21 dicembre 2025

Anche chi dorme può prendere qualche pesce

All’inizio del suo racconto evangelico Matteo ci parla delle origini del Messia (la genealogia di Gesù, cfr. Mt 1,1-18) e di come sia avvenuta la Sua nascita, riservando a Giuseppe un ruolo particolare. Confrontando il testo di Luca con quello di Matteo si parla di un’annunciazione a Maria (cfr. Lc 1,26-38) e di un’annunciazione a Giuseppe (cfr.  Mt 1,18-25), anche se le due non sono esattamente accadute nello stesso modo.

È indubbio che Matteo ci regali il racconto del Natale attraverso gli occhi di Giuseppe: i suoi dubbi, i suoi pensieri, la sua proposta di soluzione delle difficoltà. 

Giuseppe si trova davanti una situazione complicata, dalla quale non sa come uscire con dignità, tanto per sé quanto per Maria. “Come accettare questo Figlio che non è suo e allo stesso tempo non esporre Maria all’accusa di adulterio?”, questa è la domanda che muove il cuore di Giuseppe. Ma in tanta agitazione egli trova il tempo per abbandonarsi al sonno. Non è banale il sonno di Giuseppe, perché è un sonno abitato da sogni divini. L’atteggiamento di Giuseppe non è certamente un invito a dormire, quasi che le cose si risolvano da sole perché “tanto Dio le aggiusta”. Il sonno nella Bibbia può assumere significati positivi o negativi. Pensiamo solo al sonno dell’indifferenza: quello dei discepoli nell’Orto degli ulivi (cfr. Mt 26,40.43), quello di Giona che si addormenta nel fondo della nave mentre la tempesta marina si scatena a causa sua (cfr. Gn 1,5-6), oppure a quello da evitare del padrone di casa che rischia la sgradita visita di un ladro (cfr. Mt 24,42-51). Contrariamente c’è anche un sonno di fiducia, come quello di Gesù sulla barca coperta dalle onde (cfr. Mt 18,23-27), quello che manda Dio per creare la donna dall’uomo (cfr. Gen 2,21) oppure per visitare Abramo e stipulare con lui un patto di alleanza (cfr. Gen 15,12). 

Anche i salmi parlano del sonno e mi piace immaginare che nonostante il trambusto interiore che lo agitava, Giuseppe si sia steso sul suo giaciglio pregando il Salmo 4: “In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare” (Sal 4,9).

Lo immagino per Giuseppe, sperando di accogliere anche per me e per noi questo atteggiamento.

Nella propria vita nessuno è escluso dalla difficoltà di dover affrontare scelte complesse, di doversi confrontare con situazioni spinose in cui non è facile capire cosa sia giusto fare. Di solito la cosa giusta la sanno due categorie di persone: “gli altri” che sono fuori dalle situazioni e non ne sono coinvolti; “chi giudica col senno di poi”, avendo ormai presenti le conseguenze reali già accadute.

Ben diverso è stato per Giuseppe e lo è per noi, quando la vita ci presenta l’inaspettato, l’imprevedibile, addirittura l’umanamente impossibile. Il sonno di Giuseppe ci parla della disponibilità a lasciare a Dio lo spazio per suggerirci la Sua via, quella veramente giusta, quella che va oltre i calcoli umani in cui con la sua giustizia si era incastrato Giuseppe.

C’è una giustizia più grande di quella degli uomini, di quella che i nostri occhi sanno vedere, che i nostri pensieri sanno immaginare. L’angelo di Dio raggiunge Giuseppe nel sonno e anche noi nel nostro sonno: il sonno delle membra e il sonno dell’azione mentre si prega, il sonno di sé nel dialogo e il sonno dei pensieri fatti addormentare ascoltando una persona che per il suo amore per Dio ci può accompagnare, come guida e padre nello Spirito. Abbiamo bisogno di questo sonno per lasciare spazio a Dio, per farci aiutare da Lui a sognare i suoi sogni, per farli diventare realtà.

Il “sogno di Giuseppe” è stato interpretato da molti pittori. Ogni volta che leggo questa pagina di vangelo mi viene in mente come la scena è stata rappresentata da un pittore francese da poco scomparso, Arcabas (Jean-Marie Pirot, 1926 - 2018). Nel quadro l’angelo si pone quasi come fosse un suggeritore che con discrezione e delicatezza parla a Giuseppe addormentato, sottovoce accanto al suo orecchio. È un’immagine delicata che invita a ricordarci che quando Dio parla non impone, ma suggerisce; propone e non obbliga. 

A Giuseppe, informato da Dio tocca poi decidere se accettare il consiglio o rifiutarlo, tocca decidere se accogliere un’altra idea di giustizia rispetto alla sua e scegliere se praticarla. Penso che tocchi anche a noi, oggi non dimenticarci di lasciare spazio a Dio, avere il coraggio di lasciarci ispirare da Lui per trovare vie nuove di fronte a contesti difficili nei quali ci troviamo. 

Tante volte mi fermo a pensare quale strada intraprendere, quale azione compiere, quale decisione attuare. Forse c’è troppo “io” quando percorro questi pensieri. Anche la via della pace che tanto invochiamo e invocheremo nei giorni di Natale, la chiediamo troppo con mezzi e misure umani.

Giuseppe ci insegna che c’è un sonno dell’io che non si deve temere. Da lui possiamo imparare che anche il nostro cuore affannato da mille pensieri, si addormenti in pace per lasciare che Dio, con la sua delicata gentilezza, ci suggerisca vie nuove. Lo auguro per me e per la situazione ecclesiale delle nostre comunità, lo auguro per il mondo della scuola in cui crescono i ragazzi e i giovani, lo auguro per il mondo della sanità che mi sembra sempre più faticoso da abitare per chi ha meno mezzi economici, lo auguro per gli scenari internazionali per i quali con un po’ di controsenso si chiede la pace gridando con violenza. 

C’è bisogno di un po’ di silenzio umano e di sonno dei nostri egoismi per lasciare che Dio ci parli e guardando alle cose che non vanno, ci ispiri la via nuova che da soli non siamo capaci di immaginare e pensare.

Francesco Cortellini


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