14 agosto 2021

Ferragosto all’Enel: la maturità di un Paese non si misura con i QR Code

E’ Ferragosto lo so, quasi tutti siamo in vacanza e proprio per non pensare ai tanti problemi che abbiamo. Non è un caso che in Italia i cosiddetti “governi balneari” duravano il tempo di una estate e proprio ad agosto prendevano i provvedimenti più impopolari: agosto in Italia è come l’inverno in Russia, il lungo inverno russo che tutto fa dimenticare come diceva Demetrio Volcic dalle sue cronache sovietiche. E del resto Pio XII pensò bene, proprio perchè durante le vacanze il rischio dell’oblio è totale, di proclamare nel 1950 il Dogma dell’Assunzione di Maria al Cielo (mirabilmente ritratto tra i tanti da uno splendido Guido Reni del 1639) e di celebrarne la solennità proprio a Ferragosto e con obbligo della Messa: il lungimirante Papa aveva intuito che nell’Italia uscita dalla guerra e lanciata verso il boom economico e le prime vacanze di massa, gli italiani rischiavano il paganesimo dei consumi e l’oblio dell’ombrellone, e mise la ricorrenza proprio al culmine dell’esodo vacanziero. E allora anche io vi distraggo un po' da passeggiate, grigliate e ombrelloni, e vi riporto alla tragica realtà dell’italiano medio oppresso dalla burocrazia.

Il mio Ferragosto è stato funestato da una bolletta dell’Enel, la cui tragicomica emissione mi ha rimesso però davanti a un intero sistema che si è talmente complicato da non riuscire più a funzionare, soprattutto nelle cose semplici.

La faccio molto breve: dopo una serie di errori amministrativi dell’Enel, sono riuscito (ovviamente mettendo di mezzo un Avvocato, perché il consumatore nel mondo digitale esiste solo quando rappresentato da un PEC di uno studio legale, le mie dieci lunghissime telefonate al call center non hanno sortito alcun effetto…) a ottenere l’emissione delle mie bollette a mio nome (si, ho dovuto prendere un Avvocato per poter pagare le mie bollette, non per non pagarle…). Ovviamente è stata emessa una super bolletta semestrale (altro che bimestri…) che non teneva conto di un mio precedente pagamento. Ebbene, ricevo dall’Enel un rimborso da farmi pagare in contanti in tabaccheria.

Mumènt (un momento, come diceva Tognazzi in Romanzo Popolare): nell’era della lotta senza quartiere al contante, una società che è all’80% pubblica (perché il MEF e le Banche detengono più dell’80% dell’Enel) e che riesce ad addebitarmi in conto corrente bollette sbagliate mi dà i rimborsi in contanti a mezzo tabaccheria??? Rimango basito, ma mi metto in pio pellegrinaggio per le tabaccherie che, stando alle indicazioni del sito, mi avrebbero senza batter ciglio rimborsato la somma. Di sette, giuro, sette di queste, nessuna mi ha pagato la somma adducendo varie motivazioni. Torno dopo due ore di sudato cammino allo Spazio Enel  a riferire questa cosa e come avrebbe detto lapidario Montale: … c’è solo silenzio…Poveretti pure loro, sportellisti rimasti come l’ultimo bastione ad affrontare gli inferociti utenti senza poterci fare gran che.

Ma lasciamo l’Enel, che non è certo mia intenzione processare a mezzo stampa anche se veramente ho visto cose che farebbero invidia ai Bastioni di Orione di Rutger Hauer in Blade Runner, e veniamo a ciò che invece mi ha riconfermato questa infame giornata (di ferie, che ho dovuto prendermi per non venire nemmeno a capo della vicenda dopo mesi): non riusciamo più a far funzionare le cose semplici.

Gli uffici commerciali ci tartassano di chiamate per venderci qualunque cosa, ma non riusciamo mai a parlare con gli uffici amministrativi che dovrebbero risolverci i problemi, e tra gli stessi uffici delle medesime realtà i commerciali e gli amministrativi lavorano a comporti stagni. L’esempio più comune è proprio quello delle utenze gas, acqua, luce: un corto circuito continuo tra gli ormai infiniti venditori dei servizi, i gestori delle reti, i proprietari delle reti, i manutentori delle reti etc… Un guazzabuglio burocratico di competenze da cui il povero utente esce tramortito. 

Abbiamo gestori nazionali che sono di proprietà delle banche che ti mandano in tabaccheria a ritirare soldi che le tabaccherie non ti danno perché non hanno i contanti sufficienti per sostituirsi alle banche e alle poste (ma perché poi?), con uno scarico di competenze continuo che poi arriva a un punto morto: il tuo.

E quello che avverti è quella desolante rabbiosa e mortificante sensazione: l’impotenza dell’onesto. Eppure tutti lanciano grandi campagne di comunicazione e progetti speciali ambientali e sociali, cercando di vendere un mestiere che non è il loro e finendo per far male il loro di mestiere. La mia banca mi telefona periodicamente per sapere se voglio comperare degli elettrodomestici (ma perchè?), e intanto gli sportelli e le filiali spariscono a vista d’occhio e i servizi funzionano sempre peggio. E fin qui abbiamo parlato di grandi gruppi privati a capitale pubblico o di investitori istituzionali: quello che, mutatis mutandis, accade ogni giorno nel rapporto diretto del cittadino con la Pubblica Amministrazione, e lo dico da pubblico dipendente, non è spesso diverso, e in alcuni casi forse addirittura più surreale. 

In parte la colpa è certamente della civiltà dell’immagine, della società in cui la comunicazione totale sta prendendo il sopravvento sulla professionalità e sulla efficienza, in un mondo surreale popolato di rendering che fanno sembrare tutto bellissimo, soprattutto quello che non c’è.

Questo a me spaventa molto: che il digitale e la tecnologia da strumenti utili all’uomo divengano invece dei meccanismi perversi in cui l’uomo non esiste più, delle paratie stagne contro cui sbatti senza poter aver davanti qualcuno con cui prendertela se le cose non funzionano: call center che sembrano un film di Lars Von Trier in attese perenni con musiche terrificanti,  telefonate che cadono come Dorando Petri a tre metri dal sudatissimo traguardo, legioni di e-mails che stormono nel limbo dantesco dei server in attesa di risposta… Abbiamo talmente allungato i processi che ormai se le cose non funzionano non è colpa di nessuno, e allo stesso modo se funzionano non è merito di qualcuno. E quanto ahinoi la tecnologia a volte serve proprio a coprire le inefficienze se non addirittura a crearle volutamente. Per la verità il digitale, che è una struttura virtuale costruita partendo da una situazione reale, ha suo malgrado spesso mutuato e riprodotto una situazione di stratificazione burocratica che già pre-esisteva in cartaceo e che è esplosa nei decenni: per fare un esempio archivistico, il cosiddetto “Fondo Storico” del Comune di Milano, che raccoglie la documentazione amministrativa dell’Ente dal 1802 al 1927, consta di circa 3.500 faldoni. I soli fascicoli dei dipendenti comunali degli anni ’80 e ‘90 del ‘900 ammontano a 15.000 faldoni: una esplosione documentale inarrestabile e progressiva che nei decenni è cresciuta quale riflesso di una esplosione “legiferativa” e normativa abnorme.

Ecco perché non sopporto che la maturità di un popolo si misuri con una App o si basi sul numero di QR-Code e Green Pass che vengono scaricati su uno smartphone: la maturità di un Paese si misura sulla sua efficienza, e cioè su quanto ogni cittadino e ogni istituzione hanno a cuore ciò che fanno, e che sia fatto bene e che funzioni. E un Paese che non funziona finisce per aggrapparsi disperato alla tecnologia sperando che essa gli risolva problemi che invece sempre sono di natura culturale e non tecnologica. Tanto è vero che alla fine di ogni vicissitudine amministrativa, per uscirne vivo, devi sempre parlare con qualcuno dal di dentro che si prenda a cuore il tuo problema. E prendersi a cuore le cose, che funzionino, che abbiano al centro l’uomo e non tutto il resto, è un fatto di cultura, di educazione e non di una tecnologia, utilissima per carità, ma alla quale ci stiamo consegnando in bianco (anche nella medicina…) senza senso critico e di cui finiremo per essere prigionieri. Poi certo c’è anche Amazon dove tutto funziona benissimo, ma lì, come direbbe il Cardinale Voiello, non si tollerano errori …

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

 

Francesco Martelli


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commenti


Annamaria

14 agosto 2021 07:31

Tutto tragicamente vero (e sperimentato di persona, anche in campo medico)......condivido ogni parola

Patrizio

14 agosto 2021 21:40

Buonasera Dott. Martelli, condivido pienamente quanto da Lei scritto avendo avuto anch'io problemi di fatturazione con l' Enel. Anch'io fui costrtetto a farmi assistere da un' associazione di difesa dei consumatori perché volevo pagare le mie bollette dell'energia elettrica. Per fortuna dopo mesi di telefonate e mail inviate riuscii a regolarizzare la mia posizione. Sembrava di vivere in una situazione surreale.