13 luglio 2024

Don Achille, la scienza al servizio della fede e il sogno dell'ultimo libro sul Torrazzo

L'ultima volta a San Michele, qualche settimana fa, aveva fatto una enorme fatica a concludere la celebrazione della sua Messa festiva. Oggi qui nella sua chiesa le esequie con il vescovo e tra tanti sacerdoti e una folla di amici. Era l'ultimo saluto a don Achille Bonazzi, un amico e un punto di riferimento culturale per chi da oltre quarant'anni fa la professione di raccontare questa città e questo territorio. Don Achille l'ho conosciuto quando ancora ero all'Università. Dovevo sostenere l'esame di Biologia e uno studente mi raccontò che tra gli assistenti del professore c'era un cremonese, un giovane prete di San Giovanni in Croce. Il primo incontro con don Achille è stata in quella occasione, da allora siamo sempre stati amici. Il suo cammino universitario era impressionante: Laurea in Scienze Naturali, poi in Biologia e persino in Medicina e Chirugia, poi docente di Mineralogia e altro. Lui prete e uomo di scienza, io giornalista con un occhio particolare alla Cremona di ieri che don Achille amava farsi raccontare anche nei particolari per capire se dei nostri grandi del passato siamo adeguati posteri o solo svogliati eredi. 

Al telefono anche quando la malattia stava galoppando, cercava di rassicurare l'interlocutore. Tre mesi fa lo chiamai al telefono, parlava a fatica, stava facendo una chemioterapia. Volevo condividere con lui una scoperta che avevo appena fatto: da una vecchia cantina sono emerse 80 diapositive mai viste degli scavi archeologici del Torrazzo. Erano appartenute al professor Peter Farries, l'archeologo scozzese che aveva diretto gli scavi dentro alla grande torre nel 1979-80. 

“Davvero? - mi disse don Achille con un filo di voce – Stampami una copia di tutte, devo studiarle perchè voglio fare un libro sul Torrazzo, magari sarà l'ultimo".

La grande torre è stata sempre oggetto di studio e impegno da parte di don Achille. Il 17 marzo del 1989 era crollata la torre di Pavia e don Achille iniziò a preoccuparsi dello stato di salute della torre campanaria più alta d'Europa. Fece realizzare un sistema di monitoraggio per tenere sotto osservazione il Torrazzo. Poi, grazie all'impegno di Angelo Rescaglio in Senato, riuscì a portare a Cremona il più grande finanziamento statale mai arrivato per dei monumenti cittadini, quello per il restauro del Torrazzo conservato e riaperto esattamente dal 1° novembre 2003. 

Don Achille è stato l'indiscusso protagonista per un quarto di secolo del restauro del Duomo di Cremona. Solo con lui al fianco è stato possibile seguire passo passo il recupero pittorico e statico della "Cappella Sistina della Valpadana".  Don Achille ti portava sulle impalcature, ti spiegava perchè c'era salnitro sui colori, raccontava - attraverso l'esperienza universitaria nel settore della mineralogia e petrografia e con dati di laboratorio - la composizione dei materiali di sculture, dipinti e affreschi. E poi l'entusiasmo per la scelta di Arvedi del professor Colucci (quello che aveva restaurato la Cappella Sistina) per ridare alla città la chiesa di Santa Rita. La prima idea del Museo Diocesano. E poi seguirlo nelle visite alle tante chiese della diocesi che sognava di restaurare: da Fossacaprara a Sabbioneta, dalla chiesa cittadina di San Pietro a Pizzighettone. Ricordo ancora la commozione con cui mi raccontava la riscoperta e il restauro degli affreschi di Caruberto, indicandomi la straordinaria serie di Madonne sulle pareti realizzate da pittori pellegrini verso Roma. Auspicando che il santuario potesse tornare meta di pellegrini per una esperienza di autentica preghiera ma diversi secoli dopo.

Nel 2015 poi abbiamo lavorato fianco a fianco per la mostra "I magnifici intrecci" esponendo nelle sale del Museo del Violino il celebre ciclo di arazzi dedicato alle “Storie di Sansone” del Duomo di Cremona per studiarli, analizzarli e valorizzarli cercando possibili sponsor per un restauro. Aveva un entusiasmo travolgente ed era un lavoratore instancabile, capace di percorrere tutte le strade pur di raggiungere i suoi obiettivi. Certo non aveva un carattere facile ma verso chi gli stava vicino e gli voleva bene aveva attenzioni straordinarie: sapendo che soffrivo di vertigini, mi legò a lui con una corda per permettermi di salire sulla grande impalcatura della navata centrale della Cattedrale: "Mario, vieni con me e non guardare giù, non ti capiterà più di vedere a dieci centimetri queste meraviglie che il mondo ci invidia".

Era pronto a qualsiasi battaglia per amore di scienza e libertà. Preparò persino uno studio scientifico sui danni delle onde sonore sui monumenti nel bel mezzo della polemica sui concerti rock ad alto volume in piazza del Duomo: la fece avere al vescovo Nicolini, alla Soprintendenza e al Sindaco di allora. Disse un coraggioso "no" alla localizzazione dell'inceneritore e vent'anni fa realizzò un'intervista per la "Cronaca" dicendo che era tempo di smetterla di costruire a Cremona e lungo il Po senza criteri sismici perchè anche la Padania era diventata terra di terremoti (come hanno dimostrato, tra l'altro, i gravi danni alle chiese di Sabbioneta e Villa Pasquali).

Quarant'anni di stima e di amicizia che non si dimenticano, raccontati alla rinfusa perchè ti prende la commozione. 

Mario Silla


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commenti


Anna L. Maramotti Politi

14 luglio 2024 20:31

Si voglia scusare la mia irriverenza che può sembrare persino un segno di cinismo, ma ritengo che delle persone di cultura rimanga vivo solo qualche lacerto: qualche sparso frammento di un vago ricordo. Così, restano i nomi che servono da darsi alle vie, o al massimo per segnalare scoperte e studi. La storia della scienza è preziosa, ma è insufficiente. Il ricordo della persona, persino quello degli studiosi, rimane solo nel cuore di chi l'ha conosciuta, poi anche questo pian piano vien meno travolto dal tempo:. vanitas vanitatum!. Così un giorno, passando per una strada e leggendone il nome ci si chiederà "chi era costui?"
Ma c'è un modo concreto perchè la memoria di chi tanto si è adoperato per la scienza non venga affievolita: è "attivare la memoria" , quella memoria che non è semplicemente sinonimo di ricordo, ma che riprende i percorsi interrotti della ricerca e li trasforma in progetti di conoscenza e, me lo si consenta, di reverenza rispetto a chi ci ha preceduto. Noi siamo dei gnomi sulle spalle di giganti.
Ebbene, Don Achille avrebbe voluto che il Torrazzo riprendesse la dignità che "gli" compete. Da una parte i suoi studi scientifici, dall'altra le immagini fotografiche di Antonio Leoni chiedono prepotentemente che i cremonesi comprendano il valore culturale della loro torre. Attribuire al Torrazzo la dignità che "gli" spetta è compito prioritario di chi vuol mantenerne viva la memoria. Non serve il semplice ricordo di chi ad esso si è accostato dedicando tempo ed energie intellettuali. E' necessario essere consapevoli che senza quegli studi Cremona perde la sua identità. Il torrazzo è indubbiamente museo di se stesso, ma, affacciandosi e spaziando con la vista è anche museo della Città che vive un'interazione costante fra passato a presente, fra presente a futuro.
Il Torazzo non è un bene solo dei cremonesi, ma è patrimonio dell'umanità. I cremonesi ne sono eredi e pertanto responsabili. Gli studi di Don Bonazzi non debbono essere archiviati, ma qualcuno deve farsene carico. Nel momento in cui le ricerche sulla "torre in Cremona" saranno riprese il suo nome, il nome di Don Achille, forse sarà anche ignorato, ma sarà presente la sua scienza .