alla cruda realtà di una contemporaneità dalle prospettive incerte, dal futuro nebuloso, da una speranza appena nata ma di cui non si intravedono ancora bene i contorni definiti. C’è da augurarsi che, anche quando sarà finito tutto questo, perché ne siamo sicuri, prima o poi finirà come finisce tutto quanto ha natura umana, possa restare questo amore, questa attenzione alla bellezza, una bellezza non antiquaria che stimoli ad inseguire e perseguire quanto di più nobile abbia espresso, e continua a esprimere, la nostra città.
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commenti
Agostino Melega
13 febbraio 2021 11:46
E' vero quello che dici, Fabrizio. Nei giorni in cui si sentivano le sirene suonare incessantemente il loro strazio portando gli "imprigionati dal Covid" verso l'Ospedale Maggiore, ho scoperto con mia moglie Rosella la bellezza dell'argine del Morbasco, e la storia che ammiravamo sulla nostra destra dei campanili della città, tutti attorno alla "chioccia" del maestoso Torrazzo. Curioso quello di Sant'Imerio che dall'argine appariva e spariva di continuo come in un gioco...