Dio esaudisce sempre, non le nostre richieste ma le sue promesse!
Mi ha sempre fatto riflettere il modo con cui la tradizione monastica, ispirandosi a un passo della lettera agli Ebrei, definisca la preghiera corale: “sacrificium laudis”, il sacrificio della lode. Una persona comune, immersa nel mondo, immagina che monaci o monache, avendo fatto della vita contemplativa il perno dell’esistenza e la meta di ogni desiderio, preghino sempre con gioia, con trasporto, con entusiasmo… invece si scopre che anche per loro la preghiera è un “sacrificio”. So bene che ci sono interpretazioni e spiegazioni più appropriate, però a me piace pensare che anche ad una persona avvezza alla vita spirituale costi fatica immergersi in Dio. La preghiera è difficile, è davvero un “sacrificio”. Non ha nulla o quasi di spontaneo e naturale; l’emozione e il sentimento contano, ma non bastono; il trasporto interiore e la passione sono importanti, ma vanno inquadrati dentro un cammino rigoroso di ascesi, anche di regole e di orari. Un santo prete, parroco di Guastalla ai tempi in cui ero seminarista, ogni volta che andavo a confessarmi nel tempo estivo soleva ripetermi: “L’orario dell’alzata del mattino è fondamentale per la vita spirituale!”.
La preghiera è dunque un percorso impegnativo e arduo! Non si improvvisa, ma si impara giorno dopo giorno, aperti alla grazia, ma anche pronti all’impegno e alla lotta!
Essa anzitutto presuppone il silenzio, cosa che per l’uomo contemporaneo è inconcepibile: il rumore accompagna ogni istante della vita. Esso è rassicurante perché evita di farci pensare. Il silenzio, invece, mette a nudo la nostra coscienza, scava nell’intimo, fa emergere fantasmi del passato, paure, rimorsi… Ma non si può prescindere da esso perché la voce di Dio è tenue e leggera: per sua scelta si lascia soverchiare da altre voci più fatue, ma più potenti.
In secondo luogo: se si vuole pregare efficacemente, occorre raggiungere una sorta di unità interiore. È necessario raccogliere i pezzi di cuore frantumati dalla nostra vita distratta e frenetica… un lavoro da cesello, un’arte difficilissima.
È assai suggestiva l’immagine della preghiera come una grande lotta, un combattimento come quello che Giacobbe dovette affrontare, di notte, sul fiume Jabbok, con un misterioso personaggio che poi si rivelerà Dio stesso. Pregare significa combattere contro sé stessi, contro la noia che ci assale appena tracciamo il segno di croce sul nostro corpo, contro la distrazione che ci porta lontano, contro la nostalgia che ci incatena al passato e contro la programmazione di impegni e progetti che ci scaraventa nel futuro. Pregare è immergersi nel presente, accettarlo, viverlo fino in fondo.
La lotta, però, è anche contro Dio, o meglio contro una falsa immagine di Dio che ci siamo costruiti: un Dio “macchinetta del caffè” che quando si inserisce la monetina (la nostra preghiera) serve immediatamente la bevanda calda (la risoluzione dei problemi). E allora di fronte ai silenzi o ai rifiuti di Dio l’uomo si “incattivisce” e non di rado si allontana dalla fede! Il grande pastore protestante Dietrich Bonhoeffer, ucciso dai nazisti a Flossenburg, puntualizzava: “Dio esaudisce sempre, non le nostre richieste, ma le sue promesse”. E le sue promesse superano infinitamente le nostre richieste in grandezza e bellezza.
Il subdolo inganno nel quale siamo tutti immersi, infatti, è pensare che la preghiera serva a piegare Dio alla nostra volontà, al nostro sguardo corto e meschino. No, non è così: noi preghiamo per imparare a fare la volontà di Dio, per conformarci al suo disegno sulla nostra vita, anche se è duro, anche se non ci aggrada. La vogliamo smettere di presumere di saperne più di Dio? La vogliamo smettere di insegnargli come fare Dio?
Ecco perché la preghiera è un sacrificio, ma un sacrificio salutare. Quando è fatta bene, con il cuore e non solo con le labbra, porta benefici straordinari. E anche se Dio non ci ha esaudito, percepiamo qualcosa di più grande: quanto sapiente e foriera di bene è la sua volontà. L’ho dico sempre, ma è una cosa che ogni volta mi commuove e mi incoraggia: la testimonianza di fede di tanti malati pellegrini a Lourdes! Uno tra tanti mi disse una volta: “Sono venuto in questo luogo per chiedere la guarigione, ma dinanzi alla grotta ho percepito un così forte abbraccio di amore che ho dimenticato ogni mia richiesta per dire al Signore solo poche parole: sia fatta la tua volontà!”. Quando si è avvolti dalla grazia tutto diventa più bello e più facile. Le sue promesse sono davvero più grandi delle nostre richieste!
Gesù nel Vangelo di oggi ci sprona a pregare sempre, senza stancarsi! A intessere con Dio un dialogo quotidiano consapevoli che la preghiera nasce sempre dall’ascolto: essa è sempre una risposta ad una chiamata. Non siamo stati noi a cercare Dio, ma lui è venuto a stanarci nella nostra solitudine per mostrarci il suo volto colmo di bellezza e di armonia.
La preghiera è abbandono, è un salto… ma non nel buio, bensì tra le braccia rassicuranti e forti del Padre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti