4 aprile 2021

Gesù è dovunque, eccetto che fra le cose morte

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui!”.  In questo modo le donne, che il mattino presto si recarono al sepolcro per onorare il corpo del loro Maestro, si sentono ammonire da due angeli in abiti sfolgoranti che presiedono il sepolcro vuoto. Gesù è, ma non qui; Gesù è, ma va cercato fuori, altrove; è in giro per le strade, è in mezzo ai viventi, è “colui che vive”, un Dio che sorprende la vita. È dovunque, eccetto che fra le cose morte. 

Perché molti uomini e donne, in questo giorno di festa, si recheranno in chiesa? Cosa li spinge a seguire il suono festoso delle campane? Mi auguro non l’abitudine o la tradizione o la curiosità di vedere chi c’è e chi non c’è. Spero che siano spinti da un forte desiderio di vita, di speranza. Spero che siano condotti da quella profonda inquietudine che ciascuno cova nel cuore, quell’insoddisfazione che le cose materiali, pur belle e gustose, lasciano nel cuore. Siamo fatti di Cielo e abbiamo bisogno di Cielo. Ce lo ricorda anche San Paolo “Se siete risorto con Cristo, cercate le cose di lassù… rivolgetevi alle cose di lassù, non a quelle della terra”. L’apostolo non vuole che disprezziamo la vita terrena e le gioie belle e sane che essa ci offre, ma ci invita a coltivare soprattutto le realtà che durano, le cose che non tramontano, quelle che restano per sempre! Quelle che, al termine del nostro cammino terreno, ci faranno dire che non abbiamo vissuto invano.

Lo sappiamo bene che per dare un senso alla nostra esistenza non basta un lavoro ben remunerato e soddisfacente! Non basta una macchina veloce e fiammante! Non basta una casa con tutti i comfort! Non basta la compagnia del venerdì o del sabato sera! Non basta la pettinatura all’ultima moda o il corpo scolpito dall’allenamento! Non basta neanche la salute o una famiglia unita! 

Il nostro cuore è più grande di tutto questo! Il nostro cuore è stato fatto da Dio, è fatto di Dio! E più rinneghiamo o sotterriamo questa intima chiamata alla divinità, più ci ritroviamo soli e disperati. Ed è questa solitudine e disperazione che culmina poi nella paura della morte a portare tanti a cercare paradisi artificiali – lo sballo, il divertimento a tutti i costi, la sessualità senza amore, il lavoro frenetico – nei quali rifugiarsi per non pensare! Poi magari arriva, tra capo e collo, un lutto, un dolore grande, un fallimento, una pandemia che ribalta tutto quello che si è costruito e quel paradiso artificiale non basta più: e ci si sente inermi e nudi! Siamo nelle stesse condizioni di quelle donne che cercano Gesù – cercano cioè la vita e il senso della vita – fra le cose morte, nel cimitero. Vogliono imbalsamare il Signore: un gesto di pietà, ma che a pensarci bene è terribile! Esse, pur essendo state con Gesù tanto tempo, non hanno compreso che Lui non può essere imbalsamato! L’amore che Cristo ha nei confronti di tutta l’umanità, è tale da vincere la morte per sempre.  

La Pasqua chiede anche a noi di non imbalsamare Cristo, di non trattarlo come un personaggio del passato, ma di sentirlo vivo, presente, operante nella nostra esistenza: non c’è istante nella nostra vita che egli non ci ami, non ci pensi, non ci accompagni. Nulla di noi è estraneo a Gesù! E se anche viviamo momenti di sofferenza e di prova – la vita è fatta anche di questo – Cristo non è lontano, ma è coinvolto, compartecipa al nostro dolore e se davvero ci affidiamo alla sua grazia, Lui ci solleva e come un nuovo Simone di Cirene ci aiuta a portare la Croce.

Non cerchiamo Gesù tra i morti, non imbalsamiamolo attraverso una religiosità formale e legalista, vuota, fatta solo di gesti devoti, magari a volte scaramantici, ma che non intaccano il nostro vissuto. Imbalsamare Gesù significa anche dire con le labbra che Lui è il Signore e poi vivere nel buio dell’egoismo, nel disprezzo dell’altro e del diverso, nell’orgoglio e nell’arroganza di sentirsi padroni del proprio destino, nel non permettere che la sua Parola ci interpelli sul serio, nel pregare solo con le labbra e non con il cuore. Gesù non è qui! Non ci può essere dove abbonda la menzogna, l’odio o l’indifferenza.

Gesù, viceversa, è dentro i sogni di bellezza, in ogni scelta per un amore più grande, è nei gesti di pace, nel pane spezzato, nel vino condiviso, negli abbracci di chi si vuol bene sul serio, nella fame di giustizia, nel grido vittorioso del bambino che nasce, nell’ultimo respiro del morente. 

Gesù è vivo ed opera in chi non si lascia scoraggiare dal male che sembra così vincente nel mondo, in chi si impegna ancora per il bene comune, in chi è pronto a pagare di persona pur di non rinnegare la propria coscienza, in chi non abbassa lo sguardo di fronte al dolore degli altri, in chi non si diverte a infangare il buon nome del prossimo, ma ne ricerca sempre gli aspetti positivi e propositivi, in chi con umiltà si affida a Dio nonostante tutto e tutti.

 

Gesù è vivo, è nostro contemporaneo, è coinvolto nella nostra vita e non permetterà mai che l’umanità sia risucchiata nel vortice della morte. Se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo ad una vita bella, buona, beata.

La morte non deve farci più paura, non deve più umiliarci, non deve terrorizzarci! “Siamo nati e non moriremo mai”, siamo nati e vivremo per sempre. Piuttosto di temere la morte, temiamo una vita grigia e vuota, ripiegata su sé stessa, incapace di sognare e desiderare cose grandi. Una vita che si accontenta, che non ha slanci, invidiosa e sospettosa degli altri.

Cristo risorto ci sprona a vivere intensamente, a fare dell’amore, quello vero, il nostro cammino e la nostra meta. Pensiamo al Cielo e viviamo di Cielo! Buona Pasqua.

Claudio Rasoli


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