3 dicembre 2022

Salvaguardare la bellezza di Cremona, principio non negoziabile

L’incontro del Soprintendente dr. Gabriele Barucca con gli amministratori e la cittadinanza obbliga ad una seria riflessione circa l’identità di Cremona. Non si tratta semplicemente di esprimere un giudizio estetico, ma si tratta di recuperare il significato della storia come “valore non negoziabile”. 

Una tale affermazione potrebbe indurre a pensare che si faccia riferimento al paragrafo 4 della Nota dottrinale relativa al comportamento dei cattolici nella vita politica (Congregazione per la Dottrina della Fede, testo del 24 novembre del 2002). Così non è.  Non si disconosce certo il Magistero della Chiesa, ma, in quanto tale, il rispetto e l’attenzione a quanto viene asserito nel testo è prevalentemente oggetto di attenzione per i credenti. 

Il riferimento però ai principi non negoziabili non va ristretto solo ai valori analizzati nel documento: l’attenzione all’uomo comporta la salvaguardia della cultura e della sua storia. Non dimentichiamo che l’uomo è animale politico e animale simbolico, che lascia traccia di sé nella storia in cui egli stesso è inserito. Ma perché ciò avvenga è necessaria la salvaguardia della memoria culturale.  

Nell’Illuminismo francese vengono individuati i fondamenti della vita sociale e politica. Chi non ricorda il motto Liberté, Égalité, Fraternité. Si trattava di esplicitare quei valori che sono riferibili alla natura umana in quanto tale. Nel clima della Rivoluzione francese veniva però messa completamente in disparte la storia in quanto testimonianza di un passato che si voleva rimuovere. 

Toccherà ad un illuminista italiano riprendere in sede teoretica il tema della cultura, resa a noi coeva dalla memoria storica che si costituisce come valore irrinunciabile. Si tratta di Domenico Romagnosi alla cui scuola si formerà Carlo Cattaneo. La cultura è la dimensione che caratterizza l’umanità, ma questa è veicolata dalla storia e perderne le tracce è tradire l’identità dell’uomo. La memoria non è il semplice ricordo, ma è presenza su cui si elabora il futuro. Non a caso dell’argomento si è interessato uno dei più importanti studiosi della psicologia-sociale del secolo scorso: Gordon Willard Allport. Tutti noi siamo nati in contesto socio-culturale specifico. Le memorie storiche sono inalienabili perché il perderle comporterebbe l’oblio della nostra stessa identità. 

Si voglia scusare questa lunga premessa, ma si è resa necessaria perché l’attenzione all’identità del centro storico è a salvaguardia della nostra identità di cittadini e pretestuose, quanto false, giustificazioni per interventi distruttivi non vanno solo denunciate, ma fermate con l’autorevolezza e l’autorità dell’organo preposto: la Soprintendenza. 

Certamente la collaborazione è fondamentale, ma è necessario confrontarsi dialogando. Il dialogo è possibile solo se si possiedono riferimenti etici e culturali comuni. 

Se la storia non docet, almeno le competenze tecniche sopperiscano. Si tratta infatti di esprimere giudizi negativi a scelte come il cappotto o il fotovoltaico in centro storico che, come dovrebbe essere ben noto agli amministratori, incrementano lo spreco energetico. La transizione green è questione seria e non può essere falsamente individuata in opposizione all’identità storica della nostra Città.  È forse transizione green il taglio indiscriminato degli alberi o una piantumazioni non congrua al nostro territorio? L’inquinamento non è certo limitato da pianticelle abbandonate alla clemenza del tempo, ma da alberi che vanno correttamente curati e non abbattuti La realizzazione di piste ciclabili è progetto urbanistico e non un tracciato incongruo che troppe volte si è rivelato pericoloso. 

È plausibile offendere i tetti della Città con impianti che poco a nulla servono mentre di per sé sono inquinanti (si pensi allo smaltimento dei pannelli fotovoltaici per non ricordare seri incidenti già occorsi)? Vogliamo proprio annientare Cremona? L’articolo dell’indimenticabile Antonio Leoni induce a riflettere. Si deve constatare che quanto detto dal Soprintendente Gabriele Barucca non è solo d’attualità, ma “i tetti rossi” identificano un carattere unico ed irripetibile della nostra Città. Antonio ben conosceva il paesaggio urbano di Cremona. La sua visione dal Torrazzo è memorabile, ma le sue fotografie costituiscono non solo memoria documentaria: sono il segno profondo della sua arte che ben dimostra la specificità della nostra Città. Antonio ha realizzato opere memorabili perché ha osservato l’ambiente.  

Sembra d’obbligo quindi ritornare alle considerazioni del Soprintendente quando fa riferimento alla “bellezza”. Se il giudizio estetico è per la logica “giudizio particolare”, tale non lo è per la cultura. È la ricerca della bellezza a sollecitare il connubio fra funzionalità ed arte.  La città è (più correttamente è stata!) segno concreto della capacità dell’uomo di realizzare l’arte dell’abitare: l’architettura.

Non è certo retorica la domanda di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: Quale bellezza salverà il mondo? La conservazione del patrimonio urbano, del suo paesaggio, dell’ambiente è condizione necessaria per la salvaguardia dell’identità della nostra Città il cui sviluppo, per essere tale, deve essere armonioso con l’esistente. 

Anna Maramotti Politi


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commenti


Marco

5 dicembre 2022 08:57

Condivido pienamente le riflessioni dell’arch. Maramotti. Il concetto di “green” è ormai stato trasposto solamente sul piano ideologico e ben si accompagna a quella cancel culture che sta minando l’identità dell’Occidente. Per capire chi vogliamo essere in futuro dobbiamo avere ben presente chi siamo e chi siamo stati. La furia iconoclasta che si sta abbattendo sulla nostra storia porterà solamente ad avere una società impoverita, manovrabile e senza direzione. Mala tempora currunt…