16 luglio 2023

Arvedi è Cremona. La politica? Un di più

«Toglietemi tutto ma non il mio Breil». «Che mondo sarebbe senza la Nutella». «Dove c’è Barilla c’è casa». «No Martini, no party». «RedBull ti mette le ali». 

Slogan già entrati nella storia della pubblicità, oggi potrebbero essere riciclati e adattati alla realtà di Cremona.

«Toglietemi tutto ma non Arvedi». «Che Cremona sarebbe senza Arvedi». «Dove c’è Arvedi c’è Cremona». «No Arvedi, no Cremona». «Arvedi ti mette le ali».

L’acciaio di Arvedi è conosciuto in Italia e all’estero.  Brand tra i più autorevoli e rappresentativi del territorio, è elemento portante per l’economia cittadina.  Fattore significativo per la comunità, spunto per analisi sociologiche. Argomento per antropologi interessati all’evoluzione dell’uomo cremonese. Valore aggiunto tout court, Arvedi è Arvedi. 

Per Cremona, è acqua per i pesci.

Il mecenatismo della Fondazione Giovanni Arvedi e Luciana Buschini è il passaporto per entrare nella storia della città. Il museo del violino, il recupero dell’ex convento di Santa Monica, il ripristino delle colonie Padane e tanto altro ancora, senza il contributo della Fondazione non sarebbero stati realizzati. 

Il sostegno alla squadra di calcio è un capolavoro di pubbliche relazioni. 

Tra i più prestigiosi imprenditori della provincia, magnate dell’acciaio, Giovanni Arvedi è la persona più nota, famosa, illustre, coccolata, stimata, influente e temuta sotto il Torrazzo e dintorni.

Alieno in un contesto di omologazione, rappresenta la città e la contraddizione è solo apparente.  Grande timoniere - da non confondere con Mao Tse Tung - Arvedi è l’omeostasi. Lima i picchi. Normalizza. Appiattisce.  

Lui è Cremona.  L’ama. La sostiene. La condiziona. 

Non è monarca. Neppure satrapo. Non despota. Nemmeno autoritario. È faro.  Guida. Non si è preso il ruolo.  Gli è stato assegnato dalla pochezza dell’establishment cittadino e dagli ominicchi della politica locale. 

Usa il guanto di velluto. Per il volto arcigno delega i subordinati.  È educato. Gentile. Determinato. Implacabile.  È il Cavalier Arvedi.

Non smania per apparire sul quotidiano La Provincia, house organ degli agricoltori e bollettino parrocchiale un po’ più evoluto.  Non ne ha bisogno. 

Lascia lo spazio ai troppi due di coppe convinti di essere l’asso di briscola. Agli illusi che valutano popolarità, rispetto e leadership con il numero delle proprie foto pubblicate e delle interviste che li riguardano. Agli zotici che non colgono che spesso più appari, meno conti e più sei ciula. Che non considerano la possibilità che, persa la carica, se ne va anche il tempo degli applausi, con subitaneo ritorno nell’oblio. Sic transit gloria mundi.

Tutto questo non succede per Arvedi.  È il Cavaliere per antonomasia, indipendentemente dalla visibilità mediatica.  Decide e comanda. Sempre.

A Cremona non esistono poteri forti e occulti e il deep state è acqua fresca. C’è Giovanni Arvedi. Chiuso il discorso.  Gli altri?  Brutte copie. Figurine. Scartine. Sciacquette.  

Esercita la funzione di deus ex machina con intelligenza e oculatezza.  Conosce le regole del gioco. Sa tenere e conservare il mazzo. Distribuisce le carte in maniera egregia, senza esagerazioni e sprechi.

Pochi - più nessuno che alcuni - disapprovano pubblicamente il suo agire, anche quando le sue scelte non sono giudicate favorevoli per la città o il territorio.  Coloro che non le condividono sono molto discreti. Non sostengono il dissenso in piazza. Non lo scrivono sui giornali. Non lo dicono alla radio. Non protestano in televisione. Restano in silenzio. E anche in privato vanno cauti: non si sa mai. A Cremona non c’è la Stasi de Le vite degli altri, ma gli spifferi sono parecchi.

La contestazione, quella vera, non di facciata, rare volte lo ha visto coinvolto. Tuttalpiù è stato sfiorato. Fastidioso solletico. Irritanti punture di zanzare. Qualche annacquato slogan e poco più.  Poi tutti a cuccia. 

Ciclicamente vengono citate le emissioni in atmosfera dell’acciaieria. Ciclicamente vengono indicate tra le possibili cause di inquinamento dell’aria. Ciclicamente le accuse si sgonfiano.

Giovanni Arvedi rientra a pieno titolo tra i capitani coraggiosi dell’industria italiana. Cremona gli deve molto. Anzi moltissimo e il superlativo non è fuori luogo. Ma è vero anche il contrario. 

È esagerato affermare che in riva al Po non si muove foglia che il Cavaliere non voglia.  È però realtà, che il suo parere valga molto di più di tutti gli altri messi insieme.  Non sempre è decisivo, ma il quasi sempre è già troppo.  

Cremona dovrebbe immaginare il proprio avvenire, partecipare alla sua progettazione nella massima libertà, senza la mano di Arvedi. Dubitare che questo avvenga non è da cartellino rosso. 

Sono già iniziati i primi bradisismi che anticipano la scossa elettorale del prossimo anno. Circolano i primi nomi dei candidati sindaco.  Tra le domande per valutarne la possibilità di vittoria del possibile concorrente una delle più frequenti è «Arvedi lo sostiene?»

Il Cavaliere è come l’uomo del Monte: se dice sì, non esistono ostacoli. 

E la politica? S’accoda, dorme, osserva. Non subisce. Accondiscende. Aspetta.

Arvedi è la più importante risorsa per Cremona. La politica la meno significativa. Arvedi decide. La politica cincischia. Arvedi rigenera la città. La politica pianta totem. Arvedi ha uno sguardo sul mondo. La politica al proprio ombelico. 

Arvedi è l’uomo simbolo della città, ma anche il suo limite. È il giogo al quale Cremona è legata.  Non è una disgrazia. Può essere un vantaggio, non il massimo della vita. Cambiare non è nel bagaglio della politica locale.

«Ogni giorno la gioventù aspetta, aspetta la sua occasione come l’aspettavano gli operai, anche quelli vecchi. Aspettano tutti, quelli che sono scontenti e quelli che riflettono» (Tiqqun, La comunità terribile).

Per smettere di attendere, servirebbero meno Arvedi e più politica con le Nike, quelle di Just do it.  Fallo e basta, senza attenersi al giudizio del Cavaliere.  Ogni tanto la pubblicità elargisce buoni consigli.

 

Antonio Grassi


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commenti


Roberto

16 luglio 2023 10:26

Si ma come si costituiscono i soggetti alternativi?
Come prende voce la contraddittorietà del creato Arvedi?
Non è leggera la critica constatativa in relazione alla mancata azione costruttiva?
Manca conflitto? Ma il disagio è prodromo di conflitto o sintomo di soggezione culturale e politica?

Manuel

16 luglio 2023 10:59

A mio avviso è stato dimenticato un aggettivo (forse più) ad identificare il cavaliere ed è sfuggito com’esso non abbia eredi: come traghettare l’azienda e la città senza la sua figura?
Poveri valvassini disperati alla ricerca di una fortezza sicura. Poveri ratti impauriti, pronti ad imboccare la prima fogna.
Lunghissima vita al cavaliere.
Premesso ciò, grande descrizione, precisa ed acuta della città, elaborata da un cremasco.
Chapeau!
PS: tra le figurine cesellate da Grassi, mi ci ritrovo anch’io.

PierPiero

16 luglio 2023 15:51

Tutto vero e sopratutto auspicabile nasca una Politica con la maiuscola, che governi questa città.
Ma per governare servono le risorse o sapere dove trovarle. E ieri, oggi e (purtroppo, forse) domani, trovarle dal Cavaliere è più facile che creare un meccanismo virtuoso che porti ad averle, in maniera indipendente.
Cremona è Arvedia, lo dico da tempo (ma chi sono? chi mi ascolta?) e questa è la sua salvezza e il suo limite. Auspico una alternativa che non sia tale ma sia frutto di una condivisione diffusa di interessi e amore verso questa città.
L'unico che forse ha dimostrato nei fatti di amare questa città (e al contempo tacitare le voci di inquinamento della acciaieria con munifiche opere) è il Cavaliere. E quindi, un po' a denti stretti, un po' con gratitudine, ringrazio chi ha fra l'altro consentito di chiudere il buco di Piazza Marconi perché senza lui oggi forse avremmo un laghetto di pesca sportiva al posto della piazza.
Il problema di Arvedia siamo noi, che non esprimiamo nulla di alternativo.

michele de crecchio

18 luglio 2023 17:41

Se non esistesse un giornalista senza peli sulla lingua come l'ottimo Antonio Grassi, bisognerebbe inventarlo (e non sarebbe facile!). L'articolo sintetizza infatti la figura del "cavaliere" e il suo attuale rapporto con Cremona in modo estremamente efficace. Come antico amministratore comunale e ancora zelante osservatore delle vicende cittadine, mi permetto solo di ricordare che le amministrazioni comunali cremonesi, di ogni colore, sono state, in varie occasioni, spesso determinanti nel prendere decisioni che hanno, se non proprio consentito, di certo significativamente aiutato. la sua azienda a superare momenti difficili.

Monica

18 luglio 2023 20:38

Di fatto .. metà ..Cremona lavora x questa azienda ….e fin qui … ok … quello che non sopporto e che si dia scontato che quello che .. decide ..Arvedi … sia tutto oro colato … chiediamolo intanto a chi risiede vicino all azienda ..cosa deve subire … chiediamolo agli stessi operai che ci lavorano …. Magari si scoprono ancora altre novità ……. Chissà ….

Carolina Manfredini

21 luglio 2023 19:05

Un esempio, un paradigma, una conferma della totale astenia e sudditanza della polis al denaro. Un segno indelebile della decadenza sociale e istituzionale dei nostri tristi tempi.