4 giugno 2023

E tu, quanto sei disposto a soffrire?

Qualche anno fa mi sono imbattuto in un bellissimo film di Sean Penn dal titolo “Into the wild – Nelle terre selvagge” del 2007: è la storia vera di Christopher McCandless, giovane americano che subito dopo la laurea abbandona la famiglia e intraprende un lungo viaggio di due anni attraverso gli Stati Uniti, fino a raggiungere le terre sconfinate e selvagge dell'Alaska. Lo spinge un forte desiderio di libertà, lui così intollerante ad ogni influenza e regola sociale! Un giorno Chris, divorato dalla fame, mangia i velenosi frutti di una pianta selvatica erroneamente scambiati per commestibili, che gli causeranno, dopo pochi giorni, la morte. Durante la lunga agonia, in cui non riesce a cercare aiuto, essendo completamente isolato, scrive su uno dei libri che era solito leggere “Happiness is only real when shared”: la felicità è autentica solo se condivisa. Nel momento estremo, cruciale, egli si accorge di aver seguito un sogno sbagliato!

È una mera illusione pensare di poter vivere sganciati da tutti e da tutto: in noi c’è un innato bisogno di relazioni, anzi noi siamo esseri-in-relazione. Chris ha creduto di trovare la piena realizzazione di sé rifiutando ogni contatto umano, ripudiando la sfida del rapporto con gli altri, della relazione con un mondo che a volte può ingabbiare, illudere, influenzare, ma che spesso permette di scoprire insperate energie di bene e di vita nascoste nel profondo del cuore.

Ciò che ci rende felici ciò, che ci realizza e ci appaga è la tensione continua ad andare verso l’altro, a creare legami, relazioni, a immergerci in una comunione autentica dove ci si sente accolti, valorizzati, amati. D’altra parte è nell’incontro con l’altro che io riesco a capire chi sono, cosa cerco, cosa mi muove: il senso profondo della vita! La Genesi descrive mirabilmente l’insoddisfazione di Adamo solo nel paradiso terrestre: c’è un tassello mancante fondamentale in quel luogo ricco di frutti e di bellezza! Solo quando Dio crea la donna, cioè un interlocutore con la stessa dignità di Adamo, che può stargli di fronte e guardarlo negli occhi, allora, in quel momento, Adamo si sente davvero compiuto. In Eva Adamo scruta sé stesso e si misura con sé stesso!

E questo perché? Perché siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, di un Dio, però, che non è solo, ma che è “comunione”. La Santissima Trinità, lungi dall’essere un astratto teorema, un dogma decifrabile solo da teologi esperti, una formula creata a tavolino da chissà quale mente contorta, è, “semplicemente”, un altro modo per dire che Dio è amore! È per amore che il Padre genera continuamente il Figlio, è per amore che il Figlio volge continuamente il suo sguardo al Padre, è solo per amore che lo Spirito, che è l’essenza dell’amore divino, straripa da quella comunione celeste per raggiungere ogni uomo e per rinnovarlo.

E questo “marchio di fabbrica” è, allo stesso tempo, “maledizione” e “benedizione” per l’uomo. È “maledizione” perché ogni volta che scegliamo di ripiegarci su noi stessi, di chiuderci agli altri, di scegliere l’egoismo e il rancore, di abbandonarci alla finzione e alla menzogna, di preferire la solitudine alla relazione, non facciamo altro che ribellarci alla nostra natura più intima, di contraddirci e di creare quindi un disagio profondo in noi stessi il quale, inevitabilmente, sfocia nell’infelicità, nell’irrequietezza, nella ricerca continua di un qualcosa in più che mai troveremo! Il peccato, in fondo, è già una condanna perché non fa altro che menomare la nostra umanità che, al contrario, è pienamente sé stessa, cioè benedetta, solo quando si apre a Dio e al prossimo, quando sceglie di donare piuttosto che depredare, di offrire piuttosto che prendere, di perdonare invece di vendicarsi, di esaltare il bene invece di rimarcare sempre e solo il male.

Siamo fatti per amare e ritroviamo noi stessi solo nell’amore! Non in quello che ci consegna il “mondo” che è solo “ricerca di sé stessi e del proprio benessere” bensì quello che ci insegna Cristo dall’alto della Croce, ricapitolazione sublime e magnifica di una vita tutta donata all’uomo senza nulla chiedere in cambio. L’amore è una scuola rigorosa dove si impara a morire a quella parte di sé che reclama continuamente il proprio tornaconto, il proprio godimento, la propria ricompensa! L’amore richiede sacrificio, una vera e propria disciplina interiore, l’unione profonda di ragione, sentimento, volontà, progettualità, ma anche l’accettazione di essere vulnerabile, la capacità di fronteggiare il dolore. 

Se davvero vuoi amare, sei disposto a misurarti con la sofferenza?

Dio nel momento in cui ha deciso di amare l’uomo ha accettato anche di soffrire: può sembrare una eresia, ma è così! Lo scriveva mirabilmente San Giovanni Paolo II nell’enciclica Dominum ed vivificantem del 1986: “Nella umanità di Gesù Redentore si invera la ‘sofferenza” di Dio’”. 

E tu quanto sei disposto a soffrire?

 

 

Claudio Rasoli


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