Gli arbitri castrano la tecnologia e il regolamento, nascondendosi dietro il paravento delle "decisioni da campo" con il silenzio assenso dai varisti
Il tocco di mano di Simeone al 99' di Torino-Cremonese solleva ancora una volta il problema dell'uniformità delle decisioni arbitrali e dell'efficacia del VAR. Nel calcio moderno, dove ogni centimetro viene misurato dalla tecnologia e ogni fotogramma analizzato al microscopio, esistono ancora episodi capaci di mettere in dubbio non tanto la tecnologia, quanto l'interpretazione non uniforme di una classe arbitrale che appare piuttosto confusa. È quanto accaduto al minuto 99 di Torino-Cremonese, quando Simeone, in un'azione difensiva nella propria area, nell'atto di intercettare un traversone, ha toccato in modo evidente con il braccio la palla in piena area di rigore. L'arbitro Marinelli ha valutato il tocco come fortuito e, nonostante la deviazione evidente e il successivo cambio di traiettoria, involontario, negando ai grigiorossi un rigore sacrosanto.
L'EPISODIO. Sul risultato di 1-0 per il Torino, con il recupero ormai agli sgoccioli, Zerbin batte una punizione dalla trequarti. Il pallone spiove lentamente nell'area granata, dove Simeone, isolato da qualsiasi altro giocatore, interviene in modo goffo e scomposto. La sfera colpisce prima la spalla e poi il braccio dell'argentino, che nel contempo si è allargato, all'altezza del polso e dell'avambraccio. Le proteste dei grigiorossi sono immediate e veementi, ma l'arbitro Marinelli lascia inspiegabilmente proseguire, eludendo anche l'intervento del VAR, che non dispone, secondo il paravento della "decisione da campo", la revisione al monitor in campo. La beffa si concretizza solo pochi istanti dopo, con il triplice fischio che decreta la fine della gara e la vittoria del Torino.
LA REGOLA STRIDE CON L'INTERPRETAZIONE DI MARINELLI La decisione di Marinelli si basa sull'interpretazione del regolamento IFAB, Regola 12, secondo cui non tutti i tocchi di mano costituiscono un'infrazione. Perché ci sia rigore, il calciatore deve toccare deliberatamente il pallone con il braccio oppure la mano deve rendere il corpo innaturalmente più grande.
QUANDO L'INTERPRETAZIONE AGGIRA IL VAR. Il punto cruciale riguarda la valutazione dell'innaturalità del gesto: il regolamento specifica che si considera punibile quando la posizione del braccio non è conseguenza del movimento del corpo in quella specifica situazione. Nel caso di Simeone, evidentemente, l'arbitro ha ritenuto che il contatto non fosse deliberato e che rientrasse nella dinamica naturale dell'azione. Il VAR non è intervenuto, perché il protocollo prevede l'intervento solo in presenza di un "chiaro ed evidente errore". Se l'arbitro giudica l'episodio interpretabile, la sala VAR non può imporre una revisione. È la linea ribadita più volte anche dal designatore Gianluca Rocchi: meno rigori automatici per semplici tocchi, più attenzione alla volontarietà e alla postura reale del corpo. Eppure, guardando le immagini, sorge spontanea una domanda: quanta interpretabilità può esserci quando un braccio largo intercetta un pallone in area di rigore negli ultimi secondi di una partita? Il silenzio del VAR, in questo caso, appare assordante. IL PUNTO DI VISTA REGOLAMENTARE E LA VALUTAZIONE LOGICA Dal punto di vista strettamente regolamentare, l'interpretazione di Marinelli trova un appiglio nella formulazione vaga della norma. Il termine "innaturalmente più grande" lascia spazio a valutazioni soggettive che variano da arbitro ad arbitro, da partita a partita. Tuttavia, da un punto di vista logico, risulta difficile sostenere che un braccio largo, lontano dal corpo, che intercetta un pallone diretto verso altri giocatori possa rientrare nella naturalità del movimento.
LE VOCI FUORI CAMPO DI GIACCHETTA E NICOLA: RABBIA COMPOSTA E DELUSIONE Le reazioni del dopo partita hanno confermato il disappunto della Cremonese, espresso però con quella dignità che dovrebbe sempre accompagnare le recriminazioni in ambito sportivo. Il direttore sportivo Simone Giacchetta non ha usato giri di parole: "Accettiamo il giudizio, ma ci sentiamo privati di un calcio di rigore che a tutti noi è apparso evidente. La palla prende una traiettoria particolare per via di un tocco di mano del calciatore del Torino, che si avvicina al pallone per colpirlo e si allarga in maniera vistosa. Fa male che non sia stato assegnato, perché c'erano tutti i presupposti per il rigore. Il braccio aumenta il volume del corpo ed è evidente". L'allenatore Davide Nicola, pur esprimendo la propria convinzione, ha mantenuto un tono equilibrato: "L'ho vista, ma come sempre dico la mia idea e accetto. Da regolamento, per me doveva essere sanzionato e ha aumentato l'ingombro. Per me era da sanzionare, ma non è stato fatto e lo accettiamo. Peccato non aver pareggiato".
LA VALUTAZIONE DEGLI "ARBITRI OPINIONISTI" Anche dal mondo degli ex arbitri sono arrivate valutazioni contrastanti: l'ex arbitro internazionale Calvarese, analizzando l'episodio sui propri social, ha evidenziato un elemento importante: dalla telecamera posteriore l'immagine appare mendace, sembrando che il pallone finisca direttamente sul braccio. Dall'immagine frontale, invece, si nota come il primo impatto sia con la spalla e poi, dopo aver cambiato traiettoria, il pallone termini sul braccio. Una dinamica che, secondo Calvarese, rende l'episodio ancora più complesso da valutare. Marelli, commentatore arbitrale di DAZN, ha invece sottolineato come il gesto del difensore granata aumentasse il volume del corpo, considerandolo punibile. Il telecronista DAZN Giustiniani ha espresso il disagio generale: "È inutile nascondercelo, è un momento di grande difficoltà, di grande confusione per la classe arbitrale". Una divergenza di opinioni che rappresenta plasticamente il problema dell'interpretabilità delle norme. Una valutazione che stride con quella di campo e che evidenzia quanto sia ampio il margine di discrezionalità nell'applicazione del regolamento.
A COSA SERVE IL VAR? L'episodio di Torino-Cremonese solleva ancora una volta questioni fondamentali sull'utilizzo del VAR e sull'uniformità delle decisioni arbitrali. Il sistema di assistenza video, coordinato da due arbitri, è stato introdotto proprio per correggere gli errori evidenti, eppure troppo spesso assistiamo a episodi che, pur apparendo chiari agli occhi di chi guarda la partita, vengono liquidati con un rapido "silent check". Il problema non risiede tanto nella singola decisione, che è la normale conseguenza di una potenziale infrazione, quanto nel fatto che episodi simili vengono giudicati in modo diverso in funzione del contesto della partita e di chi prende la decisione, a fronte di una regola chiara. Il rigore concesso al Bologna per fallo in area di mani di Bianchetti stride rumorosamente con quello negato per il gesto falloso ben più evidente di Simeone. Questa mancanza di uniformità mina la credibilità, se mai possa interessare, dell'intero sistema arbitrale e alimenta polemiche che avvelenano il clima del campionato.
IL PARAVENTO DELLE ‘DECISIONI DI CAMPO’. Al netto di una interpretazione dubbia del direttore di gara di turno, per dare un senso alla sua presenza, il VAR dovrebbe avere il dovere di intervenire e non arrestare la propria autorevolezza di fronte alle "decisioni di campo", paravento utilizzato spesso dai direttori di gara. Il silenzio del VAR in situazioni così evidenti non può essere giustificato con la volontà di non invadere l'autonomia decisionale dell'arbitro di campo: se un episodio appare chiaro alle telecamere, deve esserlo anche per chi siede in sala VAR. Serve un protocollo più stringente, che definisca con precisione quando un braccio è da considerarsi in posizione punibile, eliminando le zone grigie che attualmente rappresentano un campo minato per gli arbitri (i guardialinee ormai non fan più testo) e una fonte di frustrazione per squadre e tifosi, a beneficio di una spettacolarizzazione che ora dà spazio alle "body-cam arbitrali" e agli annunci in modalità "urbi et orbi" in occasione dell'"On field Review".
UNA TECNOLOGIA (VOLUTAMENTE) CASTRATA. L'episodio di Torino-Cremonese si inserisce in un contesto più ampio di difficoltà del sistema arbitrale italiano. L'introduzione del VAR, che doveva rappresentare una rivoluzione nel segno dell'equità, ha finito per generare nuove polemiche e nuove incongruenze. Il problema non è tecnologico, ma interpretativo: la stessa tecnologia che dovrebbe eliminare i dubbi viene utilizzata in modo così discrezionale da alimentarne di nuovi. La questione centrale rimane sempre la stessa: come è possibile che un episodio così chiaro non venga considerato un "errore evidente"? Quale grado di evidenza deve avere un errore per meritare una revisione? E perché questo grado sembra variare da partita a partita? Il calcio italiano ha bisogno di risposte concrete, non di giustificazioni tecniche che nascondono il problema invece di risolverlo. Ha bisogno di un regolamento chiaro, di protocolli uniformi e di un VAR che intervenga davvero quando serve. Altrimenti, episodi come quello di Torino-Cremonese continueranno a ripetersi, erodendo progressivamente la fiducia nel sistema arbitrale (sempre che interessi a qualcuno). La Cremonese ha accettato la sconfitta con dignità, ma questo non cancella il problema. Quando il VAR tace di fronte all'evidenza, non è solo una squadra a essere penalizzata: è l'intero movimento calcistico a perdere credibilità
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Stefano
14 dicembre 2025 14:27
Caro signor Daniele, il problema è semplice a mio avviso. O questi arbitri sono degli incapaci o peggio ancora sono in malafede. Non vedo alternative. Nel primo caso andrebbero mandati ad allenare i pulcini e non oltre, con tutto il rispetto per i pulcini; nel secondo caso, tanto per rimanere in tema, mandati fuori dal mondo del calcio a pedate nel sedere, neanche tanto simboliche.