4 marzo 2021

Dall'Iraq il grido dei cristiani perseguitati in tutto il mondo

Da venerdì 5 a lunedì 8 marzo papa Francesco ha percorso le strade della storia, antica e contemporanea. Il suo 33° viaggio apostolico in Iraq è sicuramente tra quelli più importanti del suo Pontificato, al pari di quelli compiuti nella Repubblica Centrafricana, in Egitto e negli Emirati Arabi Uniti. Bergoglio corona il sogno che fu di San Giovanni Paolo II: nel dicembre 1999 tutto era pronto, ma la guerra impedì questo toccante pellegrinaggio nella culla della civiltà, nella terra santa del patriarca Abramo, dei profeti Ezechiele e Giona, nella terra dove fu scritta parte della Bibbia e dove Israele soffrì l’esilio babilonese.

Questo viaggio, fortemente voluto dal Papa argentino e tanto sconsigliato dai suoi collaboratori sia per il pericolo di attentanti sia per le insidie legate alla pandemia, è stato accolto con grande entusiasmo da tutti gli iracheni, non solo cristiani. È da cinque anni che un capo di stato o una personalità di alto livello come il Santo Padre non mette piede in questa nazione: una terra martoriata prima dalla dittatura di Saddam Hussein e poi dalla violenza del Isis che continua a seminare inquietudine e paura. Questa visita rappresenta per l’Iraq un nuovo inizio nello scacchiere internazionale: se il viaggio si è svolto con tranquillità significa che il paese sta tornando alla normalità ed è sicuro per gli stranieri. Anche per gli investimenti.

Un motivo di questa trasferta papale tra il Tigri e l’Eufrate è continuare a tessere il dialogo con il variegato mondo islamico. Papa Francesco ha già lanciato un ponte ai sunniti incontrando Al-Tayyib, grande iman di Al-Azhar e massima autorità di quasi l’80% dei musulmani: con lui ha firmato il “Documento sulla fratellanza umana” il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi. Ora tocca agli Sciiti, il secondo polmone dell’Islam, minoritario ma assai vivace. A Najaf, città santa dove è sepolto Alì, il cugino e genero di Maometto, il Pontefice ha incontrato, nella grande moschea dove si dice siano sepolti anche Adamo, Eva e Noè, il grande ayatollah Al-Sistani, tra i più moderati leader musulmani. Per Francesco un punto di non ritorno è l’incontro tra religioni e il loro ruolo di messaggeri di pace e di fratellanza tra i popoli. 

Da non sottovalutare è il valore religioso di questo vero e proprio pellegrinaggio. Il Papa, sempre sabato 6, ha visitato la piana di Ur, dove ha anche partecipato ad un incontro interreligioso accanto alla grande ziggurat sumera. Ur è la città natale di Abramo, il padre della fede per ebrei, musulmani e cristiani: in questi luoghi il grande patriarca fu invitato da Dio a lasciare la propria terra e a diventare il capostipite di una posterità innumerevole, come la sabbia sulla spiaggia del mare o come le stelle del Cielo. Quest’uomo, non esente da peccati o infedeltà, rappresenta il modello del credente che si fida così tanto di Dio da abbandonare ogni proprio progetto personale e dar credito ad una promessa. Ur dei Caldei è dove tutto ebbe inizio.

Ma certamente tra gli aspetti più importanti c’è l’incontro del Pastore universale con una Chiesa martire come appunto quella irachena. Prima del 2003 i cristiani erano circa un milione e mezzo, oggi sono poco meno di 250.000 e per la maggior parte si tratta di anziani. I più giovani sono fuggiti trovando rifugio soprattutto in Francia e nel Nord America. Uno delle più antiche e fiorenti comunità del Medio Oriente si trova ridotta ai minimi termini dopo aver subito ogni tipo di angheria e violenza, dopo aver visto le proprie chiese profanate e vilipese, dopo aver dovuto lasciare le proprie case per vivere da disperati in campi profughi. A Qaraqosh, nel Kurdistan iracheno, dove la comunità ha ristrutturato la bella chiesa parrocchiale vandalizzata dai miliziani dell’Isis, il Pontefice ha pregato per le vittime della persecuzione religiosa ed ha benedetto la statua della Madonna a cui erano state mozzate la testa e le mani.

Il viaggio di Francesco serva anche a ricordare al mondo che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo. In una recentissima e autorevole ricerca si legge che da ottobre 2019 a settembre 2020 un cristiano su otto è stato perseguitato (oltre 340 milioni), gli uccisi per ragioni legate alla fede sono aumentati del 60% (4.761 nell’ultimo anno) e 309 milioni di fedeli cristiani hanno subito persecuzioni estreme.

Lo Stato più duro con i cristiani resta, dal 2002, la Corea del Nord, seguita dall’Afghanistan, dalla Somalia e dall’instabile Libia. Notissime le incursioni di Boko Haram nelle chiese della Nigeria e i rapimenti di giovani studentesse destinate a diventare spose dei miliziani islamici, così come il nazionalismo indù in India che rende la vita difficile ai discepoli di Cristo. Può sembrare strano ma anche in Europa la furia anticristiana sta cominciando a prendere piede con atti vandalici contro chiese e immagini sacre sempre più frequenti in Francia e Spagna. Crescono esponenzialmente anche le pubbliche derisioni di chi manifesta la propria fede: basta solo leggere i commenti violenti e incivili apparsi sui social network riguardo il segno della Croce che Amadeus ha tracciato su di sé prima di iniziare il Festival di Sanremo.

 

Claudio Rasoli


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