Cremona perde perchè non ha cultura di squadra
Cremona redige il piano energetico con tre partecipate. Lo chiama Memorandum of understanding, in italiano un protocollo d’intesa. Il lavoro, viene precisato, è frutto dello steering committee, in italiano un comitato direttivo.
Cremona ignora i comuni della provincia e la stessa amministrazione provinciale che, piaccia o meno, sono direttamente o indirettamente coinvolti nell’operazione.
Cremona si comporta da Marchese del Grillo e crede di stare nella Torre nera del Signore degli Anelli, ma l’aristocrazia è decaduta e la fortezza è una tenda da circo e dentro non c’è nessun leone. Probabilmente ci sono alcune volpi, che, però, ha detto un tizio che di politica se ne intendeva, prima o poi finiscono tutte in pellicceria.
Monta la protesta. Piovono i fuck you, in italiano vaffanculo, ma detto in inglese è più fine e più internazionale. Più adatto al memorandum of inderstanding e agli aristocratici con le pezze sul sedere. E’ risaputo, con scienziati e nobili è d’obbligo adeguarsi al loro stile.
Quella che pensavano fosse un’operazione da fenomeni, si rivela un intervento tafazziano.
I primi ad usare la clava sono trentotto sindaci del centrodestra. Diffondono un documento critico per il comportamento da ombelico del mondo del capoluogo provinciale. Segue una nota carogna degli irriducibili militanti della comunità socialista: pochi ma pepati. Piccoli, ma rompicoglioni. A ruota arriva la censura scritta del commando cremasco di Fratelli d’Italia, in sintonia con il partito cremonese, che invece, alza la voce.
La Lega si ricorda di Alberto da Giussano e sfodera lo spadone con la forma di un documento affilato quanto un coltello da norcino.
Nicola Marani, sindaco di Salvirola, ci mette il carico. Legna l’Area Omogena cremasca che non ha pronunciato una sillaba sulla questione (Crema News, 25 febbraio), ma è Maramaldo. Dopo la vicenda del forno crematorio di Spino, infierire contro questo organismo è sparare sulla croce rossa o picchiare un bambino.
Stefania Bonaldi, sindaco di Crema, durante la discussione sul bilancio riconosce che il coinvolgimento del Cremasco doveva essere preventivo e non avvenire a posteriori. (Il Nuovo Torrazzo 27 febbraio).
Ancora fresca di protocollo una mozione dei consiglieri comunali di Forza Italia, Polo civico, Lega di Crema. Chiedono alla sindaca di sollecitare il collega di Cremona di sospendere l’iter del Piano, di coinvolgere l’Area Omogena nella discussione, e di invitare il presidente della Provincia a convocare un Tavolo territoriale sull’argomento. Un compitino.
Il Piano energetico è l’ultimo dei tanti episodi sull’incapacità della politica locale di dialogare e trovare l’unità indispensabile per togliere il nostro territorio dalla marginalità in cui da anni si arrabatta.
Per eleggere il presidente della Provincia sono state necessarie due votazioni e quella valida ha registrato un’affluenza alle urne del 22, 30 per cento dei votanti, record al ribasso.
I cremaschi guardano a Milano, i casalaschi a Mantova.
Sull’autostrada Cremona-Mantova i pareri della politica sono contrastanti. Vanno d’accordo come le canne dell’organo.
Sull’Ats, 24 sindaci cremaschi chiedono la ridefinizione dei confini dell’Ats Valpadana. I cremonesi traccheggiano. Stanno fra ‘l gnàch e ‘l pitàch. Attendono gli eventi. Gli altri decidono e loro si accodano. Se protestano i buoi sono già scappati dalla stalla. E’ il reale problema della nostra provincia.
Mancano le capacità di imporre le scelte e la lucidità di prepararsi per sostenerle. Spesso si guarda il dito e non la luna. Alla programmazione, si predilige l’immediato. Pochi, maledetti e subito, fanno il paio con piuttosto di niente, piuttosto, ma è la strada maestra per la decadenza.
L’Associazione industriali ha messo su un piatto d’argento il Master plan 3c, Piano strategico per lo sviluppo della provincia di Cremona. Studio coi fiocchi e pietra angolare sulla quale costruire il futuro del nostro territorio, sono rimasti tali. La politica ha ringraziato. Si è complimentata per il lavoro, e sopra la pietra ci ha inchiodato il minimo sindacale per non inimicarsi gli industriali. Forse una baracca in sostituzione del grattacielo ipotizzato per il rilancio.
In provincia non ci sono leader. Non è stata formata una classe di dirigenti politici. E’ quasi assente la cultura della squadra. I generali, missili con le parole e i proclami, si rivelano bradipi sul campo. Pian putel è nel loro Dna.
Temono di sbagliare. Di perdere consenso. Ondivaghi e indecisi delegano le partecipate a tracciare la rotta.
Non siamo da buttare. Tutt’altro. Abbiamo dei fuoriclasse, ma da soli non vanno molto lontano. Oppure vanno distanti, ma il ritorno sul territorio è scarso. Possiamo inorgoglirci per l’astronauta che viaggia con l’Enterprise nello spazio intergalattico, ma sarebbe più utile per cremonesi, cremaschi e casalaschi che si spostasse con un fuoristrada per le strade del territorio. E’ un esempio. Ce ne sono altri.
Di fatto, nei piani alti contiamo poco o nulla e un Carlo Cottarelli al servizio di un ministro non modifica la situazione. Una rondine non fa primavera. Cambierebbe se fosse sindaco di Cremona.
Scovare un Draghi autoctono capace di affrontare i problemi del territorio e di unirlo per poi contare nelle sedi decisionali e il miglior augurio per la provincia di Cremona. Per ora, abbiamo un Draghetti. E’ consigliere comunale a Crema. E’ qualcosa. Ma non basta.
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