Cremona è "museo di sé stessa". A proposito di pulizia, conservazione e restauro dei monumenti (ma non solo)
In margine alla denuncia del nefasto effetto sulle statue e sui monumenti della Città con grande puntualità l’argomento è già stato affrontato. Se la causa è individuabile nell’inquinamento provocato dalle polveri sottili, non meno colpevole è il disinteresse del Comune: l’incuria sta determinando la rovina di molte opere. Le istituzioni sono colpevoli perché un tempo, neppure tanti anni fa, si provvedeva alla loro pulizia. Oggi all’inquinamento e ai processi di ossidazione vanno aggiunte le scelte scellerate dell’uomo che sta rendendo inabitabile il suo habitat. In questo la nostra Città, come è ben noto, ha un posto di rilievo: il secondo d’Europa. L’evidente contrasto fra un approccio, un tempo attento, e l’attuale disinteresse è direttamente proporzionale all’avvenuto cambiamento in atto del degrado ambientale. La manutenzione, che comporta come primo atto l’eliminazione, anche attraverso un semplice getto d’acqua, di residui atmosferici nocivi è condizione primaria per il mantenimento in essere del patrimonio che costituisce il paesaggio urbano di Cremona.
Molto puntualmente chi ha commentato la notizia ha osservato che quanto accade, segnala anche la situazione sanitaria che noi cittadini stiamo vivendo. Forse non è un caso che certe patologia a Cremona e nel suo hinterland siano particolarmente diffuse. Uno studio epidemiologico, per altro già a suo tempo predisposto, ma che non ha avuto seguito, ben avrebbe evidenziato il nesso fra le condizioni della salute degli abitanti e l’inquinamento.
Non mi soffermo sull’argomento, ma osservo come il mal-essere dell’uomo, non a caso, corrisponda a quello della nostra Città. Si dirà che quest’anno si sta affrontando una siccità che è sotto gli occhi di chi vada a vedere il livello del Po. Penso però che la non curanza della Città da parte dell’Amministrazione sia altrettanto sotto gli occhi di tutti. Non si può addurre la scusa che si è ereditata una situazione pregressa. I fatti, testimoniati dalle fotografie di Giuseppe Muchetti e di Giuseppe Faliva, ben evidenziano che un tempo vi era ben altra cura. Nessun nostalgico riferimento, ma una constatazione: il disinteresse sta portando ad un manifesto degrado. Le croste nere, una volta formatesi, non vengono certo tolte da un lavaggio con l’acqua, ma richiedono interventi da parte di esperti restauratori che si debbono avvalere di taluni solventi, quando non risulta necessario l’uso di bisturi. Una sorta di lifting non riporta però allo stato ante. È falso lo slogan che il restauro restituisca un bene “all’antico splendore”. È falso perché l’invecchiamento è condizione intrinseca ad ogni cosa ed è falso perché chi interviene, per quanto possa adeguare il proprio intento a chi lo ha realizzato, vive una realtà culturale diversa. Come l’autenticità di un’opera è nella propria storia, analogamente la dimensione storico-culturale di chi ad essa pone mano è nell’attualità. Un intervento conservativo di restauro consente una potenziale leggibilità del manufatto e ritarda solo quell’invecchiamento cui si è fatto cenno: nulla e nessuno possono sospenderlo in quanto è figlio del tempo.
Non sappiamo come si comporterà l’Amministrazione. La questione “alberi” insegna. Ciò invece che non deve essere lasciato alle istituzioni è la determinazione dei cittadini di salvaguardare la Città. Solo la coscienza civica può indurre un comportamento adeguato di chi la sta governando.
Cremona è città storica, carica di memorie che ne definiscono l’identità e che, se tenute nella giusta considerazione, ne permettono uno sviluppo armonioso. Cremona è “museo di sé stessa”: è museo attivo e non un deposito di beni. I tradizionali musei servono solo per accogliere opere che hanno perso la loro storica dimora. L’habitat di un bene ne consente la leggibilità e la fruizione creando una condizione di condivisa “aura” determinata dalla reciprocità dei manufatti che lo costituiscono.
Una progettualità urbanistica non può che avere come “finalità” questa “premessa”. È un insulto per il cittadino che non si abbia cura per il “suo” patrimonio condiviso. Forse ritornare ad una vecchia abitudine, quale è quella di lavare le statue e gli altri beni esposti all’aria, può costituire un’attenzione a quel museo vitale che è la nostra Città.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
michele de crecchio
26 marzo 2022 23:11
Mio padre, esperto tisiologo, era convinto che la particolare frequenza delle malattie tumorali e polmonari fosse a Cremona favorito dal locale pessimo clima naturale, ben diverso da quello, assai più salubre, d'Abruzzo nel quale aveva avuto la fortuna di nascere e svilupparsi. Il suo collega ed amico Franz Cortese era invece propenso ad attribuire la particolare frequenza di tali malattie e, soprattutto, di quelle tumorali, al particolare abuso di insaccati che le tradizioni alimentari della parte più depressa della valle padana favorivano da tempi immemorabili. La recente terribile esperienza determinata dalla pandemia Covid e l'ulteriore, quasi contemporaneo peggiorarsi delle condizioni ambientali nelle quali i popoli padani sono costretti a vivere e a produrre, ormai statisticamente ed inequivocabilmente accertate, mi inducono a pensare che il timore di mio padre fosse il più prossimo alla triste verità delle pessime predisposizioni del nostro infelice territorio.