3 aprile 2022

Giudicare, una forma di distrazione spirituale di massa

Per secoli biblisti e teologi si sono scervellati per capire che cosa Gesù avesse scarabocchiato sulla sabbia mentre scribi e farisei minacciavano di lapidare quella povera donna adultera.

Fin dall’antichità si sono susseguite numerose interpretazioni a riguardo. Una delle più famose e ancora oggi in voga - formulata da San Girolamo – asserisce che Gesù abbia scritto i singoli peccati di coloro che gli condussero dinanzi la peccatrice. Altri ritengono che, in consonanza con l’uso romano, Gesù abbia formulato il suo verdetto nei riguardi della donna e dei suoi detrattori prima di pronunciarlo. Altri ancora segnalano che il gesto di Gesù col dito richiama la scrittura della Legge da parte di Dio su tavole. Gesù scriverebbe, quindi, la nuova Legge dell’amore misericordioso. 

Quella polvere, sulla quale si posa l’indice di Cristo, rimanda, in ogni caso, alla finitudine dell’uomo, al suo essere fragile, fuggente come i disegni fatti sulla sabbia fine del mare durante una mattina ventosa. Ogni uomo è pulviscolo e se non ci fosse Dio a trasformalo in carne e vita non sarebbe nulla!

Sono tante ipotesi suggestive; sta di fatto che Gesù sposta l’attenzione dalla donna, che indubbiamente ha sbagliato – Gesù non minimizza l’errore! -, al cuore di ciascuno. Sembra quasi dire: “Con che coraggio tu condanni un tuo fratello, quando nel tuo animo albergano così tanti peccati?”. 

Quanto è facile giudicare l’altro! Lo facciamo continuamente: è una forma di distrazione spirituale che è tanto cara al demonio. Tanto cara perché con un’azione compiamo due peccati: anzitutto guardiamo agli altri per sviare l’attenzione su noi stessi (e più gli altri commettono i nostri stessi errori più siamo implacabili) e in secondo luogo pretendiamo di prendere il posto di Dio: l’unico che ha al diritto di giudicare, perché solo Lui è senza peccato. Ma guarda caso proprio Dio non giudica! Non giudica la donna che è libera di tornare a casa ma ha il dovere di “non peccare più!”, non giudica scribi e farisei che abbandonano le loro pietre di condanna e riprendono il loro cammino turbati da tanto coraggio e da tanta sapienza. La misericordia ha la meglio su tutti perché per tutti c’è una possibilità di redenzione. 

Da questo avvenimento evangelico il cristiano dovrebbe trarre due insegnamenti fondamentali. Anzitutto nessuno è perduto agli occhi di Dio: c’è sempre una possibilità di riscatto, di rinascita… anche per il più viscido dei mentitori, anche per il più sanguinario degli assassini, anche per il più turpe dei violentatori…

In secondo luogo occorre sempre distinguere tra errore ed errante, tra peccato e peccatore. Gesù su questo è chiaro: condanna senza se e senza il peccato, ma accoglie, senza se e senza ma, il peccatore pentito! Deve essere ben chiara la distinzione! Altrimenti cadremmo da una parte in un fondamentalismo religioso che calpesta la dignità dell’uomo e dall’altro in un lassismo esasperato che conduce l’uomo alla disperazione e alla dannazione.

Colpisce anche il gesto di Cristo di inginocchiarsi di fronte alla donna: lo fa, certo, per scrivere sulla sabbia, eppure sembra così simile al modo di agire del padre della parabola di domenica scorsa, il quale vedendo il figlio stagliarsi all’orizzonte gli corre incontro e gli si getta al collo aggrappandosi a lui. Dio si inginocchia commosso di fronte all’uomo fallito e ferito dal peccato, quasi in “adorazione” della sua creatura che sperimenta sofferenza e terrore. E la mente corre alla notte del Giovedì Santo, quando il Maestro, deposte le vesti e cinto l’asciugatoio, si mise a lavare i piedi ai suoi discepoli: gesto potente ed evocativo. Sicuramente il gesto più rivoluzionario della storia umana. Che dice di quanta misericordia e compassione, ma anche di umiltà è colmo il cuore di Dio!

Da ultimo è bello pensare che Gesù scriva sulla sabbia i nostri peccati non per svergognarci, ma per assicurarci che il vento della sua misericordia, in un batter d’occhio, è capace di cancellare quelle parole di infedeltà e di morte per poter scrivere parole altre. Parole d’amore. 

 

Claudio Rasoli


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