4 luglio 2021

Il territorio che soffre, le responsabilità del Pd e le teorie di Darwin

Per settant’anni c’è stato il Pci. Faceva paura ai moderati, ai democristiani e agli Usa. Mangiava i bambini.  Era un partito rivoluzionario, pugno chiuso, Internazionale e classe operaia. Poi è iniziata l’evoluzione darwiniana, la lunga marcia per accreditarsi partito di governo, affidabile, atlantico, europeista e tutto il resto per apparire normale, anche se continuava a considerarsi diverso. Tangentopoli ha chiarito che non era un alieno, ma lui ha insistito a considerarsi marziano.

Nel 1991 è mutato in Pds e nel 1998 in Ds.  Nel 2007, l’ultima versione, la più evoluta e ancora in circolazione: PD.  Frutto di un massiccio innesto di ex democristiani, il partito è un ibrido definito di centro-sinistra, ma si ha l’impressione che il centro prevalga. Non dice più cose di sinistra, ma già alcuni anni fa, Nanni Moretti l’aveva notato. 

Non fa più paura.  I suoi sostenitori non mangiano più i bambini, ma il sushi. Sorseggiano prosecco di qualità. Indossano camicia e cravatta.  Ai piedi calzano sneakers. Giocano a calcio, ma li attira lo squash. Organizzano corsi di cucina vegana, origami e musica etnica. Stravedono per tutto ciò che è alternativo, un po’ meno  per il cambiamento che in politica è l’alternativa per eccellenza.  La politica non è più trendy e le mitizzate masse non sono attratte dalle promesse di rivoluzionari privi di rabbia e determinazione, più portati al compromesso e al baratto.

 Gli abitanti delle nuvole sono in mostra a Soncino nei prossimi giorni. Le opere di Arrigo Barbaglio non c’entrano con il Pd, ma l’argomento calza a pennello.

I pieddini non hanno dimenticato di guardare alle fabbriche, ma sono più attenti ai palazzi dell’economia e della finanza. A Cremona sono affascinati dai consigli di amministrazione di società partecipate e di enti pubblici. Ai circoli dell’Arci preferiscono i salotti buoni della borghesia. Quella illuminata, sia chiaro. Poi la lampadina si fulmina e loro restano fottuti.

Dall’anno della sua nascita, nel 1921, alla sua morte, nel 1991, il Pci ha contato una decina di segretari, una media di uno ogni sette anni. Il Pd dal 2007 ad oggi ne ha cambiati dieci, di cui tre reggenti, uno ogni anno e quattro mesi.  Di questi Gugliemo Epifani è morto a giugno, ma non era più nel partito. Dei restanti solo tre sono ancora nel Pd. Gli altri veleggiano in acque diverse. Più che a un partito, il Pd assomiglia a un hotel con le porte girevoli.  

«Fatti una domanda e datti una risposta» consiglierebbe il saggio Gigi Marzullo.

Enrico Letta è il segretario in carica. Origini democristiane con certificato di qualità, la sua posizione smentisce la profezia del Manifesto. Il 28 giugno 1983, illuso dalla vittoria al fotofinish della DC nelle elezioni politiche di quell’anno, il quotidiano comunista titolava, con eccesiva baldanza e evidente soddisfazione, "Non moriremo democristiani".

Ballerino, che al confronto il Tony Manera di Stayin' Alive,  gli fa un baffo, il Pd ha pochi rivali nella discoteca della politica. Prima al governo con i grillini, adesso con la Lega. A Cremona, nell’amministrazione provinciale, con la fronda di Forza Italia, il Pd ha fatto della ricerca del potere e del consenso la sua priorità, che in politica non sono un’eresia. E allora dove sta il problema? Che troppo spesso il bene comune è sovrastato dagli interessi di bottega, più che legittimi, ma in molte circostanze dissonanti con i bisogni dei cittadini. 

Nei giorni scorsi Luca Burgazzi, segretario cittadino di Cremona, durante l’assemblea degli iscritti,  è stato perentorio:  il Pd «primo partito in città, si è fatto carico della complessità del momento. C’è la necessità di condividere con i partner di coalizione ma anche all’esterno il nostro progetto di sviluppo della città che si basa su giovani, ambiente e tutela delle fragilità». (La Provincia, 2 luglio)  

Minchia signor tenente. Ma che cazzo vuol dire? 

Che, come Atlante, il Pd di Cremona si è caricato il mondo sulle spalle?  Che troverà la soluzione per togliere la città dal secondo posto tra quelle più inquinate d’Europa, record certificato dall’Agenzia Ambientale Europea? Che tra le cause del primato valuterà d’inserire l’inceneritore?  Che il Pd smetterà di giocare alle tre carte? Che ricorderà  come il   proprio antenato Pds abbia tradito il referendum popolare del 18 giugno 1994, dove il 58,01 per cento dei votanti aveva espresso il proprio no all’ubicazione dell’impianto in località San Rocco?

Minchia signora tenente.  Significa che il Pd convincerà il presidente della provincia, Mirko Signoroni, a desistere dal suo progetto di Associazione Temporanea di Scopo per implementare il Masterplan 3c perché divisivo, con i piccoli comuni destinati a pagare una quota pro capite superiore a quella di Crema e Cremona?   Che  lo inviterà  a meditare sui 26 sindaci ai quali sono girate le palle? Che lo avvertirà dell’assurda clausola di riservatezza, incompatibile con la trasparenza?

Minchia signor tenente. Significa che il Pd si assumerà le responsabilità della gestione dissennata delle elezioni del presidente della provincia e relative conseguenze? 

Minchia signora tenente.  Significa che il Pd si batterà pancia a terra per la medicina del territorio e per risolvere la questione della carenza di medici di base, consapevole di non poter salvare l’anima solo con i puntuali e lodevoli comunicati del consigliere regionale Matteo Piloni e l’organizzazione di un convegno? 

Minchia signor tenente. Significa che spiegherà a Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona, lo sgarbo per avere predisposto, in tandem con le partecipate, un Piano energetico senza filare neppure di striscio gli altri comuni della provincia?

Durante la stessa assemblea cittadina dei militanti Pd, Galimberti ha sottolineato «veniamo da una stagione in cui il politico dovrebbe essere superman. Ma a tutto c’è un limite, a volte io sono veramente stanco». (La Provincia, 2 luglio)

Chiedere ai politici di compiere il proprio lavoro non implica la pretesa di essere superman. Se il sindaco di Cremona si sente politico, può dormire tranquillo.  Nessun responsabile del casting lo assumerebbe per fargli indossare la tuta blu, il mantello rosso e la pettorina gialla con G al posto della S.  Sarebbe un azzardo affidare un ruolo così impegnativo ad un azionista di peso di Padania Acque, che durante l’assemblea dei soci, al momento della nomina del consiglio di amministrazione, ha confessato di non essere informato.

È affaticato. Ha ragione. Lo sono tutti i sindaci.  Ma lui è quello del capoluogo. È il leader, dovrebbe sostenere la truppa. Non deprimerla. È il generale dei marines. Non l’ultima burba. È stanco. «Poer la me stelina» direbbe la nonna al nipotino. Ma lui è già un giovanotto.

Con questa situazione il territorio non decolla. Il Pd ha molte responsabilità. Non tutte. Tante. Se si vuole uscire dallo stallo, si ritorni alla politica. È sufficiente quella normale. I superman non servono.  

Se l’evoluzione migliora la specie, con il Pd qualcosa non ha funzionato.

Antonio Grassi


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commenti


Patrizio

4 luglio 2021 11:35

Articolo pungente. Complimenti.

Simona

4 luglio 2021 15:20

Minchia signor tenetene. Ci piacerebbe leggere un commento altrettanto lucido e pungente sui recenti concorsi cremonesi. L'argomento non è così distante come pare

Geppyvin

4 luglio 2021 20:14

Simona sui fatti recenti è tutto un mormorare sommesso in città, ma si sa, il mormorio durerà poco. Come sempre.

Michele de Crecchio

18 luglio 2021 20:09

Una perla recentissima. Ad un amministratore pd, non proprio di secondo ordine, è scappata l'affermazione, incredibile, che il loro programma è il "futuro", non meglio spiegandosi. Forse non ricordava che cose analoghe aveva sostenuto, circa un secolo or sono, un personaggio che finì poi per diventare un accanito sostenitore del fascismo.!