Fare nuova la città? Ridateci quella vecchia, che era meglio
Caro Assessore al traffico, sappia che noi pedoni non pretendiamo né di crescere né moltiplicarci ma, più umilmente, di camminare per strada in condizioni di decente sicurezza. Non fateci sentire così colpevolmente difformi dal ‘mainstream’ solo perché tuttora ci muoviamo su due gambe e non su due ruote. In un’epoca che non nega a nessun infelice un consolatorio neologismo, propongo di non chiamarci più pedoni (marchio penosamente imbarazzante) bensì ‘diversamente ciclisti’. Assessore, si affacci dal palazzo comunale e con un gesto che ben s’addice al clima pasquale ci regali un bel ’Nunzio vobis’ finalmente rivelando dove noi bipedi di vecchio rito dobbiamo camminare: sulla sede stradale fra auto e camion, sul perduto marciapiede, o lungo qualche ignota via Lattea predisposta per noi nel famoso ’Fare nuova la città’? A proposito, a che punto siamo con la serie di prodigi a suo tempo annunciati e via via falcidiati da una realtà impietosa nemica di sogni e sognatori? Un momento: proviamo invece a ribaltare la domanda e a chiederci se la ‘colpa’ stia davvero in una realtà ostile a ogni correzione o non piuttosto in un sogno contenente fin dalle origini un vizio di prospettiva tale da condannarlo a inevitabile fallimento. Più passa il tempo più prende quota la seconda ipotesi e il conseguente dubbio. E’ concettualmente e culturalmente corretto proporsi di ‘fare nuova’ una città tanto felicemente antica da racchiudere proprio nel passato -cioè nel non nuovo- le sue stagioni migliori e le eccellenze che tuttora le consentono di vivere di parziale rendita e luce riflessa?
Sono ormai rigorosamente concentrati nel passato i casi in cui qualcuno ha potuto permettersi l’onore e l’onere di un proposito tanto audacemente demiurgico come quello di ‘fare nuova la città’. Potevano dirlo i Gonzaga, per esempio, che prendendo il potere a Mantova nei primi decenni del 1300 la trasformarono via via nel gioiello che conosciamo. Già, ma avevano a disposizione un Leon Battista Alberti e un Andrea Mantegna: calibri di cui s’è perso lo stampo. Tant’è che ai cremonesi del 2022 sono invece toccati quei totem che, dall’indice di gradimento riscontrato, vanno annoverati fra i più infelici ‘vorrei ma non posso’ della recente storia locale.
Lo so, nominare Mantova proprio nei giorni in cui ci infligge brucianti sorpassi è quasi una perfidia. O magari è la realistica constatazione di uno stato di cose in grado di condizionare pregiudizialmente qualunque amministrazione operante nel quadro delle criticità attuali: scarse risorse, serbatoio di cervelli utilizzabili giunto ai minimi storici, tifoseria locale cioè società civile che, in crescente disaffezione verso la cosa pubblica e le sue sorti, silenziosamente giudica e boccia, in ogni caso mantenendosi a cautelosa distanza. Se è vero infatti che il Comune risponde con assordanti silenzi a qualunque ‘C’è posta per te’ è altrettanto vero che la nostra società civile è fra le più restie ad indirizzare ‘posta’ – specie se eroicamente firmata – agli inquilini del Palazzo. Il gioco delle responsabilità è dunque complesso. Prima l’uovo o prima la gallina? Ma se questo è il quadro, invece di proporsi di ‘fare nuova la città’ chi la amministra dovrebbe forse considerare l’ipotesi di ‘fare nuovi’ gli occhi con cui la guarda, prendendo finalmente atto di un degrado palese a tutti tranne che, si direbbe, a chi per primo dovrebbe monitorarlo e contrastarlo. E’ infatti palese ai residenti, ai turisti e a una popolazione universitaria fortunatamente crescente ma non per questo cieca e indifferente di fronte a trascuratezze e macroscopiche carenze, a cominciare da un isolamento ferroviario da Terzo mondo.
Non puoi atteggiarti a chef stellato quando devi rispondere a problemi di fame primaria. E di fame primaria sono purtroppo allo stato attuale i problemi di Cremona. Nel suo significato immediato e concretamente quotidiano la parola ‘amministrare’ vuol dire prendersi materialmente cura di un territorio. Il che non produce passerelle, conferenze stampa e divistiche ribalte ma un tipo di rendita più solida e duratura. Certo, volare alto, o illudersi di farlo, gratifica. Ma non ti fa vedere le condizioni effettive della realtà che amministri: dalle banali buche nelle strade al degrado sociale e microcriminale che dalle periferie trascurate tracima ormai nel centro storico rendendo urgenti adeguate misure. A cominciare dal mai insediato Vigile di quartiere.
Ovvio che su urgenze di questa natura nessuna moneta astrattamente intellettualistica, ideologica o futilmente modaiola è spendibile. Ci vorrebbe il semplice e concreto ‘saper fare’ del passato col relativo corredo di competenze tecniche e professionali. Merce introvabile in una stagione che, a dispetto di pur palesi fallimenti, non smette di riservare pregiudiziale culto ideologico al cosiddetto ‘nuovo che avanza’. E su di esso orienta miracolistiche attese della collettività, facendone così un autentico strumento di distrazione di massa. La moda è ormai nell’aria e ha contagiato vari soggetti. Strumento di distrazione di massa rischia per esempio di diventare quel chiacchieratissimo nuovo ospedale spesso paragonato, da chi realmente conosce la sanità pubblica e i suoi bubboni, alla classica botte nuova in cui si verseranno vino vecchio e irrisolte magagne. Mezzo di distrazione di massa fu per un certo periodo persino il quotidiano locale ‘La Provincia’ affidato nel 2019 dall’editore – gli agricoltori de La Libera – a un giornalista che del ‘nuovo che avanza’ fece bandiera e parola d’ordine: svecchiare e ammodernare a suon di caratteri cubitali, overdose di colori, immagini al posto dei testi, sensazionalismo al posto di quel vecchio ragionare critico che ahimè annoia il lettore e disturba il potente. Ma tanto bene non andò visto che il ‘nuovo che avanzava’ a quattro anni dall’insediamento fu costretto a battere in ritirata e la poltrona è vacante. Morale della storia: non è tutt’oro quel che luccica. E i cremonesi cominciano a capirlo. Tant’è che a chi proponeva di ‘Fare nuova la città’ oggi oppongono un eloquente controcanto: rifatela vecchia, che era meglio.
www.vittorianozanolli.it
già ordinaria di Storia contemporanea all'Università Statale di Milano
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commenti
Giuseppe Zagheni
21 marzo 2023 09:42
Lungi da me difendere l'amministrazione comunale di Cremona sulle scelte operate a tempo debito saranno i cittadini a giudicare l'operato.Ora mi domando perché lei lamentandosi di torme di biciclette e monopattini ,magari condotte da influencer ed influenzati tatuati come serpenti ed ignoranti come capre, del tutto ignari delle regole di comportamento da tenere nel traffico cittadino. Ecco il punto, perché polemizza con le piste ciclabili ,visto che con le piste ciclabili biciclette e monopattini sarebbe indirizzati su questi percorsi, permettendo ai pedoni di marciare sui marciapiedi in tutta sicurezza. L' impressione è che lei utilizzi la maleducazione di chi ignorando le regole si comporta da pirata, per polemizzare con l'amministrazione comunale. Ma secondo me le cose vanno oltre alle polemiche, ma hanno a che fare con la stupidità.
Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide[.......]Nei secoli die secoli,nella vita pubblica e privata,innumerevoli persone non hanno tenuto conto della "Quarta Legge Fondamentale ( della stupidità) e ciò ha causato incalcolabili perdite all'umanità.
Cit.da Le leggi fondamentali della stupidità umana di Carlo M Cipolla
Ada Ferrari
21 marzo 2023 11:37
Infatti io non polemizzo con l'Amministrazione perché fa le ciclabili ma perché è assente sulla questione, di crescente rilevanza, del loro potenziale di pericolosità per i pedoni quando bici e monopattini sono in mani di maleducati e ignoranti circa il codice di comportamento. Fare chiarezza e infliggere qualche sanzione non sarebbe male. Se ben ricordo la società si è inventata istituzioni e regole proprio per non ridursi a giungla dove il più forte fa i suoi comodi.Vedo che il mio " tatuati come serpenti e ignoranti come capre" ha avuto l'onore della sua adozione. Buona giornata!
harry
22 marzo 2023 18:01
Fotografia ben eseguita con la giusta apertura del diaframma e tempistica adeguata.
Carolina Manfredini
23 marzo 2023 15:48
Parole che, leggendole, scatenano un pensiero stupendo :questa giornalista legge nei nostri cuori. E frequentemente.
EMANUELE
23 marzo 2023 17:22
Leggere questo post, non è un articolo, è stato solo una perdita di tempo.
Cerchiamo di essere realisti e non arroccati nel nostro discorso di comodo, è così che si cambiano le cose. D'altrocanto il cambiamento parte da ognuno di noi e questa è un'occasione sprecata.
Eviterei, visto il contesto e la mentalità che affligge questa zona d'Italia, di utilizzare termini come razza padana. Spero non mi verranno chiesti chiarimenti sul perché.
ada.ferrari
24 marzo 2023 06:26
Non si preoccupi, vista la qualità dei suoi argomenti e gli sprezzanti rilievi riservati a "questa zona d' Italia" lei è l'ultima persona alla quale chiederei chiarimenti.