7 luglio 2021

Il tramonto dei grillini, ma i problemi posti dal movimento alla politica sono una spina nel fianco

Commentare la penosa telenovela targata 5 Stelle suscita qualche scrupolo: un po’ come sparare sulla Croce rossa. Difficile prevedere chi uscirà vincitore nel duello che sta opponendo due tipi umani che più diversi non si  può. Un guitto di consumata padronanza scenica -candida chioma leonina, tonsilla d’acciaio, sproloquio come pezzo forte dell’offerta teatrale – e un Avvocato dandy, di buone letture e impeccabili cravatte, che trasfigura l’eloquio politico in un garbato sussurro da piano bar. Però vuole i famosi ‘pieni poteri’. Per farne cosa? Per dar corpo a quale progetto? Dove sta la  vera ragione politica della contesa fra i due? Non si sa. Si sono dimenticati di dircelo. Giustamente, visto che l’elemento è palesemente marginale. Si può ridere o piangere ma non sottrarsi a qualche conclusiva riflessione  spendibile nel futuro. L’unica certezza dell’ingarbugliata vicenda è infatti che la fase rampante e propulsiva del Movimento è morta e sepolta, quand’anche lenta possa esserne la parabola discendente. Quale lezione trarne?

Primo: non dare spago a nuove confraternite di Puri e Incorruttibili che bussano alla politica italiana con la pretesa di commissariare la nostra imperfetta democrazia per purgarla a forza  da vizi e cattive pratiche. Anzi, l’occasione è ideale per lanciare una proposta. Ormai a chiunque, dalla mamma alla foca monaca, la nostra liturgia celebrativa dedica una giornata di festeggiamento. Ma manca ancora lui, il più grande e forse l’unico autentico meritevole di festeggiamento. Il Peccatore. E’ lui, a ben guardare, il vero vincente che esce a testa alta dalla presunta storia di moralizzazione del Paese che s’è consumata in due fasi. La prima ha visto i Pentastellati ingaggiare in nome dell’Ideale ostinate battaglie contro il principio di Realtà. La seconda è un ‘indietro tutta’ che li ha visti adeguarsi tanto bene al principio di realtà  da diventare più realisti del re  e rinnegare  ogni ‘ferreo’ decalogo precedente.  Lo spettacolo, ammettiamolo,  reca un certo sollievo a noi comuni e imperfetti mortali, noi che proviamo un brivido di oscuro disagio quando si materializza sullo schermo la faccetta verdolina di Travaglio, ghigno da Torquemada assatanato di gogna e manette, e velenoso sguardo da raffinato compilatore di liste di proscrizione. Che farà adesso? Cercherà di salvare il salvabile e lavorerà con gesuitica tessitura alla fase tombale dell’intera parabola. Cioè all’alleanza 5 Stelle–Pd  in cui a ciascuno, come nei classici del  sadomaso, toccherà il ruolo alterno di torturatore e vittima. Auguri.  Evidente che  fin qui abbiamo parlato di ovvietà e ragionato in discesa. Ma purtroppo c’è dietro l’angolo la parte in salita del ragionamento, l’unica che realmente conta e non può che riguardare il  sistema politico nel suo complesso e la sua residua capacità di intercettare i processi che stanno maturando nella società.

Non illudiamoci che, palesata oltre ogni ragionevole dubbio la pochezza grillina, la politica ‘tradizionale’ sia in salvo e possa tornare al vecchio andazzo. Guai a pensarlo. Mentre l’ombrello di Draghi ci protegge e garantisce, non si dorma sugli allori e si prenda atto che i più impegnativi tornanti, politicamente parlando, devono ancora venire.  E non si presenteranno sulle gambe di nuovi partiti ma di nuovi movimenti. Non saranno più grilli ma sardine o coccinelle o fichi d’India o vattelapesca. Ma quello è il futuro: ondate successive di movimenti d’opinione veicolati dai social e impegnati su emergenze planetarie largamente eccedenti rispetto al perimetro delle competenze politiche tradizionalmente intese. Attenzione a non scambiare il tramonto grillino con la fine  dei problemi che il Movimento aveva originariamente posto. Quelli restano e saranno la più scomoda spina nel fianco della politica futura chiamata a mediazioni sempre più ardue fra le forme tradizionali della rappresentanza democratica veicolate dai partiti e la crescente aggressività di un circuito di democrazia alternativa veicolata dalla piattaforma digitale  Sfida gigantesca per la quale occorre una politica forte e autorevole che pensa in grande, va al sodo dei problemi e sa tessere alleanze realisticamente convergenti rispetto agli obiettivi prioritari. Registriamo invece spinte esattamente opposte: persino il vecchio Psi  si ripropone in un revival reducistico legittimo ma irreparabilmente patetico. Per non dire della giungla di sigle nate dall’implosione pentastellata e dalla crisi ideologica e programmatica che sta divorando la sinistra. Un ritorno nell’infinitamente piccolo proprio quando la storia chiede di pensare in grande, asciugare le divergenze marginali e lavorare a una semplificazione della dialettica politica che la renda più trasparente e incisiva.

Altro che rallegrarsi dello scampato pericolo targato 5 Stelle! Il vecchio sistema partitico pensi piuttosto ad attrezzarsi per la sfida prossima ventura: convertire i nuovi movimenti in energie politiche utilmente spendibili per il bene comune.

 

vittorianozanolli.it

Ada Ferrari


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