Dio comprende solo il linguaggio dell’amore
Perché Dio non ascolta le nostre richieste? Perché, pur pregando con intensità e insistenza, il Padre non viene in nostro soccorso? Sono domande che spesso germogliano nel nostro animo e che ci scaraventano in un gorgo di angoscia e di dubbio. Dal Signore vorremmo sempre una risposta e la vorremmo subito: siamo immersi nella società dell’immediato – il mondo digitale ci ha resi refrattaria ad ogni attesa – e quindi pretendiamo da Dio la risoluzione dei nostri problemi, l’esaudimento delle nostre richieste in modo repentino e definitivo. Ma, come ci insegna la Scrittura, i tempi del Cielo non sono i tempi della terra! E allora, come bambini capricciosi che non vengono esauditi dalla mamma, mettiamo il broncio reclamando da Dio la giusta soddisfazione. Dimentichiamo che la preghiera non è lo strumento per piegare il Signore alla nostra volontà, al contrario, è la strada da percorrere per accogliere e assimilare la sua volontà sulla nostra vita. Insomma io dovrei pregare non per insegnare a Dio come governare il mondo, ma per imparare ad obbedire alla sua Parola, per partecipare ai suoi stessi sentimenti!
C’è poi da tenere bene in mente quello che diceva mirabilmente il grande pastore e teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer: “Dio esaudisce sempre, non le nostre richieste, ma le sue promesse”. Non è raro, infatti, che i nostri desideri non siano sempre salutari per la nostra vita spirituale o che non siano in sintonia con il disegno di Dio. Anche perché noi spesso cerchiamo di fuggire dalla sofferenza, di evadere dalle prove, di evitare le situazioni difficili nelle quali dobbiamo giocarci in prima persona, eppure proprio queste situazioni sono indispensabili per maturare, per crescere nell’amore e nella fiducia in Dio. Una vita, una società senza dolore ha in sé qualcosa di terribile ed inumano.
Ci sono, però, altre ragioni per cui Dio non esaudisce le nostre preghiere? Sì, quando il nostro cuore è gonfio di odio, di risentimento, di egoismo! È impensabile che Dio ci ascolti se dentro di noi non coltiviamo la misericordia con chi ci offende, la generosità verso chi ha bisogno, l’attenzione al povero e al sofferente, la pazienza con chi la pensa diversamente da noi. Come possiamo, infatti, chiedere per noi ciò che non diamo agli altri? Se siamo infestati da pensieri cattivi e siamo costantemente ripiegati su di noi, la nostra preghiera come potrà arrivare al cuore di Dio? L’amore è l’unica strada che la preghiera può percorrere per giungere a Dio! Scrive sapientemente San Pietro Crisologo: “Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica”.
Sono pensieri che sono nati in me leggendo la prima lettura di questa tredicesima domenica ordinaria: protagonista è il profeta Eliseo che accolto amorevolmente da una donna sterile, intercede presso Dio affinché abbia un figlio. La generosità della donna, che tra l’altro nulla chiede per sé se non il privilegio di poter servire un uomo di Dio, colpisce nel profondo del cuore il profeta che così si fa tramite del miracolo della nascita di un bambino.
Dio ascolta la preghiera di chi sceglie sempre l’amore perché entrambi parlano la stessa lingua.
Anche il Vangelo, pur con accentuazioni diverse, sottolinea la stessa verità: “Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” oppure “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”. Gesù in questi detti, raccolti insieme da Matteo, rimarca che Dio apre i propri orecchi e il proprio cuore solo a chi è capace di parlare lo stesso linguaggio che è, appunto, il linguaggio dell’amore. E l’amore porta ad accettare sempre la croce che non è la sofferenza o il dolore fini a sé stessi, ma è la capacità di accettare il presente in cui si è immersi, con impegno e dedizione, anche se è caratterizzato da relazioni difficili, prove faticose, umiliazioni, fallimenti. Prendere su di sé la croce significa non fuggire dalla realtà rifugiandosi nella nostalgia del passato o nelle illusioni del futuro, vuol dire tenere i piedi ben piantati nelle situazioni in cui ci si trova senza vagheggiare altri luoghi o altri interlocutori: l’inferno non è fuori, ma dentro di noi! Potremo anche cambiare città, mariti o mogli, amici, lavoro… ma se non spegniamo i tizzoni di ribellione che ardono nel nostro cuore avremo sempre un inferno che ci aspetta!
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commenti
Giuseppina Fieschi
2 luglio 2023 16:12
Molto belle le tue riflessioni che dovrebbero far riflettere su come interpretare i vari accadimenti della vita che essi siano negativi o positivi. Grazie don
Pinuccia