26 giugno 2022

Andare dietro a Gesù vuol dire guardare sempre avanti

Sono particolarmente suggestivi, direi commoventi, i passi del  Vangelo che evidenziano certi atteggiamenti molto umani di Gesù! È un modo per farcelo sentire più vicino, per dirci che, tranne il peccato, egli ha provato tutto quanto prova l’uomo: dalla gioia di vedere tanta gente che lo ascolta e lo segue alla delusione di sentirsi abbandonato anche dai suoi apostoli più cari, dalla paura e dalla angoscia che prova nell’orto degli ulivi prima di dire il suo ultimo e definitivo sì al Padre al coraggio che mostra di fronte ad Erode e Pilato che credono, nella loro tracotanza, di guidare le sorti della storia.

È toccante, poi, scoprire che nei momenti di scoramento e di fallimento – e quanti ne ha avuti il Nazareno! – egli si rifugiasse volentieri a Betania, nella casa di Maria, di Marta e di Lazzaro, i suoi amici più cari e fidati. In quella dimora accogliente egli si sentiva protetto, custodito, compreso fino in fondo. Qui, attorniato da una compagnia di amici, ritrovava la forza per affrontare un mondo ostile e per lo più indifferente. Egli aveva necessità di relazioni vere e profonde che, certamente, lo hanno plasmato, costruito nella propria umanità. Anche lui, come noi, è maturato e si affinato relazionandosi con gli altri!

Non mi scandalizza il fatto che Gesù avesse delle preferenze, che con alcune persone si trovasse meglio che con altre, che magari certe confidenze le facesse ad alcuni e non ad altri: è tipico della nostra natura! Devo solo ringraziare queste persone che, con la loro umanità, il loro affetto, le loro premure hanno consolato il Figlio di Dio, rivitalizzandolo nel suo essere uomo tra gli uomini. 

E proprio nel Vangelo di questa prima domenica “ordinaria” c’è una annotazione, nella traduzione originale, che colpisce riguardo la sua umanità: Gesù indurisce il suo volto per camminare verso Gerusalemme (Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino…). Luca è come se ci dicesse che Cristo raccoglie tutte le sue forze e con caparbietà, decisione e vigore guarda dritto la strada che lo porterà nella Città santa dove si compirà il suo destino di profeta perseguitato e ucciso. 

Nella vita di Gesù, come d’altronde nella nostra, non c’è stato un unico sì alla chiamata del Padre, ma ce ne sono stati tanti. Ogni giorno, infatti, la chiamata di Dio va accolta, va scelta, va concretizzata. Cristo, il suo primo sì, lo ha pronunciato nel seno della Trinità prima di incarnarsi: ha detto sì alla fragilità umana, alla caducità dei giorni, alla limitatezza dello spazio, al dolore delle membra, alla sofferenza del cuore. Ha detto sì ad una esistenza caratterizzata unicamente dall’amore e dalla misericordia, dal rispetto delle scelte del proprio interlocutore nonostante Lui sia il senso ultimo del vivere e del morire.

Gesù decide, indurendo il viso, di consegnarsi agli uomini unicamente per mostrare dove si spinge l’amore di Dio per gli esseri umani.

Gli serve tanta forza e determinazione non solo per affrontare le accuse dei suoi avversari e le pretese, a volte assurde, della folla, ma anche la testardaggine dei suoi apostoli che inebriati da un po’ di potere sugli spiriti maligni e sulle malattie, si ergono a giudici degli uomini proponendo punizioni esemplari per chi rifiuta il messaggio del loro maestro. Uno stile completamente antitetico a quelle di Gesù che non vuole la condanna, ma la misericordia, non il castigo, ma tempo per poter ravvedersi, non l’imposizione, ma l’assoluta libertà. Dio, concedendoci il dono grande della libertà, si è davvero messo in gioco in maniera assoluta e totale, assumendo anche il rischio di essere deriso, rifiutato, sbeffeggiato.

Non è facile seguire Cristo fino in fondo, occorre mettere in discussione, continuamente, il proprio modo di pensare, di agire, di giudicare. La tentazione di imporre sé stessi, le proprie idee, la propria modalità di approccio alle persone e alle cose è sempre dietro l’angolo. Ecco perché è tanto necessario quanto salutare confrontarsi continuamente con l’umanità di Cristo che si è sempre proposto e mai imposto accostandosi all’uomo con garbo e delicatezza.

Con questo suo stile squisito, però, non ha mai nascosto la radicalità delle sue richieste, quanto, cioè, sia impegnativa e totalizzante la sequela.

Andare dietro a Gesù significa abbandonare le tutte le sicurezze, le vie di uscite, le alternative: il Figlio dell’uomo non ha una casa dove potersi rifugiare, nascondere o difendersi! Il suo campo è il mondo, la sua patria è la strada, i suoi fratelli gli uomini e le donne che si incontrano ogni giorno, senza schermi, senza ripari!

Andare dietro a Gesù significa mettere il suo amore al primo posto: non si può accondiscendere alla sua chiamata e poi consegnare il proprio cuore a qualcun altro. L’amore esclusivo a Cristo non menoma o oscura gli altri amori, ma li purifica, li libera da tutti quegli inquinanti che sono il nostro egoismo, la nostra brama di possesso e di piacere, il nostro smodato desiderio di avere tutti sotto controllo! Più si ama Dio più si amano i fratelli, gli uomini, il Creato…

Andare dietro a Gesù significa non lasciarsi imbrigliare dal passato e dalla nostalgia che paralizzano e intristiscono, ma guardare sempre avanti sapendo che il futuro è nelle mani dalla Provvidenza e non ci sarà nessuno capace di rapire ciò che Dio si è conquistato con la sua misericordia, il suo amore!

Claudio Rasoli


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