Il cotto è segno identificativo della città: salviamo il Laboratorio
“Voluntas moriendi” era solito ripetere Giovanni Borsella parlando di Cremona e soprattutto in riferimento alle amministrazioni che l’hanno governata e che, oggi potremmo aggiungere, la governano.
A tale proposito, il caso del Laboratorio del cotto è emblematico. Chi a suo tempo l’ha fondato e da ben quarant’anni ne è il responsabile, Giulio Grimozzi, dimostra come studio e competenze siano condizioni necessarie per affrontare la ricerca sull’aspetto identificativo e qualificante la Città: il cotto. L’argilla non è solo una materia che il nostro territorio ci ha consegnato, ma l’iniziativa dell’uomo ne ha fatto un materiale costruttivo con caratteri propri. Purtroppo, è invalsa ancora l’opinione che la materia sia “informe”, una sorta di entità priva di qualità proprie. In vero, ogni materia possiede caratteri identificativi che consentono di riconoscerla fra altre. In questo consta l’unità, categoria che va ben oltre qualsiasi sistema filosofico, ma si qualifica nella sua immediatezza. In una recente conferenza Maria Pia Riccardi ha mostrato le caratteristiche proprie degli elementi che compongono l’argilla e il cotto. Il comportamento dell’argilla cambia da zona a zona, da territorio a territorio. Per non parlare poi della “cottura” dell’argilla, tema questo che è oggetto da sempre di studio del laboratorio.
Qualcuno considererà tutto ciò oggetto di mera curiosità, ma se si affronta il tema della “sostenibilità” per Cremona, tema caro a Marco Ermentini, s’individuerà come il cotto non sia solo un materiale d’uso funzionale alla costruzione di edifici, ma come esso costituisca segno identificativo della Città.
In questo contesto precipuo gli amministratori sono responsabili del mantenimento di una “memoria attiva” che non sia solo oggetto di un ricordo, ma sia un atto di riconoscimento dell’importanza, nella fattispecie, del cotto. Mentre è necessaria la cura dei nostri monumenti, si rende altresì necessario fare uso di una tradizione, non per esserne semplicemente emuli, ma per essere coevi a noi stessi e nello stesso tempo individuare le attuali potenzialità del cotto. Non sono passati moltissimi anni da quando Carlo Cocchia ha realizzato Palazzo dell’Arte e Giovanni Muzio la chiesa di S. Ambrogio, eppure entrambi vivevano una contemporaneità che in nome della modernità stava dimenticando l’identità delle città italiane. Loro erano architetti che sapevano guardare e sapevano trarre ispirazione! La progettazione è sempre segno dell’inventiva dell’artista che sa prendere spunto dal passato per non offenderne l’identità.
Il laboratorio del cotto crea le condizioni per proseguire su questa strada. Non a caso Emilio Greppi fa uso di strumenti di rilievo atti ad identificare le caratteristiche di ciascuna opera e, al contempo, fa uso di strumentazioni di estrema precisione, precisione che costituisce elemento fondamentale per mantenere memoria delle nostre opere.
Se è dell’artista la capacità di saper-vedere, è altrettanto qualità precipua di un amministratore saper- conoscere la città, città che egli è stato chiamato ad amministrare. L’albagia di chi vuole far indossare una camicia di forza ad un territorio, convinto di sapere a priori quali siano le sue qualità, è persona che, a mio sommesso avviso, dovrebbe abbandonare tale atteggiamento tracotante. Le ideologie finiscono sempre per trasformarsi in supponenza, segno di arroganza che porta a distruzione e a perdita dell’equilibrio che è richiesto a chi ha precisi doveri. Il saccente purtroppo non sa essere coerente con se stesso: prima promette e poi, dall’alto della sua autorità, smentisce di fatto gli impegni presi durante la campagna elettorale. Non è forse questo il caso del Laboratorio del cotto?
Temo di sì. Allora la voluntas moriendi si trasforma in delenda Cremona?
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commenti
Adriano
30 agosto 2024 11:02
Quindi?...... Quando è stata presa la delibera di chiudere il laboratorio del cotto?
franca
30 agosto 2024 15:45
Non c'è, c'è invece una delibera del 2006 con cui si istituisce, in qualità di servizio comunale, il Laboratorio del Cotto. E' anche per difendere la qualità di un servizio comunale che si chiedono informazioni e garanzie.
Marco Ermentini
30 agosto 2024 19:50
Il cotto è un materiale meraviglioso, nato dalla terra si trasforma misteriosamente in un elemento fondamentale nell’identità di Cremona. Gli artigiani del passato non imponevano la loro volontà alla materia ma ascoltavano e rispondevano collaborando con essa. Così, la materia non è una cosa inerte ma contiene tutta la sapienza delle generazioni che si sono succedute. Perdere questa sapienza, come conseguenza della sparizione del laboratorio del cotto, potrebbe costarci molto caro anche nella sostenibilità che, sostanzialmente, vuole dire durata delle cose. Oggi nella nostra città spuntano come funghi edifici impacchettati, incelofanati simili a tanti omini Michelin. I cappotti di plastica, oltre a costituire l’esatto contrario della sostenibilità, rischiano di far perdere il volto della sua materia caratteristica. Cerchiamo insieme di scongiurare questa sparizione per evitare che, se rinascesse oggi, l’imperatore Augusto nel descrivere la sua eredità per la città affermerebbe: "Ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di plastica”…
Marco
2 settembre 2024 11:39
Qui si dà del saccente a titolo gratuito al Sindaco su supposizioni e illazioni personali che ad ora non trovano alcun riscontro conosciuto ai più.
Si scrive di promesse elettorali che non verranno mantenute.
Se la sig.ra Maramotti ne ha documentazione la porti a chi di dovere.
Probabilmente ha accesso a documenti che noi comuni mortali non possiamo vedere.
Nel caso non ne abbia consiglio delle pubbliche scuse al Sindaco .
Antonia
3 settembre 2024 18:32
La PROF.SSA Maramotti non parla a vanvera come tanti......le promesse elettorali dell'attuale sindaco inerenti al laboratorio del cotto le ricordiamo tutti....quindi invece di usare toni aggressivi rivolti a persone culturalmente elevate e sempre garbate ci pensi bene...
Giulio
4 settembre 2024 14:01
Tra i commenti seguiti agli articoli sulle vicende del Laboratorio del Cotto pubblicati su “Cremona sera” fuori dal coro è apparso quello di Marco.
Egli, evidentemente schierato col potere, dice, in sostanza, che non essendoci una delibera per la chiusura del Laboratorio del Cotto non è coerente parlare di chiusura.
Caro Marco, prima di esprimersi bisogna conoscere a fondo la vicenda, a meno che non sia conveniente sviare l’attenzione sull’argomento per convenienza di parte.
I problemi per il sodalizio hanno origine dal una scorretta conduzione della vicenda da parte dell’Amministrazione passata.
Chiariamoci le idee:
L’Amministrazione decaduta ha avviato di propria iniziativa il progetto del recupero del moncone dello storico forno Hoffman, che si trova più prossimo a piazza Cadorna, con lo scopo dichiarato di farne la nuova sede del Laboratorio del Cotto. Iniziative tenuta riservata senza nemmeno interpellare la parte interessata per conoscerne le sue esigenze operative di un gestore ddi un servzio pubblico, il tipo di attività svolta, le attrezzature necessariamente utilizzate, l’utenza scolastica che usufruisce nel corso degli anni scolastici con la presenza di molti alunni a ogni incontro. È corretto agire senza dare conoscenza alla parte interessata, eppure riconosciuta come comunale, di ciò che si propone con il progetto? Tanto più che non tiene conto dello spazio necessari.
Nella nuova sede proposta sarà disponibile la metà dello spazio di cui si dispone attualmente, spazio già al limite del necessario per l’ordinaria conduzione dell’attività.
All’ora ragionevolmente ci si domanda perché spostare la sede in uno spazio ridotto e sperdere denaro? Non vi è alcuna spiegazione logica. È stato detto che la posizione sarà più in vista, più accessibile alla cittadinanza. Ma ciò non sarà del tutto vero, nella collocazione attuale più periferica si accede senza problemi, si dispone di un magnifico parco come espansione esterna, non vi è alcuna interferenza con le attività della scuola che è al piano superiore e con accesso dalla via Novati, l’attività si svolge in differenti orari della giornata, la scuola al mattino e il Centro al pomeriggio.
Il risultato è che l’inadeguata proposta non tiene conto degli spazi necessari per soddisfare le richieste delle varie utenze, non dispone di spazi per la sistemazione delle ingombranti attrezzature i macchinari nel rispetto delle norme vigenti.
Caro Marco, ti sembra tutto corretto? Se non sei di parte informati a fondo, se non conosci li problemi operativi specifici, prima di esporti nello scrivere documentati, non lanciarti in compiacenti connivenze