Una caratteristica significativa del nostro centro storico (realizzato in tempi lontani nei quali Cremona era molto più importante di oggi) è quella di essere molto vasto (in effetti è il secondo, per dimensioni, in Lombardia, dopo quello di Milano, città che, peraltro, il suo lo ha praticamente distrutto da tempo). Questa prerogativa gli ha consentito di ospitare, in passato, una quantità incredibile di funzioni ben integrate tra di loro, prerogativa che è tipica di molti altri centri storici ma che, nel caso di Cremona, è stata sempre particolarmente evidente, come, peraltro, continua fortunatamente ancora in misura significativa, ad essere.
Facendovi infatti una banale passeggiata, oltre a "fare ginnastica", si può non solo (nel caso dei fortunati ivi residenti ed occupati) compiere il tragitto tra casa e lavoro, ma anche (e non solo chi vi abita) godere di un paesaggio urbano spesso straordinario, fare acquisti, garantirsi le prestazioni di artigiani e professionisti, sbrigare pratiche in uffici pubblici e privati, entrare in chiese meravigliose, studiare ed insegnare a molteplici livelli, socializzare ecc.: godere, insomma, di una miscela di opportunità che i moderni "centri commerciali" solo in parte riescono a scimmiottare.
La straordinaria polifunzionalità della città storica è però, purtroppo, oggi messa in pericolo dal proliferare di iniziative private (e talvolta persino pubbliche, purtroppo) che tendono a "delocalizzare" soprattutto le attività commerciali (fenomeno che a Cremona ha assunto negli ultimi anni dimensioni macroscopiche) e anche attività di terziario pubblico (fenomeno che, per fortuna, sino ad ora, è stato nella nostra città abbastanza contenuto)..
Si sta, in buona sostanza, realizzando (o sciaguratamente tentando di realizzare) quel modello di urbanizzazione a forma di focaccia "bussolano" (vuota al centro e ricca sul contorno) con la quale immagine l'ottimo Antonio Bergonzi, che tanto aveva fatto per la difesa urbanistica di Cremona, amaramente amava sintetizzare, poco prima di congedarsi definitivamente , (correva l'anno 2011), il temuto avvenire funzionale della sua amata città. Strappando al nostro centro storico gran parte delle sue tradizionali attività commerciali se ne spegne la principale ragione per la quale esso è sorto e prosperato. Le allegre vetrine dei negozi si trasformeranno in tristi serramenti di autorimesse e il centro cittadino così "desertificato" assomiglierà sempre di più ad un quartiere di periferia, certo sempre molto più bello, ma altrettanto pericoloso da frequentare, soprattutto in certi orari.
Molto meglio si faceva, a mio parere, in passato quando i supermercati venivano autorizzati dal Comune di Cremona con maggiore prudenza, praticamente solo nei quartieri che di tale tipo di presenze commerciali erano ancora privi, quando venne respinta la proposta di spostare all'ex Foro Boario il tradizionale mercato bisettimanale degli ambulanti e quando si decise di consolidare in pieno centro storico funzioni di terziario pubblico di pregio come il Tribunale e l'Ufficio Tecnico Comunale.
Purtroppo, da vent'anni ormai, tali buone pratiche sembrano abbandonate (pare che persino che l'Ufficio Tecnico Comunale debba lasciare la prestigiosa sede di Santa Maria della Pietà per essere confinato nella vecchia e modestissima sede AEM!). Per fortuna sono andate in direzione diversa le iniziative delle Fondazione Cremona (palazzo Fodri), della Fondazione Stauffer (palazzo Stradiotti) e della Fondazione Arvedi-Buschini (palazzo dell'Arte ed ex Caserma Goito).
Lusingata dal "piatto di lenticchie", di biblica memoria, rappresentato dai contributi che vengono versati all'atto del rilascio dei relativi permessi edilizi, l'Amministrazione Comunale continua nel frattempo a consentire, nella periferia della città, anche su terreni che sarebbe stato certamente molto meglio conservare a verde, la costruzione di nuovi insediamenti commerciali, realizza rotatorie anche dove in passato erano state ritenute inopportune e progetta persino strade al servizio di ulteriori insediamenti commerciali neppure ancora previsti dal vigente strumento urbanistico comunale.
Non si sostenga che tale dilagare di nuovi insediamenti commerciali è dovuto a leggi superiori che ne avrebbero imposto la completa liberalizzazione. La gestione effettiva delle trasformazioni del territorio è ancora infatti saldamente in mano agli enti locali (Provincia e, soprattutto, Comuni) che proprio nella definizione (e anche nella correzione, ove opportuno) degli strumenti urbanistici hanno la loro responsabilità amministrativa più importante e per le conseguenze edilizia ed urbanistiche dei quali saranno soprattutto giudicati dalle future generazioni.
Non si sostenga neppure che queste sgradevoli vicende sono dovute al presunto fallimento della disciplina urbanistica che non avrebbe saputo prevedere e risolvere per tempo il problema dei troppi nuovi insediamenti commerciali. A mio convinto parere, gli attuali evidenti disagi, sono piuttosto dovuti alla troppo scarsa considerazione che, di tale disciplina, non poche amministrazioni locali, tra le quali purtroppo anche Cremona, stanno dimostrando di avere avuto.
commenti
Pier Luigi rizzi
10 maggio 2021 11:16
corretto intervento dell Architetto De Crecchio che dice cose saggie ...ma la politica che fa?
non ascolta?
Patrizia
10 maggio 2021 12:45
Vorrei stringere la mano all'Arch. De Crecchio. Grazie. Ha detto tutto.
Danito
10 maggio 2021 13:11
La "ciambella" riguarda anche la migrazione verso i Comuni periferici di una consistente parte di residenti cremonesi che se ne sono andati nelle villettopoli dello sprawl che tanto territorio ha consumato ma, ruotando ancora su Cremona sia per studio che per lavoro e uso dei servizi, hanno in un certo qual modo alleggerito le entrate comunali. Con in più un non semplice problema di mobilità privata che pesa anche come inquinamento ambientale sulla zona urbana. Così il "buco" centrale è sempre più nero. Bisogna ripensare ad un riequilibrio territoriale.
Adolfo Pinoni
11 maggio 2021 07:02
"Nemo propheta in patria", parole sacrosante, ma completamente ignorate da amministratori comunali di scarse vedute.
Michele de Crecchio
11 maggio 2021 09:34
"Gutta cavat lapidem, non vi, sed saepe cadendo!" mi pare si dicesse un tempo.
Agostino Melega
12 maggio 2021 18:54
Ho nostalgia dei tempi nei quali i cervelli e le gambe e le mani si muovevano in sincrono sulla grande nave chiamata Cremona, avente quale albero maestro il Torrazzo e nel cuore la speranza di rendere la città sempre più bella, accogliente e vitale. Tempi nei quali la scienza dell'urbanistica era vista come uno strumento di crescita civile collettiva, come una risorsa alla quale attingere e sognare.
Paolo
13 maggio 2021 07:47
Innanzitutto complimenti per il post che spiega in modo esaustivo e completo questa situazione di decentramento delle attivita commerciali dal centro storico.Vorrei aggiungere che questa situazione è dettata non da una casualità, ma una precisa e individuabile volontà politica.Ribadisco non è un problema solo cremonese,vorrei aggiungere che questo "accanimento" non riguarda solo le attività commerciali ma anche i residenti ,che come tali,nel centro storico sono "condannati",a pagare per ogni singolo servizio,vedi la mobilità nella ZTL,oppure per i posti auto.Di fatto forse perché abitando nel cento storico sono "più ricchi degli altri" cosa tutta da dimostrare.Mi ripeto,c'è una precisa e provata volontà di infierire su chi a vario titolo risiede nel centro storico ,in ogni caso,sono penalizzati rispetto agli altri.
Anna Maramotti
14 maggio 2021 07:40
Condivido pienamente. Constato anche come molte voci si siano levate ad evidenziare la situazione "disastrosa" di Cremona. Sono convinta che quanto ha richiamato Adolfo Pinoni sia il punto di forza di chi non rimane solo a guardare. Mi chiedo però, come confrontarci con la politica. Non si dimentichi che le scelte degli amministratori sono supportate da norme nazionali. Per questo io ho ritenuto opportuno riprendere il tema del cappotto e del fotovoltaico. Dobbiamo incidere su aspetti concreti e creare una consapevolezza critica che riesca a superare norme, leggi e decreti. I Cremonesi, più di una volta, nella storia hanno dimostrato di non essere passivi.