Ex Snum. Fare un recipiente, non è architettura
Solo per fare un esempio: area ex Snum. I lavori intrapresi non sono certo in assonanza con l’identità del luogo. Le mura della Città non sembrano essere tenute in giusta considerazione: cumuli di terra le sovrastano. Quanto s’intravvede del cantiere non è certo edificante. La memoria va a Ferrara, a Lucca, a Mantova. Si dirà che si tratta di storie diverse, ma ciò non ci esime dall’essere viglianti, anzi! Il paesaggio urbano sta subendo l’ennesimo oltraggio.
Ciò detto, è solo un’opinione personale: una fra le tante. Ma se si oltrepassa la percezione, che per taluni potrebbe essere anche gradevole: de gustibus!, si assiste oggettivamente ad una totale trascuratezza nei confronti della Città. Le mura che avrebbero dovute essere salvate per creare le condizioni di uno sviluppo urbano armonico sono coperte da cumuli di terra. È vanificato il lavoro seguito con tanta puntualità dalla Soprintendenza? Sgarbo alla Città: delenda Cartago!; o non piuttosto totale avversione alla questione, che dovrebbe essere cara a chi opera nel settore dell’architettura e dell’urbanistica: la cura dei luoghi?
Ci si chiede quindi cosa caratterizzi l’architettura contemporanea?
Si parla di “rigenerazione urbana”, invero quello cui si assiste è un continuo scadimento. L’incapacità di connettere il passato al presente è sempre più evidente ed è segno di mancanza di quella cultura basilare che si nutre di tradizione. Salvaguardare il passato non significa certamente imitarlo pedissequamente. Nulla sarebbe più antistorico e, mi si permetta di dirlo, il risultato sarebbe comparabile ad una farsa. Ma l’intento che ci si deve prefiggere è quello d’essere “coevi” agli stimoli che caratterizzano il presente e soprattutto di questi averne consapevolezza.
L’architettura contemporanea non chiede d’essere un segno avulso dal contesto finalizzato solo a stupire il fruitore. L’architettura contemporanea ha come referente la sostenibilità. L’armonia col territorio pretende principalmente che le strutture architettoniche siano congrue alle concrete esigenze dei cittadini.
La viabilità è condizione necessaria rendere il luogo abitabile. Non si tratta d’essere ambientalisti: si tratta solo d’evitare scelte insane che congestionano il traffico.
Mentre le periferie diventano sempre più funzionali alla realizzazione di supermercati, il centro storico si spopola. Poco o nulla valgono le buone intenzioni sociopolitiche di porre attenzione alla collettività. Un centro storico privo di vita è un ghetto. Un’urbanistica attenta alla presenza di una popolazione eterogenea, ma in definitiva impotente rispetto ad un ambiente che non offre vivibilità, non è una scelta urbanisticamente sostenibile. Il sociale va primariamente stimolato con progetti che coinvolgano le persone. Queste divengono protagoniste solo se si è attenti ai loro interessi. Non si tratta d’individuare stimoli latenti nella popolazione, ma d’incanalarli come occasioni di cultura aderente ai “bisogni” che fanno insorgere le “funzioni”.
Una tale scelta oggi sarebbe solo parziale se, al contempo, non si ponesse attenzione a quegli “archetipi” che l’ecologia integrale individua.
In un tale contesto diviene ancor più necessario essere cauti nel proporre soluzioni dispendiose quanto dannose e funzionali solo al business.
Penso che il fotovoltaico sia un’opportunità se viene collocato in ambienti e luoghi idonei. Pertanto, fuori dal centro storico a dalle zone limitrofe. Altrettanto dicasi del “cappotto” che non è certo una soluzione visto i danni prodotti in un medio e breve tempo. Penso alla testimonianza del liberty che costituisce l’anello prossimo al centro. Una memoria importante perché testimonia il passaggio socio- economico della Città, ma soprattutto testimonia come uno stile abbia mille volti: tutti quelli ideati dai progettisti. La ricchezza progettuale non può lasciare il posto a volumi come quelli dei supermercati o della logistica. Altrettanto è un’aberrazione svilire le cascine del loro contesto: quello dei campi. Mettere in prossimità impianti, che già nella stessa Europa si sono dimostrati inadeguati e incongrui, sembra, per lo meno, un azzardo. Facciamo tesoro almeno delle esperienze degli altri paesi.
L’architettura è tecnica, ma primariamente è arte. Veniamo quindi al problema che più di altri determina urbanisticamente l’incoerenza che non consente uno sviluppo armonioso della Città. Si tratta del Piano di Governo del Territorio che è uno strumento inadeguato in quanto meramente prescrittivo e non supportato da studi specifici che riguardano Cremona. Si tratta di saper comparare conoscenze storiche con competenze scientifiche in vista di scelte adeguate. Gli architetti prima di progettare abbisognano d’essere supportati da competenze. Queste dovrebbe essere fornite da un’amministrazione efficiente. A chi non riduce l’architettura a mero grafismo, che sconvolge le leggi della statica per “lasciare un segno nuovo” o la riduce a contenitore, lo studio del territorio urbano è condizione primaria.
L’architettura è spazio da abitare e nulla è più scorretto il definirla “contenitore”. Definirla un “recipiente” è quanto di più scorretto anche se, in verità, rende bene quale sia la considerazione che ad essa si attribuisce da parte di chi dovrebbe esserne custode.
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commenti
Roberto Regonelli
8 giugno 2023 18:13
Ho sempre sostenuto che questa amministrazione fa di tutto per concellare l'identità urbanistica della città!
Marco Ermentini
9 giugno 2023 12:32
Sembra proprio che abbiamo smarrito il rapporto con i luoghi e le cose che abbiamo coltivato per secoli. Ha ragione da vendere Anna Maramotti: ciò che caratterizzava la capacità tutta italiana di creare ambienti vivibili è stata dimenticata. Proviamo a guardare cosa accade nella nostra città, nel nostro paesaggio, pensandoci bene il disastro davanti ai nostri occhi è spesso un problema di mancanza di cura, d’incuria, di disamore. C'è un abitare indifferente alle cose e agli altri. Il problema del nostro tempo è proprio l'insufficienza del sentire. Non prestiamo abbastanza attenzione, siamo distratti. Questo è evidente nell’intervento in corso in un area particolare di Cremona. Un intervento arrogante e smemorato che non fa che confermare questa malattia. L’architettura, se vuole, è capace di creare relazioni dotate di un volto umano e intessute di passato e di futuro, di memoria e di cuore. Qui non sembra proprio così…
Dimitri Musafia
10 giugno 2023 09:09
Cara Anna, forse gli architetti di questo progetto si sono ispirati al Brutalismo di epoca sovietica, che ha anche il suo perché... Ma scherzi a parte, c'è da chiedersi come un simile obbrobrio abbia avuto l'approvazione della commissione paesaggistica. Me lo chiedo davvero.
Daniro
11 giugno 2023 00:15
I progettisti sono i responsabili principali dell'oggetto architettonico che poi segnerà il paesaggio urbano ma, ben ricorda Maramotti, le linee guida e le indicazioni tipo-morfologiche di un'intervento complesso, in un contesto storico, dovrebbero essere fornite da un’amministrazione efficiente che dovrebbe seguire queste operazioni con grande cura. Così, in alcuni casi, è avvenuto in passato e interventi per nuove destinazioni commerciali in zone ambientalmente anche molto diverse sono state l'occasione per interventi di rigenerazione urbana: Esselunga di via Ghisleri (con il completamento delle cortine edilizie del vuoto urbano lasciato dell'ex Combattenti) e Coop di Piazza Cadorna (con il recupero di parte delle antiche fornaci Frazzi e i percorsi verdi lungo il Morbasco). Ed erano aree private. A Porta Mosa purtroppo si sono succedute una serie di scelte dettate da altri criteri: aree sostanzialmente pubbliche come le case ex Eca e l'impianto ex Snum sono state alienate dal Comune per far cassa. Si poteva invece, come era stato chiesto a gran voce da alcune Associazioni ambientaliste, creare un vasto parco pubblico che dal Bastione di Porta Mosa arrivasse a via Ratti oppure ripensare ad edilizia residenziale pubblica di qualità. Si decise altrimenti puntando sul commerciale per rendere l'area più appetibile sapendo peraltro che si sarebbe appesantita anche la condizione viabilistica di una via già molto trafficata. Il Comune, che sapeva anche della presenza di porzioni delle antiche mura, avrebbe potuto almeno alienare l'area con alcuni vincoli planivolumetrici e tipo-morfologici per pilotare un intervento di qualità che tenesse conto sia del recupero delle vestigia che dell'inserimento nell'ambiente urbano dei nuovi edifici: si poteva, eccome, ma non è successo e le responsabilità di questa opaca operazione sono purtroppo di lunga data.
michele de crecchio
21 giugno 2023 15:08
Purtroppo, da oltre venti anni, il comune di Cremona, anche se da tempo ormai dotato di un efficiente, esperto ed appassionato ufficio di progettazione urbanistica, ha praticamente rinunciato a quella indispensabile funzione di valutazione critica e di perfezionamento funzionale e progettuale delle proposte di trasformazione edilizia ed urbanistica avanzate alla sua attenzione da operatori sia pubblici che privati. Da tale atteggiamento rinunciatario è derivata, soprattutto nei tempi più recenti, una trasformazione del paesaggio urbano sempre più banale e spesso peggiorativa delle situazioni preesistenti. I deleteri effetti di tale atteggiamento rinunciatario sono ormai sotto gli occhi di tutti e, non di rado, come nel recentissimo episodio della area ex Snum, rischiano di determinare effetti gravemente deleteri per il futuro del paesaggio urbano cremonese.
Ernesto cabrini
22 giugno 2023 16:19
Caro, Architetto hai descritto molto bene io mi sono permesso di definire la struttura come il capannone periferico della ditta Arvedi. Saluti Ernesto.
Fabrizio Loffi
11 giugno 2023 08:40
Ci sarebbe da chiedersi dove fosse la commissione paesaggio quando è stato autorizzato un simile progetto. È vero che non si può pretendere valenza architettonica per realizzazioni come le strutture della grande e media distribuzione generalmente a parallelepipedo, ma sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione e rispetto per il contesto urbanistico preesistente e per i suoi abitanti
Manuel
11 giugno 2023 19:42
L’amministrazione Galimberti ha fatto di tutto per liberarsi di Terzi... e s’e’ capito il perché.
Claudio Marazzi
12 giugno 2023 09:21
A che serve essere architetto quando manca il buon senso?
L'amministrazione Galimberti ci regala un'altra bruttura.