Giochi di ruolo. Movimenti, partiti e sirene del potere in vista del voto
Poco esaltante spettacolo quello dei partiti cremonesi che, cautamente acquattati nelle retrovie, si direbbero inclini ad affrontare il prossimo appuntamento elettorale in una ‘mise’ alquanto singolare: la tuta mimetica. A campagna ormai entrata nel vivo nessun vessillo di partito sventola, forte e chiaro, sull’albero maestro della nave che ha sciolto gli ormeggi. Sulle rispettive bandiere solo i due rassicuranti sorrisi dei probabili candidati che, salvo ribaltoni, si contenderanno il verdetto delle urne. La singolare condizione di Virgilio, vicesindaco della maggioranza uscente, è già stata puntualmente commentata: inviato al temibile corpo a corpo in sconcertante solitudine, senza l’ombra di un evidente e strutturato fuoco di copertura. Dal canto suo Portesani, candidato del centro destra, per ora alla guida di una lista civica, non perde occasione per puntigliose precisazioni circa il personale biglietto da visita: uomo del ‘sociale’ finora vissuto in verginale assenza di incauti contatti con le insidie del labirinto politico. Tant’è che al momento di scendere nell’arena politica si è dimesso dalla presidenza della cooperativa precedentemente guidata, chiarendo, oltre ogni ragionevole dubbio, quale idea abbia del sociale: spazio di intraprendenza imprenditoriale, di volontariato e solidarietà di cui gelosamente custodire l’indipendenza, la neutralità politica e, perché no, la sotterranea potenza.
Cosa concluderne? Che per i partiti tradizionalmente intesi e fin qui sperimentati tira una brutta aria se persino da parte degli aspiranti governanti, oltre che del popolo dei governati, sempre meno velatamente si allude al sistema politico come a una specie di imbarazzante lebbrosario da avvicinare con adeguata profilassi. La situazione fa riflettere. Ma non stupisce. Il tutto rientra in fondo nel secolare andamento ciclico del rapporto fra politica e società. Quando le quotazioni dei partiti scendono -e nessun dubbio che siano attualmente assai basse- salgono per infallibile moto pendolare le quotazioni di tutto quel che non è politico. O almeno tale appare a un primo e sommario sguardo. Non a caso dunque l’attesa si concentra sull’emergente realtà dei movimenti. Fenomeno letteralmente esploso in una Cremona che su vitali questioni legate alla salute e all’ambiente s’è finalmente desta, riscattandosi da decenni di più o meno sonnolenta accettazione dei ‘fatti compiuti’. E un risveglio di tanto clamorosa entità numerica non poteva che generare altrettanto forte investimento di fiducia sulle potenzialità salvifiche del famoso ‘sociale’che sempre più appare come luogo in cui trova spazio e voce ogni forma di legittima difesa della società civile rispetto a errori, inadempienze e prepotenze del sistema politico. Siamo in piena apoteosi del movimentismo le cui fedeli tifoserie stanno intimando ai partiti un sonoro ‘giù le mani dai movimenti’ realisticamente sospettando che un sistema politico a corto di fiato e di idee cerchi in quella direzione energie fresche e, abilmente adescando, ne faccia nuova riserva di caccia elettorale. Il rischio c’è, inutile negarlo. Ma ragionando in generale, cioè totalmente prescindendo dallo specifico caso cremonese di imprevedibile evoluzione, mi guarderei dal sostenere che, nell’eterna partita a scacchi fra movimenti e partiti, tocchi ai primi l’eterno ruolo della vergine insidiata e ai secondi l’eterno ruolo dei vampiri assetati del suo giovane sangue. Perché? Perché vale anche il ragionamento inverso. Basta buttare un realistico sguardo alle lezioni del passato e il teorema, di apparente solidità, s’incrina senza rimedio. La strumentalità si rivela reciproca. Se spesso e volentieri è la politica a saccheggiare quanto di vitale s’agita nei moti spontanei della società, altrettanto spesso e volentieri dai movimenti si staccano energie ben liete di accomodarsi alla ricca mensa della politica. Quanti incendiari abbiamo visto convertirsi, non disinteressatamente, in pompieri? Quel che nasce come ‘movimento’ con carismatica dotazione di forza antisistemica e antipolitica raramente riesce, col tempo, a sottrarsi alle sirene del potere. E qui mi scuso coi devoti di san Valentino per il sacrilego accostamento ma non so trattenermi dal citare proprio Alberoni che classificò l’innamoramento come lo ‘stato nascente’ di un potenziale amore. Ecco: direi che i movimenti altro non sono, molto spesso, che lo stato nascente di un potenziale partito. E rieccoci dunque alla politica che, a sua volta, sarà una buona o una cattiva politica a seconda della qualità del suo materiale umano e delle vere motivazioni che nel profondo lo muovono. Per tanti arruffa popolo il movimento e la piazza non sono stati che sgabello e via d’accesso a un mondo del potere a parole lapidato ma segretamente agognato. In altri casi il transito dalla protesta di piazza ai palazzi del potere appare invece del tutto fisiologico e legittimo. Solo l’accesso alla dimensione legislativa ed esecutiva del potere consente infatti a un movimento di buone idee e adeguato seguito di disporre degli strumenti operativi e delle risorse finanziarie necessarie a trasformare un progetto in realtà. Il repertorio storico offre un’illuminante casistica di quanto girevoli e bel oliate siano le porte che apparentemente separano la realtà dei movimenti da quella dei partiti. Mario Capanna, incendiario leader del movimento studentesco sessantottino è disinvoltamente transitato dalle molotov al Parlamento prima italiano poi europeo. Oggi è un amabile conversatore da salotto ‘afflitto’da qualche generoso vitalizio di sistema e da un superattico milanese affacciato su piazza Duomo. Interessanti pure gli stadi evolutivi del movimento grillino. Primo stadio: rigorosa e sempiterna inappetenza politica dichiarata ai quattro venti. Persino parlare con un giornalista appariva colpevole cedimento alle logiche del sistema. Secondo stadio: aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, il che implicava dunque varcarne la soglia. Terzo stadio: barricarsi nella lattina del tonno avendo, per curiosa amnesia collettiva, smarrito l’apriscatole. E, giusto per restare in tema ittico, che fine ha fatto il movimento delle Sardine le cui eccelse virtù civiche dovevano salvare l’Italia? Nel loro caso la scatoletta dev’essersi invece aperta anzitempo con conseguente dispersione del pregiato pesce azzurro. Letteralmente scomparsi. A dimostrazione che se non tutti gli innamoramenti finiscono in amore, non tutti i movimenti finiscono in partito.
In un bilancio conclusivo direi dunque che la partita del dare e avere fra movimenti e partiti si presenta in sostanziale pareggio. E resta aperta ai più fantasiosi e insospettabili giochi di ruolo palesi e occulti. Che poi li vogliano definire ‘disinvolte transazioni’ o abominevoli mercati è, come sempre, questione di punti di vista.
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commenti
Sante Maletta
24 febbraio 2024 11:38
Analisi lucida e condivisibile. Quante volte capita di conoscere qualcuno che, presentandosi, affermi con orgoglio "Lavoro nel sociale"? Non ci sono a Cremona cooperative che sfruttano i soci lavoratori? È triste che i politici usino gente improponibile come foglie di fico...
Michele de Crecchio
1 marzo 2024 18:31
Divertente e realistica analisi della particolare (e non certo tranquillizzante) condizione della politica amministrativa locale. Congratulazioni all'autrice!