Archivi e servizi segreti/3: da Nixon a Elly Schlein, corsi e ricordi del pettegolezzo spionesco
Qualche giorno fa il segugio Antonio Grassi mi segnalava un intrigante articolo di Italia Oggi (https://www.italiaoggi.it/news/gli-sponsor-dell-ascesa-di-elly-2594409) in cui si ipotizza che la folgorante ascesa della nuova segretaria del PD Elly Schlein sarebbe in parte merito di suoi ipotetici ma stretti legami con potenti “think-tank” americani come l’agenzia Social Changes legata a Barack Obama e la Johns Hopkins University, istituzione della quale il padre Malvin Schlein fu rappresentante di spicco in Italia in piena Guerra Fredda.
La Johns Hopkins SAIS (Scuola di Studi Internazionali Avanzati) è un centro studi nato negli anni ’50 all’interno della medesima Università con lo scopo principale di studiare gli equilibri tra i due grandi blocchi USA e URSS, e non a caso in Italia aveva quale sede principale Bologna, la città più “rossa” d’Italia. La SAIS costituì de facto un osservatorio americano sulla presenza dei comunisti all’interno del mondo occidentale al fine di studiarne rapporti comportamenti e convivenza con il capitalismo, e Malvin Schlein ne fu il direttore bolognese tra il 1969 ed il 1973. Noti sono inoltre i rapporti assai stretti e proficui tra la SAIS bolognese la casa editrice Il Mulino, proprio in quegli anni diretta da Romano Prodi che sappiamo essere un altro dei grandi supporters della Schlein. Fin qui nulla di trascendentale, non fosse che Italia Oggi si spinge fino a insinuare beffarda che il padre della Schlein fosse un agente della CIA…ed ecco che le storie di Servizi Segreti che pensavamo relegate al passato tornano inaspettatamente in ballo...
Non vi è prova alcuna che Melvin Schlein fosse un agente segreto, ma i rapporti tra la Johns Hopkins e la CIA sono ben noti e palesi, tanto che addirittura è la stessa SAIS a organizzare spesso dei campus pubblici di reclutamento tra i propri studenti per l’Agenzia Centrale di Intelligence americana, cosa che in Italia sarebbe vista malissimo ma che invece nel mondo anglosassone è prassi consolidata (come anche dicevamo dell’Inghilterra nel precedente editoriale), e va da sé che immaginare che la neo segretaria dell’ex Partito Comunista Italiano sia figlia di una spia della CIA è una mela talmente succosa che non si può non darle almeno un morsetto giornalistico…
Lungi da me occuparmi di politica corrente, l’articolo mi ha molto incuriosito perché in fondo conferma che gira e rigira, le storie sui retroscena “servizieschi” attecchiscono ancora, ma soprattutto hanno tanti illustri precedenti che negli anni la desecretazione di taluni archivi ci ha in parte confermato.
Il caso più discusso e interessante è quello che tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 vide la CIA di Nixon finanziare Almirante e il suo MSI trasformandolo in Destra Nazionale e portandolo a sfiorare addirittura il 9% nazionale alle Politiche del ’72, un record che secondo molti analisti fu conseguenza della espressa volontà di Nixon di rafforzare la Destra italiana di fronte alle troppe tentazioni centro-sinistre della DC di allora. I retroscena più oscuri narrano addirittura di un Aldo Moro minacciato durante una riunione all’Ambasciata USA di Roma e di un Andreotti furibondo con gli Americani per aver finanziato gli ex fascisti. Tramite delle trattive (e anche degli ingenti passaggi di dollari) sarebbe stato il Generale Vito Miceli, acerrimo ed eterno nemico di Andreotti, e che guarda caso era in quegli anni Direttore del SID, e cioè il capo dei Servizi Segreti italiani. Poco dopo Miceli divenne parlamentare europeo proprio della Destra Nazionale, provocando uno dei più memorabili e caustici commenti del Divo Giulio “embè, e tte credo!”
Sul fronte diametralmente opposto, molti di voi ricorderanno i più recenti scandali legati al cosiddetto Dossier Mitrokin, ossia un serie infinita di rapporti che l’archivista del KGB Vassily Mitrochin avrebbe copiato e poi trasmesso ai Servizi inglesi e che contenevano liste di cittadini italiani (alcuni assai illustri) finanziati dall’URSS in quanto fonti del KGB o addirittura vere e proprie spie. La vicenda ebbe una eco portentosa e fu addirittura oggetto di una commissione parlamentare che per la verità non concluse gran che, ma molte sono le vicende più o meno note che confermano che anche sul fronte sovietico i finanziamenti a mezzo agenti dei servizi arrivavano copiosi. Tra tutte una assai gustosa ce la racconta proprio un archivio. Il già citato capo dei Servizi Federico Umberto d’Amato fu attaccato una sera dal giornalista Andrea Barbato durante il suo programma La Cartolina proprio per aver lasciato intendere in una intervista che sul PCI italiano piovevano dollari russi. Non vi fu nessuna replica di D’Amato e Barbato non gli dedicò più alcuna attenzione, con non poca sorpresa di molti. Dopo la morte di D’Amato, fu ritrovata nel suo archivio la minuta di una lettera che egli inviò a Barbato il giorno dopo la trasmissione e nella quale minacciava Barbato di rivelare nomi e liste di chi aveva preso soldi dal KGB se non avesse “piantato” di attaccarlo. Se D’Amato avesse o meno quegli elenchi non è dato saperlo, ma fatto sta che in effetti gli attacchi di Barbato cessarono subito…
Da qui a salire di grado fino a vere e proprie leggende di collaboratori dei Servizi il salto è breve, con due nomi su tutti: Lucky Luciano e Leo Castelli. Il primo, probabilmente il più grande gangster di tutti i tempi, fu addirittura graziato e scarcerato nel 1946 per aver “collaborato” allo sbarco in Sicilia delle truppe americane, mettendo in contatto l’OSS di Donovan con i capi mafia locali. Una leggenda che recentemente è stata confermata proprio da archivi ora accessibili, come quelli di Thomas Dewey che da Procuratore di New York mandò in galera Luciano e poi lo graziò e liberò da Governatore 9 anni dopo proprio per quei “meriti”. Del grandioso marcante d’arte Leo Castelli non abbiamo ancora conferme ufficiali d’archivio essendo egli scomparso solo pochi anni fa, ma il fatto che fosse un agente della OSS già in Europa negli anni ‘40 è cosa ormai nota così come mi diceva Philippe Daverio e come anche sosteneva il suo grande amico e pittore Bob Rauschenberg, che lo vide spesso sparare di precisione in giardino con un Walter PPK…E chissà che tra qualche anno aperti gli archivi non trovi conferma la narrazione secondo la quale la POP-ART fu sì una sua invenzione ma caldamente sostenuta e abbondantemente finanziata dalla CIA, che voleva vincere la battaglia col KGB anche sul fronte culturale.
Insomma, anche oggi che il mondo si è ribaltato su stesso e parliamo addirittura di influenza della CIA sugli eredi del vecchio PCI, nasce spontaneo un consiglio di lunga vita: lasciate in pace gli archivisti, probabilmente ne sanno una più del Diavolo…
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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