Forse oggi al prete è chiesto troppo!
Sono rimasto molto scosso, e con me molto amici sacerdoti, leggendo della vicenda della ragazzina senegalese trovata priva di sensi nella piscina di Inzago e deceduta poco tempo dopo all’ospedale di Bergamo. Frequentava il Grest dell’oratorio di Caravaggio, uno dei più organizzati e numerosi della diocesi di Cremona.
Non oso immaginare il dolore che sta vivendo la famiglia di questa piccola, strappata alla vita in maniera così repentina ed ingiusta: è uscita di casa il mattino per vivere una giornata spensierata con i suoi amici ed ha incontrato la morte. Sono eventi che lasciano tutti senza parole e anche la fede, in questi casi, non riesce a dare risposte che possano soddisfare totalmente il cuore in tumulto di chi soffre. Per loro una preghiera dolente e incessante!
Non oso immaginare il tormento che sta vivendo don Andrea, il vicario responsabile del centro estivo: un tormento che certamente lo accompagnerà per molto tempo. Ho pregato per lui e continuo a farlo. Vorrei anche pubblicamente mostrargli – per quel che può valere – tutta la mia stima e vicinanza: so che tanti altri confratelli lo hanno fatto personalmente. Don Andrea è certamente uno dei sacerdoti più generosi, attivi e assennati della nostra diocesi. Ovunque è stato ha lavorato bene generando tante collaborazioni laicali, formando intere generazioni di ragazzi, coinvolgendo famiglie e adulti, con entusiasmo e gioia. Ha iniziato la sua avventura sacerdotale ad Agnadello dove ancora oggi è ricordato con riconoscenza, poi a Soresina ha realizzato un vero e proprio “cortile dei sogni” che è l’oratorio rinnovato, centro aggregativo invidiato da tutta la provincia, oggi ottimamente condotto da don Alberto Bigatti e, ora, a Caravaggio, ha inaugurato un nuovo grande centro giovanile: un’operazione non facile, ricca di sfide e di impegno, premiata però dalla bellissima e partecipatissima festa di apertura impreziosita dalla presenza del Vescovo. Sono più che sicuro che i nostri Superiori gli sono stati, gli sono e gli saranno vicini, così come tutti noi preti e tutti quei laici che apprezzano il lavoro faticoso, spesso poco gratificante e gravido di tante responsabilità che è quello dei preti d’oratorio.
Chissà che questa triste vicenda non permetta a tutti di fare una riflessione seria e lungimirante sulle attività e l’operato del prete oggi, soprattutto nell’ambito della pastorale giovanile. Se ne è parlato in Consiglio presbiterale in questi anni e se ne parlerà ancora: d’altra parte l’evoluzione continua e repentina della società, il mutamento della sensibilità e delle pretese delle persone, una sempre nuova e non sempre corretta interpretazione che si dà oggi della parrocchia e dell’oratorio impongono un tavolo permanente di riflessione.
È un dato di fatto che oggi al prete forse si chiede troppo! Non intendo in termini di impegno o di ore di lavoro – il clero cremonese è sempre stato esemplare nella sua laboriosità, intraprendenza e serietà! -, ma di responsabilità e di campi di azioni che non sono propri del sacerdote, ai quali non è portato per vocazione e che chiedono abilità particolari. Penso semplicemente alla responsabilità di gestire un Grest con centinaia di bambini dalle 7.30 del mattino alle 18.00 di pomeriggio, con pranzo incorporato (tutti i volontari di cucina hanno l’attestato HCCP?), gite, escursioni, biciclettate lungo strade provinciali con trattori e tir che sbucano da ogni dove, giochi d’acqua con rischi di cadute o congestioni…. Fortunatamente sempre più le parrocchie si dotano di educatori professionali preparati – che però costano e chi li paga? - perché spesso gli animatori sono adolescenti inesperti e qualcuno – non tutti ci mancherebbe! - un poco svogliato e superficiale, tanto da dover attenzionare più lui dei bambini.
Il Grest, così come i campi vacanza o altre impegnative attività estive, sono una essenziale attività formativa della parrocchia: soprattutto in questi momenti i ragazzi scoprono il potente fascino della fraternità, la bellezza di costruire qualcosa dal nulla – una serata finale o una capanna ai bordi di un torrente di montagna -, il valore del mettersi a servizio degli altri, una preghiera che si nutre della magnificenza della natura. Molti stenteranno a crederlo, ma io ho scoperto la mia vocazione non tra pizzi e merletti di sacrestia, ma proprio in oratorio, tra le montagne del massiccio del Brenta, giocando infinite partite a numeri e pregando alla luce di una pila sotto una maestosa campata di stella: per questo devo dire grazie ad una grande prete che è stato don Giampaolo Rossoni, che ora gode del riposo dei giusti tra i pastori santi in Paradiso. Nessuno mette in discussione queste attività, ma è lampante che oggi, rispetto al passato, sono diventate più impegnative e rischiose, anche per la fatica delle nuove generazioni a comprendere il valore delle regole, ma anche perché tante famiglie scambiano la parrocchia come una delle tante agenzie di servizio chiamate a corrispondere attività ben organizzate a prezzi modici e il presbitero come il tuttofare che deve essere sempre sul pezzo!
Al prete, poi, sorge sempre una domanda che spesso resta senza risposta: ma tutte queste belle attività sono davvero produttive? Ovvero aiutano chi le frequenta ad intraprendere un serio cammino di fede? Insomma il gioco vale la candela? Qualcuno potrebbe obbiettare: tu hai il compito di seminare, Dio provvederà a far germogliare e crescere. Certamente! Ma se uno ha la percezione chiara che tutta la semente finisce sulla strada, vale la pena continuare? Perché non è questione di seminare o meno, ma di come e quando farlo!
Devo ammettere che quando qualche adulto si bea degli oratori pieni un senso di rammarico emerge prepotentemente. Ma davvero possiamo accontentarci degli oratori pieni e delle chiese vuote? Basta per acquietare la coscienza organizzare una bella grigliata o una serata danzante? L’oratorio così ha fatto il suo dovere?
La riflessione che stiamo facendo in questi anni in diocesi sul futuro della pastorale – vedi le unità pastorali – e della figura e del ruolo del prete è più che mai benefica e urgente.
Anche il pastore d’anime, come tutti d’altro canto, vive oggi un grande disagio dovuto a questo rapido cambiamento sociale e antropologico, sempre inedito quanto sfuggente.
P.S.: Vi propongo oggi o domani di telefonare al vostro prete che vi ha cresciuto in oratorio – tutti o quasi ne abbiamo uno – e di ringraziarlo per il suo impegno pastorale, per le lacrime che ha versato, per le solitudini che ha patito, per le preghiere che ha innalzato, per i sacramenti che ha amministrato, per l’amore che vi ha voluto! Gli farà piacere, ne sono sicuro!
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