Il Grande Torino tra mito e memoria
Si chiama “Il Grande Torino” lo spettacolo che Gianfelice Facchetti ha messo in scena al Teatro della Cooperativa di Milano.
Uno spettacolo col cuore in mano e la memoria precisa, nello stile di Gianfelice, poetico narratore televisivo ma anche cresciuto con il Calcio (quello con la C maiuscola) nel DNA: quello di suo papà Giacinto, simbolo interista nonché uno dei più grandi calciatori di sempre.
Un racconto semplice in una scenografia povera, ma epico, incalzante e commuovente interrotto solo da un trio di bravissimi musicisti anni '40 che a colpi di banjo e trombone riportano il pubblico negli anni di quella squadra che ha fatto del calcio mitologia pura.
Quella squadra pensata in ogni dettaglio dal suo presidente Ferruccio Novo che tra il 1939 e il 1949 vinse tutto quello che si poteva vincere e lo fece come nessun altro seppe mai fare, tanto che la FIFA ha proclamato Giornata Mondiale del Calcio proprio il 4 maggio, giorno della scomparsa dell'intera squadra.
Cinque scudetti consecutivi, 125 gol in un solo campionato, 88 partite consecutive senza sconfitte. Le goleade clamorose da antologia del calcio: 10 a zero con l'Alessandria, record assoluto in serie A, e poi una sfilza si 6 a zero, 7 a zero e 8 a zero, quasi tutti fatti nei primi 15 minuti di gioco e la clamorosa rimonta con la Roma: dopo 60 minuti sotto di un gol nell'ultimo quarto d'ora della partita il Torino vince 7 a 1 tra gli applausi impensabili dei tifosi della stessa Roma. Un altro calcio, un altro mondo. Perfino la Nazionale non può sottrarsi all incantesimo: 10 giocatori titolari su 11 sono quelli del Grande Torino.
Tra il pubblico a teatro c'è perfino Sandro Mazzola, leggenda neroazzurra e figlio di Valentino, lo straordinario Capitano di quello straordinario Torino. E Facchetti di quella incredibile formazione non dimentica nessuno, facendo di ognuno un breve ma efficacissimo ritratto.
Sono gli anni del Fascismo, della guerra e delle sue devastazioni e si gioca perfino sotto i bombardamenti dei Pippo americani. I trionfi del Torino diventano un lenitivo per tutte le piaghe del Paese, uno stupendo incantesimo che distrae ogni domenica dai drammi quotidiani, potere dello sport quando è grande.
Le vittorie del Torino sono tanto facili quanto incredibili, perché in fondo come scriveva Sciascia ne La scomparsa di Majorana, il genio giocherella col suo talento, quasi lo svilisce e lo schiva, rende banale ciò che agli altri è impossibile, perché in fondo ne ha timore, sa che quando avrà dato sfogo a tutto il suo incredibile potere si compirà il suo destino e dovrà lasciare la terra dei vivi per entrare nella leggenda.
E così sarà anche per il Grande Torino: una fine improvvisa e assurda, drammatica come sempre è la fine di un mito, fin dai tempi della antica Grecia. Di ritorno da una partita amichevole a Lisbona, peraltro persa 4 a 3, il 4 maggio del 1949 l'aereo che lo trasporta si schianta in atterraggio proprio su Superga, uno dei simboli di quella Torino di cui la squadra è un simbolo assoluto essa stessa.
Inutile descrivere la reazione incredula del mondo intero e soprattutto di quella Italia devastata dalla guerra che tentava con fatica di rialzarsi e assisteva basita e distrutta dalla perdita di uno dei suoi miti.
Ma non poteva che finire così, una squadra di un altro pianeta che lascia il proprio drammaticamente ed entra definitivamente nel mito.
Toccherà ai ragazzi della Primavera sostituire una squadra insostituibile nelle ultime quattro gare, come in una offerta di un pugno di giovanissime vite in cambio di quegli 11 eroi ( e delle altre 20 vittime dello schianto).
Quello che si porta a casa dallo spettacolo non è solo il ricordo di una grande squadra, ma la certezza che ci sono ancora storie gloriose da raccontare, e che fare memoria di vecchie leggende è il migliore antidoto contro le tante anestesie della contemporaneità.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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commenti
Alessandro
3 novembre 2024 22:52
Complimenti vivissimi per la capacità di sublimare il mito assoluto del Grande Torino (lo dico da tifoso bianconero)
Martelli
4 novembre 2024 17:47
Grazie mille !