Big in tour, il bacio della pantofola. Ignorato chi vota
Manca meno di un mese alle elezioni regionali. I candidati sono in pista, impegnati in un ballo che non lascia spazio a terze vie. O vincitori o sconfitti, senza possibilità di appello.
È il tempo delle richieste. Delle promesse. Delle illusioni. Poi, dopo il 13 febbraio, arriverà quello del fare. Della realtà. Del disincanto. Del saldo delle cambiali sottoscritte in campagna elettorale. Alcune verranno pagate. Molte saranno dilazionate per mesi e anni. Troppe finiranno nell’oblio.
Da Cremona sono transitati e transiteranno i big delle squadre in campo. I leader arrivano in città di corsa, trafelati con l’agenda degli appuntamenti che non lascia spazio neppure ad un caffè se non programmato. Baciano la pantofola alle associazioni di categoria e ai portatori d’interesse, detti anche stakeholder. Omaggiano le istituzioni, ma gli esperti di comunicazione ritengono questo saluto un accessorio. Quasi mai incontrano le delegazioni dei lavoratori. Quelle di coloro che stazionano alla base della scala sociale. Dei meno garantiti.
Con linguaggio fuori corso e suddivisione schematica, i ballerini interloquiscono con padroni e padroncini. Ignorano precari, cassaintegrati, giovani, casalinghe, stipendiati al minimo sindacale. Licenziati e disoccupati.
Trascurano la maggioranza degli elettori. Quella fetta di cittadini che non controlla i mass media. Che non contribuisce economicamente al barnum. Che non annovera tra le proprie fila opinion leader, ruolo difficile da attribuire nella nostra provincia.
Il confronto con i cittadini o lo temono o lo ritengono inutile.
I questuanti in cerca di consenso, espongono i loro progetti e li motivano con discorsi, che chiamati speech sono più fichi. Buoni per tutte le località toccate dal girotondo elettorale, i proclami vengono arricchiti e adattati a temi specifici della città visitata.
I candidati presidenti sorridono. Ammiccano, sicuri e suadenti. Forti, spiegano e propongono. Glissano e svicolano sulle questioni controverse. Promettono, promettono. Recitano. Chiedono il voto.
I concorrenti più noti, i big-big, i superbig, i great big, i bigoloni soddisfano le richieste dei provinciali narcisi e si prestano per storici selfie. Convocano i giornalisti locali affinché siano megafono del loro pensiero, certi che difficilmente s’imbatteranno in domande imbarazzanti. Rilasciano interviste. Alcune concordate, altre prive di contradittorio. Talune tappetino con contorno di ruffianissimi slurp. Poche le toste.
In passato il meccanismo ha funzionato. Oggi, si è inceppato.
I cittadini scoglionati per le promesse non mantenute, in balia di emergenze e crisi, taglieggiati da bollette esagerate, non trovano spazio per la politica. Ancora meno per i politicanti. Primum vivere deinde philosophari e per chi è nel guano fino al collo le parole di un candidato in campagna elettorale valgono assai meno della filosofia.
«L’uomo medio è stanco e spaventato, e un individuo stanco e spaventato non può permettersi il lusso di avere ideali» dice nel Lungo addio, Philip Marlowe, iconico detective privato uscito dalla penna di Raymond Chandler nei primi anni Cinquanta. Vale anche oggi. Soprattutto oggi con la bussola rotta, la navigazione a vista, le porte girevoli dei partiti-grand hotel e il rischio di votare il candidato di un partito e ritrovarselo poi in un altro. E Cremona può vantare recenti e fulgidi esempi di repentini cambi di casacca.
Smemorati, i ballerini in pista dimenticano, ignorano rimuovono dichiarazioni del passato. Si contraddicono senza scomporsi. Con nonchalance. Diamine, non si può ricordare tutto. E la coerenza oggi non è una virtù.
Letizia Moratti, candidata alla presidenza del Terzo Polo, è stata accolta in città da Stefano Allegri, presidente degli industriali, nella sede di confindustria, presente il Gotha delle associazioni datoriali (La Provincia, 20 gennaio). Per lei «la sanità è pubblica il che significa dare la stessa opportunità a tutti i cittadini di avere le cure necessarie gratuitamente nei tempi giusti». Ma è anche molto privata: «inoltre ho incrementato la quota di prestazioni richieste al privato accreditato».
Per lei «La Lombardia ha una parte ospedaliera molto forte e una parte territoriale debolissima», ma rivendica con orgoglio la maternità del nuovo ospedale di Cremona «voluto da me con investimenti di oltre 300 milioni».
È la stessa Moratti che nell’ottobre 2021, allora vicepresidente della Regione e assessore al welfare, aveva sostenuto che la carenza dei medici di base è «una percezione che non è data dal numero ma dall’organizzazione». Poi aveva messo il carico: «Lavorano per un numero di ore profondamente diverso rispetto alle ore di chi lavora all’interno delle strutture ospedaliere e sanitarie. Questo ovviamente è quello che crea la percezione di carenza». Contare fino a dieci prima di parlare le avrebbe giovato.
In questo Hellzapoppin' che è la campagna elettorale per la conquista della Lombardia c’è anche la grande promessa. O, al contrario, il grande bluff.
Stressati dall’assedio di associazioni di categoria, pubblici amministratori, politici, Pierfrancesco Majorino, Matteo Salvini e Letizia Moratti hanno ceduto alla richiesta di impegnarsi per la nomina di un assessore cremonese nella futura giunta regionale. Ma il «faremo tutto il possibile per dare una rappresentanza a Cremona» (Cremonasera, 21 gennaio) di Salvini non sempre porta al risultato sperato. Come il genitore che assicura al figlio noioso di comperargli l’ovetto Kinder per indurlo a smettere di frignare. Centrato l’obiettivo si scorda di passare dal bar.
Per la provincia contare su un assessore regionale significa tutto o nulla.
Tutto, se nelle stanze dove si decide il nostro territorio peserà un po’ più di una piuma e non si limiterà a belare, ma sarà in condizioni di ruggire.
Nulla, se forza contrattuale rimane la stessa di oggi con l’aggravante per la dipendenza da coloro che hanno comperato l’ovetto Kinder e machiavellicamente consegnato ai frignoni. Non per tenerli buoni, ma per tenerli per le palle, nel rispetto del principio che in politica niente è gratuito.
Un assessore, anche bravo, non risolve l’isolamento della nostra provincia. Non cancella le divisioni che la penalizzano. Non rimedia all’assenza di coordinamento e alla carenza di leader. Un uomo solo fallisce.
Mancano quaranta giorni alle elezioni. Osservare i ballerini in pista e alzare le spalle è sterile. Brontolare pure. Criticare senza agire non merita un plauso. Disertare le urne una sconfitta. Più utile gridare, incazzarsi. Partecipare.
«Sono romantico, Bernie. Odo voci gridare nella notte e vado a vedere che cosa succede. In questo modo non si guadagna un centesimo. Voi invece avete buon senso; chiudete le finestre e aumentate il volume del televisore». Ancora lui, Marlowe della hard-boiled school. Meditate gente, meditate.
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commenti
Elia sciacca
22 gennaio 2023 10:22
Il ruffianesimo ed il servilismo da quarant'anni sono i sistemi piu' usati e piu'ambiti per fare carriera politica pertanto condivido in toto l'editoriale di Antonio Grassi
Monica
22 gennaio 2023 10:24
Ho letto il suo articolo e … naturalmente.. lo condivido .. io mediocre cittadina .. che come lei definisce … stanca… lo sono veramente… la percezione è che nel baratro ormai ci siamo …..ho avuto una mia occasione di ribellarmi a certe ..autorità …e per questioni veramente importanti ..RSA … ma purtroppo… i non mediocri …o perlomeno che professano di non esserlo …..non ti danno la possibilità di farti ascoltare ….anzi rincarano la dose di … facciamo vedere ed elogiare il superfluo ..!!!! Ed è così … purtroppo!…. Ci rimane solo … la parvenza di un voto .. che dovrebbe … cambiare qualcosa … ma troppa gente … e stanca …e non arriva a fine mese !!!…. Quindi …purtroppo… vulnerabile …!!!!
Beppe Bettenzoli
23 gennaio 2023 09:29
Bello l'articolo di Grassi, condivisibile, io mi ritengo fuori dal coro, non supplico incontri con imprenditori, rappresentanti dei commercianti o degli agricoltori, non ho mai baciato le pantofole ai potenti, sono casomai per toglierle e farli camminare scalzi per comprendere come vive la maggioranza di coloro che dicono di rappresentare. Il problema sono proprio i lavoratori, i disoccupati, i precari. I pensionati al minimo, le casalinghe non per scelta di vita, le commesse dei supermercati, oggi senza punti di riferimento, senza qualcuno che li organizzi per fare valere i propri diritti, per soddisfare i propri bisogni, per poter vivere una vita dignitosa. Difficile rimotivare chi è sfiduciato, scoglionato, senza prospettive di riscatto. Noi di Unione Popolare ci stiamo provando, con grandi difficoltà, con pochi mezzi, ma con grande volontà e con la chiarezza di chi ha scelto di stare dalla parte degli ultimi, dei perdenti, di stare fuori dal coro.
Giuseppe Zagheni
2 febbraio 2023 08:30
Condivido in pieno le osservazioni e le considerazioni di Grassi . Mi è capitato di vedere una pubblicità elettorale di un candidato del polo ( I moderati tanto cari ad un'altra firma di questo giornale) il quale lamenta la poca attenzione alle RSA della provincia da parte della regione Lombardia. Probabilmente è giusto quello che dice ma mi piacerebbe sentire proposte ,piuttosto che richieste di denaro.