Il Panettone, quel dolce tipico milanese che milanese più tanto non è...
Si narra che alla corte di Ludovico il Moro , verso la fine del 1400 durante una vigilia di Natale un tal Toni, uno dei tanti giovani aiuti delle enormi cucine rinascimentali che brulicavano di persone affaccendate come formiche nei formicai, si fosse assopito per la stanchezza e avesse bruciato il dolce destinato alla tavola ducale. Ecco che allora, per evitare le terribile punizione che lo attendeva, decise di servire un dolce povero ma gustoso che aveva preparato per sé e i suoi compari con tanti avanzi di cucina: un grande pane pieno di burro, zucchero, uva saracena e frutta candita. Cotto e servito piacque al punto da divenire immancabile sulla tavola degli Sforza , ed essendo chiamato Pan del Toni presto divenne Panettone.
Non abbiamo ovviamente alcuna certezza documentata di questo che tra i tanti racconti sulla nascita del dolce tipico di Milano, è quello che di gran lunga ha superato gli altri. Pare che le prime tracce scritte di Panettone risalgano in realtà a molto dopo, nel 1600, ma possiamo affermare con ragionevole certezza che pietanze come questa facessero bella mostra di sé sulle tavole aristocratiche da parecchi secoli. Questo perché sappiamo con certezza che mischiare dolce e salato era tipico della cucina medioevale e rinascimentale, e ancora più usuale era realizzare enormi pani zuccherati o glassati e pieni di canditi, uve sultanine e simili, che spesso addirittura facevano da crosta ai pasticci di carni e pesci. Cose per noi oggi non solo immangiabili ma addirittura impensabili.
Nel senese è infatti diffusissimo fin dal Medioevo il panforte, fatto con farina di mandorle e ricco di canditi e che non a caso ancora oggi a volte viene usato come base, tipo bruschetta, per servire lo stufato di cinghiale, anch'esso del resto ricco di spezie e aromi agrodolci.
Non fanno eccezione nemmeno le nostre terre: non vi è nulla di più agrodolce della meravigliosa mostarda di Cremona che si accompagna ai bolliti e non certo ai dolci, ed i favolosi tortelli cremaschi, Il cui ripieno di canditi amaretti e biscotti speziati è destinato al matrimonio tutt'altro che dolce con il. burro fuso, la salvia e il grana padano grattugiato.
Insomma non è certo il panettone il primo e unico dolce fatto di pane coi canditi, anzi esso fa a tutti gli effetti parte di una lunga tradizione di pani e piatti agrodolci che non venivano serviti come dessert ma che si mangiavano regolarmente durante i pranzi e non certo alla fine. E non posso qui non ricordare la nostra Bertolina, delizia locale fatta di farine di mais, impasto di pane e ripiena di piccoli acini di uva dolce.
Fatto è che ormai il panettone è diventato il simbolo culinario del Natale non solo in Italia ma un po’ ovunque, e questo suo destino impensabile ha anche generato delle derive gustose ma che forse meriterebbero un tirata di orecchie.
Nella mia ricerca del panettone di quest'anno per un amico toscano, mi sono infatti recato nel più lussuoso e famoso grande magazzino di Milano, dove con un certo stupore non ho praticamente trovato un panettone veramente milanese, ma una infinita sequela di panettoni provenienti da tutta Italia: il calabrese, il siciliano, il piemontese, il veneto, il marchigiano e chi più ne ha più ne metta. Ma insomma, dico io, è mai possibile che tutti facciano il panettone tranne i milanesi..?
Misteri del marketing spinto e del turismo globale , fatto sta che trovare un panettone fatto a Milano è meno facile di quanto si potrebbe pensare. Alla fine ho optato per il caro (anzi carissimo, in entrambi i sensi ) vecchio Peck , credo attualmente la salumeria più antica della città ancora esistente, e dove mi hanno rassicurato che il loro panettone viene realizzato proprio lì, nelle cucine di via Torino. Oddio, magari lo fa un qualche eccezionale cuoco pasticcere internazionale che arriva dall'altra parte del mondo, ma l'idea che almeno prenda vita a due passi dal Duomo mi ha un po’ rassicurato, in questa Italia invasa da uno tsunami di turisti da tutto il mondo dove ogni tradizione subisce le ingovernabili e rischiosissime mutazioni genetiche del marketing territorial-internazionale globale.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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