Ascolta e ama: questo il segreto della felicità!
È suggestivo che il grande comandamento su cui poggia tutta la legge e i profeti, dove si professa l’unicità di Dio e si rivendica un amore esclusivo per lui, abbia inizio con un “Ascolta”.
Prima di parlare occorre ascoltare, prima di fare è necessario fermarsi! Noi che siamo perennemente abituati a blaterare, ad intervenire, a puntualizzare. Come se il parlare ci garantisse che siamo utili, interessanti, indispensabili… che siamo vivi! Dimenticando, invece, che il continuo “ciarlare” alla fine impoverisce, distrae, sparpaglia il cuore. Se uno non è capace di tenere a freno la lingua, non è capace di dominare sé stesso!
Ascoltare è sempre un arricchimento, aiuta a fare spazio all’altro nella propria vita, relativizza le proprie capacità ma anche le proprie difficoltà, permette di comprendere che quello che si conosce è sempre troppo poco rispetto alla realtà. Chi è abituato ad ascoltare più che a parlare ha una padronanza di sé, una capacità di introspezione e di lettura della realtà impareggiabili!
Ascoltare significa accogliere la vita e non depredarla, porsi sempre in un atteggiamento prudenziale perché l’apparenza non mai (o quasi) la realtà, riconoscere di aver bisogno sempre di essere nutriti di sapienza, di esperienze di vita, di valori… L’ascolto è cosa di umili!
Dio, prima di tutto, ci chiede di ascoltare: di riconoscere, cioè, che siamo creature che hanno continuamente bisogno di essere guidate, accompagnate, istruite, con grande senso del reale! E cosa ci chiede di ascoltare? Anzitutto che lui è la sorgente dell’amore e che la felicità vera e piena si conquista amandolo con il cuore, la mente e tutte le proprie forze! Se Dio ci rapisce il cuore non correremo il rischio di essere attratti da quei piccoli amori mondami che ci schiavizzano, che ci condizionano. Quando uno è davvero innamorato di Dio e pone in lui ogni speranza, non si cura della propria immagine in maniera maniacale, non si cruccia se non ha avuto lo scatto di carriera o se il suo conto in banca non è pingue come quello del vicino di casa o se la sua auto non è fiammante come quella del cognato. Quanto tempo sprechiamo rincorrendo false felicità, vane sicurezze, illusorie mete… Ci sarà sempre qualcuno più bravo, più bello, più ricco, più affermato di noi…
Nel Vangelo di questa domenica uno scriba intelligente, probabilmente del partito dei farisei, si avvicina a Gesù e gli pone una domanda che rivela il desiderio di andare all’essenziale! Egli vuole una chiave di interpretazione di tutta la complessa legge di Israele: qual è il primo comandamento? Qual è il precetto fondamentale, quello che sta alla base di tutto?
I pii israeliti, purtroppo, si erano fatti prendere la mano: dai 10 comandamenti che Mosè aveva ricevuto sul monte Sinai avevano tratto 613 precetti e norme: ogni comportamento e ambito di vita erano codificati precisamente! Una complicazione estrema, ma che rivela anche il desiderio di corrispondere pienamente alla benevolenza di Dio. L’ossessione dei dettagli rappresenta l’atteggiamento proprio degli innamorati. Quando si ama si ha attenzione anche alle minime cose, si ha paura di poter ferire l’altro anche nelle facezie, si teme di non corrispondere pienamente all’affetto e alla cura dell’altro anche nei più piccoli aspetti. Ecco una possibile spiegazione del perché gli ebrei hanno legiferato su tutto, arrivando anche a delle esagerazioni che per noi possono sembrare folli: ma d’altra parte quando si è innamorati non si è un po’ folli? Un po’ sopra le righe?
È anche vero, però, che Dio è semplice e cerca la semplicità, viceversa il demonio è complicato e non vede l’ora di farci impantanare in una eccessiva prudenza e in una smisurata scrupolosità che impauriscono e immobilizzano il credente. Quando il Papa chiese conto della regola dell’Oratorio a San Filippo Neri egli, candidamente, rispose che per essere obbediti bisogna dare poco e chiare regole e lui ne aveva scelta una sola: l’amore!
E Gesù, guardando con ammirazione questo “cercatore dell’essenziale”, indica come chiave di volta dell’intera legge l’amore di Dio e l’amore al prossimo. A questo unico grande comandamento devono ispirarsi tutte le altre norme: se esse non mi servono per amare di più e per amare meglio il Signore e i fratelli sono solo inutili e dannose. Domandiamoci: onoriamo i precetti religiosi solo per abitudine, per scrupolo, per paura del castigo o perché ci aiutano a crescere nell’amore?
L’amore di Dio, abbiamo visto, è parte del credo del popolo di Israele contenuto in Deuteronomio 6, 5, ma anche l’amore per il prossimo è già presente nella legislazione ebraica (Levitico 19, 18): Gesù, quindi, non afferma niente di nuovo o di strabiliante. La vera rivoluzione è quella di unirli inscindibilmente insieme: l’amore a Dio purifica, arricchisce e dà la giusta gerarchia all’amore umano, mentre l’amore ai fratelli rendo concreto, quotidiano, sofferto, incarnato l’amore al Signore.
Giovanni mirabilmente sintetizza nella sua prima lettera: “Noi amiamo, perché Egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”.
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commenti
Stefano
3 novembre 2024 18:31
L'ossessione normativa altro che segno d'amore, bensì di profonda insicurezza e durezza di cuore e di casta. Timore di perdere i privilegi acquisiti ancorché pretesto per governare gli animi e le menti. Come nella giustizia così nella chiesa.