Se i numeri sono numeri, allora non si può non concordare con le recenti segnalazioni sul progressivo calo delle prestazioni di mammografia eseguite presso l’ospedale di Cremona negli ultimi anni. Vale la pena tuttavia di precisare che le mammografie sono esami radiologici e che tali esami, effettuati appunto dal personale della radiologia, sono stati ridotti non solamente a causa della pandemia, ma anche a seguito delle dimissioni di ben tre professioniste radiologhe molto esperte. Se è vero quindi che i dati presentati sono reali, purtroppo nessuno sembra essersi preoccupato di individuarne le cause: un’analisi corretta non può limitarsi a fotografare la situazione e dovrebbe invece andare alla radice del problema, che resta l’unica possibilità per individuare una soluzione. Un modo ci sarebbe, magari capire il perché delle dimissioni, visto che le tre radiologhe non hanno deciso di cambiare vita e continuano a fare lo stesso lavoro in altre strutture. Nel ribadire che non si è mai vista una situazione in cui tre brave professioniste si dimettono tutte e
tre contemporaneamente, è possibile ipotizzare che non si trovassero tanto bene sul loro posto di lavoro. Quindi, se c’è un problema, questo doveva riguardare il reparto da cui dipendevano, la radiologia, oppure il reparto dove esercitavano abitualmente, ovvero l’Area Donna.
O magari tutti e due. Fare di tutta l’erba un fascio, mescolare i problemi dei radiologi con il destino incerto del nuovo reparto di Oncologia e con la revisione organizzativa della Breast Unit non aiuta a fare chiarezza, alimentando di fatto una confusione che non resterà senza conseguenze per gli utenti. Purtroppo si raccoglie quel che si è seminato ed oggi stiamo semplicemente raccogliendo i frutti di scelte precedenti, promosse da taluni vertici ospedalieri sui quali è stato steso un velo pietoso, ma dei quali non si dovrebbe perdere la
memoria. Troppo spesso ci si dimentica infatti che è il passato a condizionare il presente.
A proposito invece dell’Area Donna vera e propria, se i numeri sono numeri, allora si potrebbe chiedere ai consiglieri regionali, oggi così attenti alla situazione sanitaria cremonese e invece distratti in altre occasioni, di intraprendere l’ardua impresa di far luce su quante donne cremonesi hanno deciso, negli ultimi anni, di farsi seguire e curare in altre strutture di senologia, magari a Brescia, magari a Milano. Questi dati (definiti “mobilità in uscita”) sono custoditi gelosamente negli uffici ATS Valpadana e risultano inaccessibili alla consultazione. Invece l’analisi di queste informazioni potrebbe forse confermare (o smentire) l’impressione che comunque, radiologhe o non radiologhe, l’Area Donna sia in fase di
appealing calante, rendendo di fatto meno comprensibile la mobilitazione generale di questi giorni. Se si dovesse dimostrare con i numeri quella che è l’impressione generale e cioè che molte donne probabilmente preferiscono rivolgersi a Centri di riferimento oncologico in altre zone, allora sarebbe necessario mettere da parte gli slogan e gli aspetti emotivi per cercare di individuare le cause di tale situazione. E magari porvi rimedio.
Anche perché, potendo scegliere, è possibile che per molti malati l’obiettivo sia quello di guarire, indipendentemente da un ambiente più o meno confortevole. A questo proposito giova ricordare che i dati dell’ATS, per quanto non aggiornatissimi, sembrano suggerire che a Cremona si muore di più per tumore mammario, peraltro senza che nessuno si sia dato da fare per comprendere le cause di questa situazione. Se poi cerchiamo di inquadrare il problema Area Donna anche alla luce dei dati AGENAS, quelli del ministero della Salute,
potremmo porci ulteriori domande, anch’esse per ora senza risposta.
Giova inoltre ricordare che, tra le tante possibili ipotesi in grado di spiegare l’attuale momento di difficoltà, l’unica che non è stata ancora presa in considerazione è quella di individuare possibili responsabilità interne alla struttura Area Donna: magari non ve ne sono, però l’analisi di ogni momento critico (lo insegna qualsiasi percorso di certificazione) prevede la ricerca e possibilmente l’individuazione delle cause, anche di quelle meno evidenti.
Ad oggi sappiamo solo che l’abilità nel tessere relazioni, anche importanti, è certamente una dote rara ed apprezzabile, ma forse non sufficiente, specie se il risultato è quello di una situazione inutilmente conflittuale come lo spettacolo al quale stiamo assistendo. L’unico apparente risultato dell’attuale mobilitazione sembra quello di mettere in secondo piano il vero problema, vale a dire il destino dell’ospedale di Cremona.
vittorianozanolli.it
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