15 novembre 2022

Cremo, in arrivo un allenatore esperto. Ma anche uno chef di prestigio, se gli dai insalata e maionese, può farci ben poco

Con 7 punti raccolti in 15 partite la Cremonese affronta questo strano lungo letargo dovuto ai Mondiali in Qatar. Che una squadra costruita quasi ex novo necessitasse di tempo per trovare un amalgama era da mettere in preventivo, ma altrettanto certamente i tifosi speravano in un diverso approccio alla serie A. Tra l’altro le migliori prestazioni di squadra sono arrivate proprio nelle prime due partite, quando nonostante le sconfitte di Roma e Firenze la squadra aveva messo in mostra un gioco piacevole e organizzato. 

Il mercato estivo si è rivelato quanto mai complicato. Il problema più grande è stato cercare di confermare il maggior numero possibile dei giovani avuti in prestito dalle grandi squadre, ma è apparso subito chiaro che in qualche caso sarebbe stato impossibile. La spina dorsale della squadra promossa dalla serie B era costituita proprio da loro: Carnesecchi tra i pali, Okoli al centro della difesa, Sernicola terzino destro, Fagioli e Gaetano in mezzo al campo e Zanimacchia imprevedibile ala destra. Unica eccezione, Valeri, di proprietà ma anche lui giovanissimo. Paradossalmente, le grandi intuizioni di Braida e soci si stavano rivelando un handicap da superare. Infatti sul mercato i dirigenti grigiorossi hanno dovuto attendere le decisioni altrui sulle eventuali conferme dei prestiti, il che ha condizionato pesantemente le scelte da attuare. Acquisiti a titolo definitivo Sernicola e Zanimacchia rispettivamente da Sassuolo e Juventus, inutile si è rivelato il tentativo di confermare i prestiti di Carnesecchi e Okoli dall’Atalanta: il primo è rientrato in gennaio solo a causa di un grave infortunio che aveva stoppato la probabile cessione alla Lazio, il secondo, che ha avuto subito la fiducia di Gasperini, ha lasciato un vuoto in mezzo alla nostra difesa che non è stato colmato. Ma la speranza, sino all’ultimo secondo del mercato, era quella di trattenere almeno uno tra Fagioli e Gaetano, che avrebbe garantito quel fosforo al centrocampo che fa difetto alla squadra: di fatto non sono stati sostituiti.

La differenza più evidente rispetto alla squadra di Pecchia è proprio il valore tecnico del centrocampo: quello dello scorso anno è stato forse il più elevato della storia recente grigiorossa. Qualcuno può storcere il naso, ricordando i vari Bencina, Limpar, Maspero e Nicolini, ma un livello tecnico medio come quello garantito da Castagnetti, Gaetano e Fagioli in mezzo e Zanimacchia e Buonaiuto in appoggio all’attacco non è mai stato eguagliato. E la differenza con il centrocampo odierno è imbarazzante.

A quel punto la società, per evitare di ritrovarsi a fine anno nella stessa situazione, ha deciso di percorrere due strade: non ricorrere più a prestiti e confermare la fiducia ai giovani che tanto aveva reso. Una strategia condivisibile, che forse si rivelerà un investimento, ma che al momento non sta dando grandi frutti, tanto che l’apporto più significativo sta arrivando proprio dai confermati della promozione: Carnesecchi, Sernicola, Valeri (i due terzini sono molto cresciuti), Castagnetti e Buonaiuto. Zanimacchia ha sin qui deluso, ma è stato impiegato in un ruolo non suo: è stato chiesto a lui di sopperire alla carenza tecnica nel reparto cruciale, togliendolo dalla zona, la destra, in cui era più efficace.

Quanto all’attacco, se lo scorso anno non è stato il settore trascinante (nessuno aveva segnato più di 8 reti in 42 gare) le cose non sono migliorate quest’anno.

Di conseguenza, urge trovare rimedi in sede di mercato invernale. Tre sono i profili più urgenti: un centrale difensivo, un regista a centrocampo e una punta prolifica, magari dotati di una certa esperienza in categoria. Peccato, in chiave grigiorossa, per l’infortunio di McKennie a Lecce, quando Allegri ha dovuto inserire Fagioli (mai considerato in precedenza nonostante le gravi lacune della Juventus in fase di costruzione) che ha risposto da par suo: non è irreale pensare che in gennaio la Juventus avrebbe potuto dirottare di nuovo il centrocampista a Cremona.

Detto questo, cosa fare del mister? Alvini, al di là della indubbia simpatia e della passione infinita che ci mette, si è ritrovato tra le mani una squadra formata da giocatori che non si conoscevano e per di più faticavano a comprendersi anche per problemi di lingua, ma ha saputo da subito dare una fisionomia di gioco precisa e piacevole. È stato frenato soprattutto dalle gravi lacune offensive: 11 gol segnati in 15 partite con questa mole di gioco sono pochissimi, tenuto conto delle tante occasioni sviluppate. Ma anche in difesa ha dovuto correre ai ripari: esporsi nell’uno contro uno (come fa con profitto l’Atalanta) necessita di caratteristiche che i nostri non hanno, e infatti dopo le prime sconfitte ha dirottato su un approccio molto più cauto, che in effetti ha fruttato qualche risultato (7 pareggi in 10 gare), pagando salatamente i due harakiri negli scontri diretti contro Sampdoria ed Empoli. 

Un difetto che sin qui si può riconoscere ad Alvini è la scarsa reattività nelle sostituzioni, spesso ritardate rispetto alle necessità emerse sul campo: il caso emblematico contro la Sampdoria, quando la squadra stava soffrendo da alcuni minuti prima di subire il gol senza che intervenisse dalla panchina. L’impressione è che a volte il mister sia talmente immerso nel match da isolarsi mentalmente, tanto da apparire in stato di trance agonistica. Il coraggio non gli fa difetto, come dimostra il ritorno alla difesa a tre tanto criticata proprio nel match clou contro la Samp. A mancare è soprattutto la qualità, come confessato dal ds Giacchetta in questi giorni, e qui la responsabilità è soprattutto dei dirigenti. Ci sono poi situazioni non chiare, la prima delle quali è il ruolo effettivo di Ariedo Braida, il cui arrivo aveva dato in fretta frutti molto positivi in sede di mercato. E cosa dire della difesa a oltranza di Radu, “senza se e senza ma” in nome dell’empatia, poco prima di riprendere Carnesecchi, che era chiaro a tutti che una volta recuperato dall’infortunio avrebbe ripreso il posto da titolare tra i pali?

Se vogliamo cercare i lati positivi, stanno nel livello medio basso delle squadre concorrenti in lotta per la salvezza, nella possibilità di far fruttare la lunga pausa per far lievitare l’intesa tra i giocatori, e nella presenza in rosa di tanti giovani destinati comunque a crescere, avendo abbandonato la rincorsa a certi elefanti da ultimo contratto che hanno dato in passato solo dispiaceri. Nella peggiore delle ipotesi, ripartiremo dalla B senza dover rivoluzionare la squadra.

Quello che continua a mancare, nonostante gli sforzi organizzativi ed economici (il centro Arvedi è un gioiello) è un vivaio in grado di contribuire innestando giovani nella prima squadra: troppo evidente la differenza rispetto al ciclo vincente degli anni Ottanta-Novanta. Si pensi al ruolo di terzino sinistro: nella prima serie A si mise in luce Galvani, ceduto e subito rimpiazzato da Rizzardi, poi ceduto e sua volta sostituito da Pedroni, e poi Beppe Favalli, tutta gente cresciuta in via Persico in un decennio.

Cosa fare ora? La società sta valutando la possibile sostituzione del tecnico, ma non è detto che una tal mossa possa dare risultati apprezzabili, anche perché il gruppo sembra seguire Alvini. Ovvio che qualcuno, scomparso dai radar (leggi Baez), non sia soddisfatto, ma in un gruppo così ampio ci sta. Potrebbe arrivare un allenatore esperto, ma anche uno chef di prestigio, se gli dai insalata e maionese, può farci ben poco.

Vanni Raineri


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