Carisma e istituzione, Spirito e Chiesa, novità e discernimento
Si dice spesso che i confini del Regno di Dio sono ben più ampi di quelli della Chiesa. Lo Spirito Santo, cioè, soffia e si posa dove e quando vuole ed è capace di suscitare il bene anche nei gesti profetici di persone lontane dall’esperienza cristiana o che addirittura non hanno mai conosciuto o incontrato Gesù.
Il Concilio Vaticano II ha sancito solennemente quello che da sempre la Chiesa professa: Dio sparge continuamente nel campo del mondo tanti “semina Verbi”, cioè germi di Vangelo, che preparano e favoriscono l’incontro dell’uomo con Cristo. Tutte le religioni, pur non possedendo la pienezza della verità della fede cattolica, hanno in sé dei frammenti dell’unica verità che è il Figlio di Dio fatto uomo.
Capisco che è un discorso delicato e difficile soprattutto in questi tempi di esasperato relativismo e sincretismo dove, anche tra tanti cristiani praticanti, serpeggia la convinzione che in fondo in fondo tutte le religioni sono uguali! A pensare così faremmo un grande torto a Cristo e al suo sacrificio cruento sulla Croce: c’è, infatti, in qualunque altra religione la convinzione che Dio si è fatto realmente uomo, si è consegnato volontariamente ai suoi aguzzini, si è lasciato torturare e inchiodare sulla Croce morendo tra atroci sofferenze corporali e spirituali? A pensare così faremmo torto alle migliaia di martire che, nel corso della storia della Chiesa, hanno imitato il Maestro versando il proprio sangue unicamente per amore di Dio e dei fratelli convinti che solo così può trionfare il bene, l’amore!
La liturgia di questa domenica ci invita a non fermarci ai “confini” dell’istituzione – che è sempre foriera di sicurezza, di forza, di orgoglio, ma spesso anche di arroganza e di prepotenza – e di gioire per la fantasia, la creatività, la novità dello Spirito che è capace di insinuarsi e di ispirare al Bene anche gli uomini e le donne più distanti dal Vangelo oltre che situazioni ed eventi totalmente avulsi da ogni riferimento al trascendente.
Mosè, da vero uomo di Dio, esulta nel vedere che lo Spirito parla con la bocca e il cuore di persone che sono al di fuori della cerchia dei suoi stretti collaboratori: non considera sua proprietà l’ispirazione divina! Gesù è contento che ci sia qualcuno che combatta il male anche senza un mandato ufficiale.
Da che è nata la Chiesa, che giustamente è preoccupata di sancire precetti e limiti, c’è sempre stato un incontro-scontro – il più delle volte positivo e fruttifero – tra il carisma e l’istituzione. Il carisma ci ricorda che Dio è imprevedibile e sempre nuovo, che la sua azione non può essere confinata e incasellata, e che può manifestare la sua presenza e la sua volontà anche in chi non fa parte del suo “gregge”. Il carisma libera il credente dall’autoreferenzialità, dalla tentazione di sentirsi arrivato nel proprio rapporto con Dio, dalla presunzione di avere nelle proprie mani la verità tutta intera e quindi di poter controllare il Signore e i suoi piani, di essere l’unico interprete della volontà celeste!
Alla istituzione, invece, spetta un compito delicato, ma allo stesso tempo esaltante del discernimento, che tra l’altro è un dono dello Spirito: cioè la capacità di cogliere nella storia della Chiesa, alla luce della Tradizione e del Magistero, la volontà di Dio. L’istituzione invita alla prudenza, ad avere attenzione per tutto il popolo di Dio, anche per quelle frange più fragili che faticano a cogliere novità repentine, a considerare con gradualità e sapienza i cambiamenti pur necessari per poter dialogare e farsi capire da un mondo in continua evoluzione!
Paradigmatico, in questo senso, l’incontro tra Francesco di Assisi e Innocenzo III: chi non ricorda il poetico e visionario film di Zeffirelli? Da una parte il Poverello d’Assisi vestito di stracci e traboccante di letizia e dall’altra il Pontefice Romano carico d’oro e colmo di rammarico: il vento dello Spirito che invade prepotentemente una Chiesa appesantita dalla ricchezza e dal potere e che le ricorda l’entusiasmo, la freschezza e la purezza degli inizi.
È consolante che proprio nei momenti più tragici della storia cristiana, quando l’Istituzione ha vacillato, lo Spirito sia intervenuto per innestare nuova linfa e nuovo ardore evangelico. Esemplari sono tanti santi: da San Benedetto da Norcia a Santa Caterina di Siena, da San Domenico di Guzman a San Filippo Neri.
Come Chiesa cremonese anche noi possiamo vantare un grande uomo di Dio, un indomito profeta che ha avuto il grande merito di lasciarsi condurre dallo Spirito: don Primo Mazzolari. Sapiente antesignano delle istanze del Concilio Vaticano II soprattutto nell’attenzione ai lontani, nella scelta preferenziale per gli ultimi, nella ricerca di una Chiesa più povera ed essenziale, più dialogante con la cultura e la società, pagò in prima persona il suo sguardo evangelico anticipatore!
Giovanni Battista Montini, San Paolo VI, parlando del parroco di Bozzolo, che tra l’altro volle come predicatore alla grande Missione per Milano del 1957, disse: “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti”.
Amiamo, però, questa Chiesa, così imperfetta eppure così ricca di tesori di grazia. Non condanniamolo se non sempre è riuscita a recepire le “scosse” divine: essa ha il dovere di accogliere le novità dello Spirito in una storia già tracciata dallo Spirito stesso e di offrirle a tutti i suoi figli, in una logica di continuità e non di rottura!
Carisma e Istituzione, Spirito e Chiesa, novità e discernimento: due polmoni che permettono di respirare appieno l’esperienza cristiana.
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