Dicembre, il mese delle rivoluzioni e degli archivi segreti
Per tutti noi dicembre è il mese della corsa ai regali, dei presepi muschiati sulle credenze di casa, delle migliaia di luci colorate che le nostre vie e piazze indossano eleganti e vanitose come se andassero alla Prima di un teatro.
Ma dicembre è anche il mese delle rivoluzioni: eh si, sembrerà strano, ma buona parte delle rivoluzioni moderne e contemporanee hanno avuto in dicembre il loro epilogo.
La prima è quella che proprio da dicembre prese il nome, quella dei Decabristi: 3.000 tra soldati borghesi e piccoli aristocratici, per lo più appartenenti alla Massoneria, che nel dicembre del 1825 tentarono di obbligare lo Zar Nicola I a rinunciare all’assolutismo in favore di un regime più liberale e industrializzato. Furono spazzati via dall’esercito zarista in poche ore, ma mal ne incolse ai Romanov, che se avessero dato retta ai Decabristi forse non avrebbero visto esplodere quella atomica deflagrante che fu l’Ottobre Rosso di cento anni dopo capeggiato da Lenin e dai suoi molto meno accomodanti Bolscevichi, e che della famiglia imperiale causò addirittura l’estinzione fisica.
Ma molte altre ne sono poi venute, e in gran parte proprio nell’Est europeo: la Rivoluzione di velluto di Vaclav Havel che nel dicembre del 1989 fece crollare il regime comunista della Cecoslovacchia; nel dicembre del 1981 in Polonia una giunta militare filosovietica capeggiata dal generale Jaruzelski prese il potere e impose una legge marziale, e proprio in dicembre ma 9 anni dopo Lech Walesa, l’operaio a capo del movimento sindacale di liberazione Solidarnosc, diviene Presidente della Repubblica: un’altra rivoluzione.
Del resto, la fine della stessa URSS è datata ufficialmente il 12 dicembre del 1991 , quando a Belaveza i capi di Russia Bielorussia e Ucraina dichiararono disciolta l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, e che fossero proprio quei tre stati oggi così ferocemente coinvolti in una nuova guerra è tutt’altro che imprevedibile...
Nel dicembre del 2004 la rivoluzione arancione in Ucraina portò al potere Viktor Juscenko, celeberrimo per essere stato sfigurato da un avvelenamento russo; e sempre in dicembre, ma un anno prima nel 2003, in Georgia al Rivoluzione delle rose fece cadere l’uomo dell’indipendenza dall’URSS, Shevadrnadze, e ne divenne presidente Saakashvili.
Coincidenze della Storia forse, ma che danno del mese di dicembre un punto di vista assai diverso. E ogni volta che esplode una rivoluzione e cade un regime, saltano fuori gli archivi segreti dello Stato e quelli privati dei Dittatori, che rivelano segreti crudeli e vizi affascinanti.
Di tutti questi, due in particolare sono interessanti, e riguardano due Dittatori anche loro caduti nel mese di dicembre: Todor Zikov, detto “Tato”, che fu padre padrone della Bulgaria comunista per 40 anni e che per sua fortuna se la cavò con gli arresti domiciliari, e Nicolae Ceausescu, che straziò il popolo rumeno oltre ogni immaginazione fino a quando fu sbrigativamente fucilato dai suoi stessi soldati proprio nel Natale del 1989, pochi giorni dopo la destituzione del vecchio “compare” Tato.
Questi archivi, emersi e resi pubblici oltre 20 anni dopo la caduta dei regimi, da un lato hanno risposto a domande che per tutti gli anni della guerra fredda avevano mitizzato il potere oscuro dei regimi socialisti, dall’altro ci hanno rivelato stili di vita grotteschi e contraddittori di questi spietati campioni del popolo.
Dei Bulgari e della loro spietatezza politica si è talmente detto, in senso negativo e in termini di totale abnegazione al servizio di quello che gli USA chiamarono l’Impero del Male, che “bulgaro” perfino in politica è divenuto sinonimo di asservimento acritico alla linea dispotica di un capo partito o addirittura di broglio elettorale manifestamente accettato. Questa mitologia fu in gran parte alimentata due fatti che passarono alla storia del delitto politico, facendo dei bulgari i più temibili e obbedienti sicari del blocco comunista: uno è l’assassinio a Londra nel 1978 del dissidente Georgi Markov, che fu freddato mentre passeggiava su un ponte da un freccia avvelenata sparatagli a breve distanza attraverso un ombrello sotto gli occhi increduli degli agenti segreti inglesi dell’MI5 che lo proteggevano: era il famigerato “ombrello bulgaro” uno dei tanti letali marchingegni che il temutissimo Servizio Sette aveva architettato per eliminare i nemici del regime in tutto il mondo: Danimarca, Germania Ovest, Turchia, Francia, Etiopia, Svezia e Svizzera. E perfino a Roma: nonostante sia stato smentito sia dalla Bulgaria che dal Vaticano, la convinzione che ad armare la mano di Ali Agca contro Giovanni Paolo II fossero stati proprio i bulgari non è mai tramontata. Gli archivi ci hanno oggi rivelato che in realtà quel famigerato “Servizio Sette” doveva il suo nome al semplice fatto che sette agenti bulgari del KDS particolarmente dotati furono addestrati dal KGB per divenire dei “bagnati”, cioè quei membri dei servizi che nella Guerra Fredda si occupavano di omicidi strategici (“bagnati” perché bagnati di sangue, ndr), dando poi il via ad una temutissima progenie in tutto il Blocco Orientale.
Gli archivi privati rumeni ci hanno invece rivelato dei lati grotteschi e perfino ridicoli, se non fossero state tragiche le conseguenze del suo governo, del megalomane Ceausescu e della sua terribile famiglia: migliaia di ore di cine riprese della loro vita privata mai mostrate al pubblico e che mettono in risalto lo sfarzo, tremendamente kitsch, in cui il Genio dei Carpazi e la sua cerchia vivevano mentre la Romania piombava nell’incubo della fame più nera. Mentre obbligava i rumeni ad avere almeno 5 figli per famiglia, onde traguardare il sogno balordo dei 30 milioni di abitanti, e regalava al suo Paese milioni di bocche che non avrebbe mai sfamato (e a cui avrebbe razionato tutto, luce, gas, cibo, abiti, fino allo stremo) vediamo un Nicolae in divisa bianca da marinaretto che sfreccia sul Danubio con il suo yacht a motore, circondato dai festosi bagordi dei suo lecchini.
Si vedono lui e la terribile moglie Elena, flagello dei rumeni, raccogliere mazzetti di fiori nelle loro tenute di campagna sotto ai filari di ciliegi in fiore, in atteggiamenti romantici imbarazzanti peggio degli innamoratini di Peynet, mentre nel resto del paese Il Danubio del Pensiero si improvvisava agronomo e imponeva di seminare il doppio negli stessi spazi per avere doppi raccolti, causando invece il soffocamento reciproco delle piante e la carestia più nera. Vengono perennemente filmati in infiniti festini dove si ingozzano senza tregua di selvaggina e alcolici mentre spacchettano una colossale sequela di regali che arricchiscono gli arredamenti delle loro decine di dimore stipate di orrendi oggetti d’oro e argento peggio dei sotterranei del Louvre, ma l’immagine che consegneranno per sempre alla memoria collettiva è quella di due vecchietti storditi e strattonati da dei soldati, e che urlano improperi mentre vengono fucilati contro un muraccio lurido di campagna, sempre in un freddo mese di dicembre.
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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