2 aprile 2021

Il mio Po che cambia, una risorsa turistica non sfruttata eppure basta poco

Chi è nato sul fiume e lo vive ogni giorno, non lo lascia mai e, nel tempo, è testimone dei cambiamenti che il Po, compagno di vita dei borghi e delle genti che si affacciano sulle sue rive.  subisce negli anni. Chi scrive questo articolo vive e frequenta il fiume ogni giorno e nella personale libreria di casa custodisce e tutela tutta una serie di volumi legati al maggiore dei corsi d’acqua italiani. Spesso sfoglio un libro che non è un libro; è un album se così vogliamo chiamarlo, in cui ho conservato nel tempo ritagli di giornale, immagini e “memorie”. Spesso mi soffermo su una paginetta dal titolo eloquente: “Il Po: fonte di vita”. Lo è sempre stato, del resto, una volta molto più di oggi. Abbiamo un passato fatto di barcaioli, pescatori e pontieri, ma anche di mugnai che abitavano insieme alle loro famiglie nelle capanne costruite su barconi saldamente ancorati alle rive del Po. C’erano poi i carrettieri, gli scariolanti e i cavatori di sabbia e ghiaia, gli operai impegnati nella costruzione delle difese arginali, i custodi delle chiaviche, i boscaioli e chi viveva di caccia, i maniscalchi, i calafati, i vecchi contadini, i calzolai e i cordai, gli impagliatori di sedie, gli scopai e i falegnami. Arti più che semplici mestieri, in molti casi scomparsi. Scomparsi gli ultimi protagonisti di queste attività; rimasti invece i ferri del mestiere, spesso accatastati in qualche casa di campagna, o in qualche cascina, abbandonata. Nel migliore dei casi sono invece sistemati in uno dei tanti musei della civiltà contadina, e fluviale, che si trovano tanto in Emilia quanto in Lombardia. Consapevole di non rappresentare nulla, da semplice appassionato di fiume, da anni propongo, sulla scorta di quanto già accade per l’associazione Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli (ed altre realtà simile), la creazione di una associazione dei musei del Po lombardi ed emiliani: per una promozione complessiva degli stessi, magari anche con la creazione di un portale dedicato e di un biglietto comune per tutti. Purtroppo, una proposta che, come tante, di tanti altri, è finita nel vuoto. Chi, negli anni, svolgendo la professione giornalistica, ha seguito una infinità di incontri e conferenze stampa dedicate alla promozione di progetti legati al fiume, è ben cosciente di quante e quali idee siano finite a far polvere sugli scaffali di qualche ente, su questa o quell’altra riva. Tante belle parole, e tante belle idee, spesso finite a scontrarsi col muro ed i cavilli della burocrazia, o con la scarsa iniziativa degli stessi propositori. Il fiume è rimasto fonte di vita per pochi, come ancora pochi sono coloro che lo frequentano stabilmente.  Il maestro Giuseppe Verdi, a suo tempo ebbe a dire “Tornate all’antico e sarà un progresso”. Chissà che la triste pagina della pandemia non possa avere un risvolto positivo, facendo rinascere attività scomparse o dimenticate, che potrebbero dare sbocchi ai giovani e nuove possibilità alle loro famiglie. Tra parecchi progetti naufragati, tanti sono comunque quelli che, comunque, sono andati in porto, grazie per lo più alla volontà e allo spirito d’azione degli Enti locali. Progetti legati soprattutto al turismo fluviale: una parola che, fino a non molti anni fa, poteva suonare come fantascienza, mentre col tempo si è fatta realtà. Una carta su cui scommettere di nuovo, anche quando la pandemia sarà, lo speriamo tutti, alle spalle. Una carta che darà la possibilità di conoscere scenari nuovi, di scoprire un tipo di turismo diverso ma ricco di opportunità, un turismo forse lento ma in grado di dare tanto a chi deciderà di praticarlo. Per questo i territori devono farsi trovare pronti, svegli e reattivi, anche nel campo dell’ospitalità. Il fiume, rispetto a non molto tempo fa, oggi è anche più pulito: altro elemento, questo, non secondario se si vuole realizzare una vera e concreta promozione turistica e culturale. 

Altro aspetto rilevante, relativo ai cambiamenti che il Po e il suo ambiente hanno subito riguarda la fauna. Oggi sono sempre più frequenti gli avvistamenti di lupi e cinghiali, caprioli e addirittura, ultimamente, sciacalli dorati. Sono arrivati anche gli ibis sacri e altre specie che un tempo, da queste parti, si vedevano solo sui libri illustrati degli animali. Nuovi abitanti di un fiume che fa le bizze, che spesso è in magra quando dovrebbe essere in piena ed è in piena quando dovrebbe essere in magra. Segni tangibili dei cambiamenti climatici in corso. Cambiamenti che non devono coglierci impreparati ma devono avere la massima attenzione, non solo da parte delle autorità, ma di ciascun cittadino, se vogliamo salvare il nostro ambiente e il  nostro pianeta. Senza che ce lo dica Greta Thunberg: è sufficiente che lo suggeriscano il nostro cuore e la nostra mente. 

Paolo Panni


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