2 settembre 2022

Da Cremona a Crema per comprare un bottone. Così hanno estinto la vivibilità cittadina

Ma sì, sarò volutamente provocatoria e affronterò la questione partendo dall’umile concretezza dell’infinitamente piccolo. Cosa di più piccolo di un bottone? Se una giacca ne perde uno si sa che, nell’impossibilità di trovarlo uguale, vanno cambiati tutti. Una seccatura agevolmente superabile fino all’altro ieri: uscivi, ti infilavi in una merceria e non avevi che l’imbarazzo della scelta.
Già, merceria: al solo sentirla, la parola intenerisce e se poi ti spingi a rammentare che corso Garibaldi nei suoi anni d’oro ospitava persino una leggendaria Casa del Bottone, ecco che la nostalgia diventa commozione. Ma che fare oggi, in una Cremona che pare aver elevato una muraglia di snobistica ostilità nei confronti di ogni merce utile ai piccoli e concreti bisogni della vita quotidiana? Senza uno straccio di soluzione a portata di mano, non resta che l’oracolo digitale che interpello con l’ansia dell’argonauta in procinto di affacciarsi sui misteri del vuoto cosmico. L’esito, indirizzandomi su Crema, mi lascia basita. Ne concludo che in una città di settantamila abitanti, a suo tempo vetrina di una prosperità commerciale perfettamente attrezzata per rispondere a qualunque esigenza, nell’anno di grazia 2022, per trovare un bottone sartoriale mi tocca andare a Crema.
A quali conclusioni conduca la parabola appare ovvio. Continuando di questo passo, Cremona fra pochi anni non avrà più un habitat adatto allo svolgimento della vita quotidiana. Il che in buona sostanza significa che, qualora l’oggetto del desiderio non sia un kebab o un cellulare asiatico, per tutto il resto o quasi, occorrerà mettersi al volante e raggiungere qualche orribile capannone commerciale della cintura extraurbana, rendendo per giunta un pessimo servizio alla già pessima qualità dell’aria. Sono dunque parecchie le criticità che si stanno intrecciando e proiettano poco rassicuranti ombre sul futuro cittadino. Non solo l’inerzia sconcertante con cui l’Amministrazione guarda alla situazione ambientale aggravandone il degrado e regolarmente scegliendo, nell’eterno aut aut fra salute e posti di lavoro, i peggiori ripieghi.
Non solo l’isolamento ferroviario che negli anni ci ha balcanizzati tagliandoci fuori dalle grandi direttrici strategiche, col danno che ne consegue per il mondo delle professioni vincolate a un certo tipo di mobilità. A tutto questo va aggiunto che, a giudicare dalle vetrine spente per sempre e dal commercio di vicinanza in via di estinzione, la vivibilità complessiva della città, ovviamente non misurabile solo coi numeri dei flussi turistici o della pur preziosa popolazione universitaria, è entrata in un ciclo di inarrestabile flessione.
A mali estremi, estremi rimedi: perché non dichiarare ‘specie protetta’ alcune categorie commerciali tuttora utili, allo scopo di impedirne la completa estinzione?
In compenso si moltiplicano a ritmo esponenziale improvvisati e scialbi punti vendita, bandierine piantate lì per qualche mese da questa o quella catena collegata a questa o a quella multinazionale. Il commercio ancora in grado di raccontare l’identità non solo economica ma storica e culturale della città si conta sulle dita di una sola mano. E si concentra nel ristretto quadrilatero della zona duomo, riserva indiana vegeta e tirata a lucido a beneficio dei turisti che ripartiranno convinti di aver visitato una mirabile città tuttora a misura d’uomo. Altrove impera il mordi e fuggi, erba infestante che ha messo in fuga il resto. Si poteva far meglio? Indubbiamente, sì. Si poteva e doveva fare meglio, evitando le saracinesche abbassate e la definitiva resa di nomi storici del commercio locale scientemente indotti al fallimento per la dissennata moltiplicazione di concessioni che ha stretto la città nell’assedio dei mega centri commerciali e del loro schiacciante potere concorrenziale. Logiche di irriflessiva e selvaggia liberalizzazione hanno prodotto chiusure, tramortito il centro storico e con lui mortificata l’anima stessa di Cremona.
Ma ecco che, di domanda in domanda, si parte da un bottone e si arriva alla questione cruciale: che significa oggi, nel concreto delle articolazioni operative e delle scelte programmatorie, governare una città? L’Amministrazione attualmente in carica esordì, come tutti ricordiamo, all’insegna della famosa ‘smart city’, che poi vuol dire città intelligente. Legittimo dunque interrogarsi sui concreti sottintesi di tanto ambiziosa qualifica. La prima evidenza è che per città intelligente si intendesse città digitalizzata. Il che va benissimo, è quella infatti l’infrastruttura essenziale per ogni dinamica di sviluppo e crescita, nonché capitolo centrale del famoso Pnrr. Ma se il fine della smart city non è solo un valore astratto bensì il tangibile miglioramento della nostra qualità di vita, si converrà che la presenza di un’infrastruttura è condizione necessaria ma tutt’altro che sufficiente. Ben altro occorre: la scintilla di un’idea, di un progetto di città, di un modello di sviluppo che, pur senza scivolare nel dirigismo, sappia guidare con polso fermo la leva dei mezzi e quella dei fini. Banali esempi presi di peso dall’esperienza quotidiana ci dicono fra l’altro che, almeno per ora, nel prodigioso mondo digitale non è tutt’oro quel che luce. Chiunque abbia a che fare con la pubblica amministrazione, con gestori di servizi e così via ha ormai ampiamente sperimentato che per semplificarci la vita ed evitarci il tradizionale calvario di chilometri di cartacce e certificati non basta la creazione di archivi digitali. Occorre anche il passo successivo: cioè che questi archivi possano e soprattutto vogliano dialogare fra loro. E, per prudente pietà, non m’inoltro nello spinoso sentiero. Viviamo, in effetti, una fase curiosamente asimmetrica e disarmonica. Le tecnologie procedono con passi da gigante mentre sempre più labile appare la capacità di chi governa di orientarle ad autentico vantaggio della collettività. L’intelligenza digitale procede. Langue invece l’intelligenza politica e con lei la capacità e il coraggio di ideare e programmare il futuro collettivo mantenendo un decente rapporto fra scelte di governo e bene comune. Tutto è affidato a una specie di spontaneismo di corto respiro che, impropriamente chiamato ‘mercato’, si è impossessato della cabina di regia un tempo occupata, con ben altra consapevolezza di ruolo e responsabilità strategica, dai titolari dei cosiddetti poteri pubblici . ‘Ce lo chiede il mercato’ è ormai la canzone del giorno. In suo nome si fanno affari, o presunti tali, si privatizza, si spacchetta, si svendono beni di famiglia, si cedono salvadanai che ci avevano fin qui garantito quote di autonomia, forza contrattuale e libertà.
 
E intanto, nel disinteresse dei più, il senso alto e forte della parola municipalismo diventa carta straccia. Anche questo ‘ce lo chiede il mercato’ ? Non saprei rispondere. Né vedo perché continuare a chiamare mercato quel che è, per lo più, banale arena di interessi speculativi.
Lo so, ero partita da un bottone. Ma in viaggio verso Crema come negare alla testa il suo passatempo preferito?
 
vittorianozanolli.it
Ada Ferrari


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commenti


michele de crecchio

2 settembre 2022 22:39

Parole sante e ben scritte, quasi emozionanti per chi come il sottoscritto era amico personale dei coniugi che gestivano "la casa del Bottone" e ricorda ancora la simpaticissima botteguccia di merceria gestita da Ermenegildo Gaiti, entrambe collocate a poca distanza l'una dell'altra, in corso Garibaldi, nei pressi della piazza antistante Sant'Agata. Una buona merceria dovrebbe essere ancora attiva, nello stesso corso Garibaldi, sull'angolo del Vicolo Buclerina, dove funzionava fino ad una ventina di anni orsono, la cartoleria Botti, condotta dai discendenti del primo sindaco socialista di Cremona.

Ada Ferrari

3 settembre 2022 11:44

Chiusa da qualche mese. Ma grazie delle gentili parole

R. Daguati

4 settembre 2022 06:45

Gentile Signora Ferrari condividendo assolutamente quanto da lei scritto direi di abituarci a considerare Cremona provincia di Crema!

Silvio

7 settembre 2022 09:34

Purtroppo abbiamo a che fare con imbecilli al comune di Cremona. che: ti rifilano una multa perche ho parcheggiato davanti casa il tempo di scaricare la spesa, poi il marciapiede sempre davanti casa e infestato dalle erbacce e pieno di buche pericolo caviglie riparare no ma dare la multa si???