Crisi Ucraina: l’Europa si fa qui e ora o mai più
Quanto sta succedendo tra Russia e Ucraina, non può e non potrà rimanere un fatto circoscritto tra due nazioni confinanti: già prima dell’invasione militare russa, l’incrinarsi dei rapporti tra i due stati, non riguardava solo due nazioni ma rappresentava l’incontro-scontro di due mondi che hanno continuato ad accumulare tensioni e conflittualità latente dalla caduta del muro di Berlino e dal superamento delle ideologie del ‘900.
La gravità di quanto sta succedendo ci deve necessariamente far riflettere sulla necessità di un auspicabile rafforzamento dell’Unione Europea a 30 anni dal trattato di Maastricht che sancì la nascita dell’unione monetaria e della cittadinanza europea: la capacità di allargamento e inclusione dell’unione, necessita di un’ulteriore implementazione che porti ad una maggiore e più efficace capacità di inclusione, in funzione dei principi ispiratori originali fondati sul principio della sublimazione delle guerre grazie alla mediazione politica.
L’Europa è nata da un lavoro corale finalizzato al superamento dei conflitti e concretizzato dalla volontà politica basata sul riconoscimento delle diversità, siano esse culturali, di tradizioni religiose ed economiche, convertite dall’essere elementi divisivi e portatori di conflittualità ad occasione di alleanza e di crescita nell’ottica di uno sviluppo cooperativo democratico, grazie al quale promuovere un progressivo e costante, seppur cauto, allineamento degli standard di qualità della vita dei paesi membri: libertà di culto, di scelte politiche, di accesso all’istruzione e alla sanità nonché rispetto della libera facoltà di scelta del proprio orientamento sessuale.
E’ universalmente riconosciuto che nei paesi dell’Unione, la qualità della vita ed il livello dei diritti umani, è trai più alti del mond,, soprattutto se pensato rispetto alla capacità di favorire prosperità e sviluppo di organizzazioni pubbliche e private ma ancora di più nei confronti delle libertà individuali dei singoli cittadini.
E’ questo il motivo per cui questa situazione di crisi, preceduta dalla pesante crisi pandemica ma anche dall’altrettanta importante risposta politica che ha rilanciato lo spirito europeista, in barba a chi, qualche tempo prima, ne contestava l’utilità, l’importanza e l’efficacia, deve portare tutti gli stati dell’Unione a rivedere la politiche di condivisione e di sovranità per andare verso la costituzione di una sola forza di interdizione e interposizione militare, europea, che venga intesa come forza di pace invece che forza di guerra e che andrà necessariamente ad integrarsi e ad integrare l’azione di politiche di aiuto e di solidarietà verso tutte quelle che saranno le crisi che dovremo affrontare nel prossimo futuro, siamo esse dovute ai cambiamenti climatici oppure a crisi di natura politica. Questo dovrà necessariamente farci ripensare anche le strategie di approvvigionamento energetico oltre all’approvvigionamento di beni e materie prime, anche in funzione della condivisa necessità di prediligere la transizione ecologica.
Capiti i limiti dell’Unione e preso atto della necessità di rafforzarne l’azione politica nel contesto mondiale, è altrettanto importante prendere atto che la tempestiva e bellissima risposta di molti paesi europei, rispetto alla migrazione dei profughi del conflitto Ucraino, tra i quali soprattutto l’Italia, in termini di politiche dell’accoglienza, rappresenta un punto di “non ritorno”: non potranno più esistere profughi di serie “A” e profughi di serie “B” e chi arriva dall’interno del continente europeo deve essere accolto con le stesse politiche di integrazione e di inclusione rispetto a chi arriva dai mari sui quali si affaccia il nostro continente. Diversamente, l’Europa rischierebbe di non riuscire a reggere l’azione e l’influenza di crisi esterne ai propri confini: di fronte a fenomeni epocali, di scala mondiale, non possiamo più permetterci di guardare altrove e lasciare che i paesi più esposti dell’Unione, gestiscano, da soli, qualsiasi crisi si presenti ai propri confini. Governare direttamente i processi migratori così come crisi energetiche o dovute alla disponibilità a all’approvvigionamento di beni e materie prime, permetterebbe di giocare un ruolo di primissimo piano nelle dinamiche mondiali ed eviterebbe di subirne le pericolose conseguenze dirette ed indirette.
Decidere di rafforzare ulteriormente l’Unione contribuirebbe a rafforzare le basi sulle quali si poggia un benessere collettivo, diffuso di una democrazia robusta e moderna: il mantenimento della Pace necessita, “ormai”, un ruolo attivo e non più solo passivo.
Questo dovrà essere necessariamente oggetto di confronto non solo con i partiti di destra che, anche e soprattutto in Italia, in un recente passato, hanno provato a minare lo spirito europeista dei cittadini e delle sue istituzioni, ma soprattutto dovrà essere messa in campo un’azione finalizzata a coinvolgere, nel confronto, tutti i paesi dell’Unione, tanto più se non direttamente esposti alle crisi degli ultimi anni: nessuno potrà più essere lasciato da solo nell’affrontare ciò che si affaccerà su ciascuno dei confini del continente europeo.
Questa consapevolezza non solo ci permetterebbe di riparare gli errori commessi rispetto ai grandi sconvolgimenti passati, presenti e futuri a cui siamo stati e saremo esposti ma ci permetterà, finalmente, di “fare” quell’Europa” per com’era stata immaginata dai suoi “padri costituenti” che sapevano, per esperienza diretta, quali drammatiche conseguenze si accompagnano ad un conflitto mondiale: quella che abbiamo di fronte potrebbe essere l’ultima occasione che abbiamo per fare, dell’Europa, il continente delle democrazie più evolute ed estese che, a questo punto, bisogna avere il coraggio di mettere in pratica.
segretario provinciale
Partito Democratico di Cremona
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commenti
enzo
9 marzo 2022 10:32
Bravo comandante Soldo, ma chi è il novello Nino Bixio a cui indirizzi l'appello? Il prode Mario Draghi, o il tuo Guerini ministro lodigiano della Guerra di questo sgangherato governo?