7 agosto 2022

Cosa voti il 25 settembre? Boh, non si capisce una mazza

«Cosa voti il 25 settembre?» «Che ne so? Non si capisce una mazza». 

Le manovre elettorali dei partiti e dei loro rappresentanti, Hellzapoppin in versione italiana, sono un film con pessimi attori e una sceneggiatura straripante di camarille, accordi sottobanco, salti della quaglia, furbate.  Poi un’overdose di quadriglie e relativi «Changè la dame!», ordine che parlamentari e dirigenti di partito non si fanno ripetere due volte. 

Da nemici giurati ad amici inossidabili. Da orchi da impalare a principi azzurri da impalmare. Realpolitik, funzionale al bene del paese è, manco a dirlo, coincidente con la prenotazione di uno scranno romano per il proprio culo. Ma la nomina in un consiglio di amministrazione ben retribuito può bastare. 

Un tempo bollati per ignobili voltagabbana o miseri trasformisti, gli specialisti nel cambio di casacca sono oggi assurti a baluardo contro i nemici della democrazia. Della democrazia di lorsignori, per ricordare Fortebraccio, corsivista dell’Unità, quando il quotidiano era la Bibbia del Partito comunista.  Baluardo che assicura la permanenza nel tempio dei privilegi ed evita la scocciatura di cercare una nuova occupazione. 

Se l’Hellzapoppin originale è uno dei capolavori della cinematografia mondiale, il remake italico è una boiata epocale, offensivo verso l’intelligenza degli elettori. Un bidone di spazzatura venduto per opera d’arte. Ma il pisciatoio di Duchamp e la Merda d’artista di Manzoni sono unici e irripetibili.  

Da anni la politica non è più l’arte nobile. Scomparsi i maestri, sono rimasti gli imbrattatori di tele. I piazzisti di croste. I rappresentanti di orinatoi per vespasiani. I dispensatori di cacca comune. Con qualche eccezione, anche nel nostro territorio, che conferma la regola.

Se i politici antichi giocavano su una scacchiera, quelli attuali si cimentano al tavolo delle tre carte, ma fingono di ignorarlo. Oppure lo negano.

Rappresentazione del degrado e del disfacimento della politica nazionale, il film narra di tangheri e smargiassi, ma non di Tex Willer, il satanasso che li contrasta e, per questo, Unione popolare è materia per addetti ai lavori.

Facce toste di affabulatori e di prestigiatori di basso rango, i salvatori della patria promettono di riportare in superficie l’Italia ancorata sul fondo della Fossa della Marianne, dimentichi che se si trova nell’abisso più abisso è anche per il loro determinante contributo. 

Cosa voti il 25 settembre? Che ne so? Non si capisce una mazza.

Nella metà degli anni ‘90 Giorgio Gaber spiegava che il cesso era sempre in fondo a destra e la pisciata in compagnia di sinistra. 

La società si è evoluta, l’ideologia si è annacquata, la coerenza non è più una virtù e la pisciata di sinistra in compagnia la si fa nel cesso in fondo a destra.

È un’immensa confusione. Un gran casino e una colossale fregatura per chi non apprezza le sfumature, le commistioni, le zone grigie. Per chi crede che gli uomini abbiano la schiena dritta e la politica non sia un ascensore sociale.

Ma anche motivo di sofferta riflessione per il compagno che cuoceva le salamelle alle feste di partito e oggi è costretto a condividere il desco con Carlo Calenda, il più amato dagli industriali, ma non ancora il più amato dagli italiani.

Difficile che lo diventi. Non è Lorella Cuccarini e non pubblicizza cucine. Però buca il video e si fa ascoltare. Eloquio fluido, conoscitore del marketing, dei tempi e delle regole della comunicazione è impareggiabile venditore di stesso e di Azione, il suo prodotto, ma non rilascia certificato di garanzia, lacuna che potrebbe penalizzarlo. 

È identificato per il Churchill dei Parioli, definizione che pone un interrogativo: come può Calenda condividere il proprio programma con i vecchi e i nuovi Cipputi?

E infatti non lo condivide.  «Per ammissione dello stesso Letta – scrive Ada Ferrari - la coalizione che aspira al voto e alla fiducia degli italiani non si fonda su un programma comune. Consumeranno insieme la merenda sullo stesso prato ma ognuno arriverà col suo cestino» (vittorianozanolli.it, 5 agosto).

Cosa voti il 25 settembre? Che ne so? Non si capisce una mazza.

Non aiuta la legge elettorale. Favorisce le aggregazioni di ogni genere e trasforma le liste in arche di Noè.  Vengono imbarcati tutti i potenziali portatori di voti: leoni e gazzelle, asini e buoi, coccodrilli e ippopotami. Fuoriclasse e mezze calzette. 

Ma non è una novità. Francesco Guicciardini lo aveva già capito alcuni secoli fa. «O Franza o Spagna, purché se magna».

Nella coalizione di centrodestra Fratelli d’Italia, all’opposizione con il governo Draghi, sta in squadra con Lega e Forza d’Italia che, invece, lo hanno sostenuto.

Cosa voti il 25 settembre? Che ne so? Non si capisce una mazza.

A livello locale è il buio cosmico. È un tourbillon di ipotesi e d’illazioni. Di ballon d'essai. L’unico candidato dato per certo è Renato Ancorotti di Fratelli d’Italia. 

Dei parlamentari cremonesi e cremaschi uscenti, poco si sa sulla loro partecipazione alla contesa. 

Luciano Pizzetti e Silvana Comaroli, Danilo Toninelli sono i più noti. Gli altri un po meno.  Toninelli non si candiderà, Pizzetti chissà, Comaroli forse.

Claudia Gobbato emersa dal nulla è rimasta nel nulla.  Simone Bossi, è più noto per l’omonimia del cognome con il fondatore della Lega che per la sua attività politica. 

Poi c’è il tormentone di Stefania Bonaldi, che un giorno sì e l’altro pure è candidata. Lei, gazzosina alla menta, non si fa mancare niente per essere visibile. Se sono rose fioriranno.

L’attesa è breve. La presentazione dei simboli di lista è fissata dal 12 al 14 agosto.  Le liste con le candidature dovranno essere depositate dal 21 al 22 agosto.

Cosa voti il 25 settembre? Che ne so? Non si capisce una mazza.

Non resta che affidarsi a Mary Poppins e ingoiare il rospo: «Con un poco di zucchero la pillola va giù». Oppure pronunciare la parolina magica: «Supercalifragilistichespiralidoso anche se ti sembra che abbia un suono spaventoso se lo dici forte avrai un successo strepitoso».

Affidarsi a Mary Poppins non è quello che ci si aspetta dalla politica. Non votare sarebbe peggio.

Antonio Grassi


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