9 settembre 2023

In passato tanta informazione, dialogo e confronto: solo così il cittadino poteva scegliere

A volte avevano nomi stravaganti, diciamo originalissimi secondo gli standard attuali, rafforzati da una sorta di “motto” che ne identificava le scelte in materia editoriale e di informazione. Papà Bonsenso, La buona famiglia, Farfallino, Cremona: il giornale della democrazia, Il Democratico, La Bandiera dell'operaio, Il Torrazzo, La Freccia, Il Corriere Cremonese erano alcuni nomi di periodici che, già poco dopo l'Unità d'Italia e l'inizio del XX secolo, venivano stampati a Cremona e per la sua Provincia.

C'è da provare una sorta di invidia e la condivisione di un profondo rispetto per la enorme fantasia che accumunava alcuni editorialisti cremonesi circa 150 anni fa; tra i vari titoli dedicati alla carta stampata si può trovare anche Bou!Il giornale che abbaia ogni sabato” con il profilo che sembrerebbe quello di un cane razza setter, tipico cane da caccia, che potrebbe dare origine a varie interpretazioni. A vederlo così verrebbe da pensare che l'editore fosse semplicemente un appassionato di quella razza ma, pensandoci bene e osservandone i contenuti, il periodico fa pensare ad editori che, come una sorta di muta di cani da caccia, corrono per la città alla ricerca di notizie. Le intestazioni, i titoli e i contenuti di svariati periodici cremonesi, strumenti d'informazione che a volte duravano qualche lustro come pochi numeri, sono un tesoro nascosto, anzi dimenticato; a parte il profilo storico della città a cui appartengono è bellissimo poter osservare la molteplice diffusione di strumenti d'informazione che rendevano fatti e notizie accessibili a chiunque.

A distanza di quasi 150 anni da quando il setter Bou, il 28 aprile 1888, correva in città con la testa bassa alla ricerca di una scia di informazioni da pubblicare, viene da pensare che, dopo un secolo e mezzo, non sia migliorata di molto l'informazione; la tecnologia ha inserito video e foto e aumentato la disponibilità di notizie, ma sembra sempre più voler imporre piuttosto che aiutare a comprendere, il fine ultimo di molte realtà non è informare ma aumentare la carenza di informazioni. E' un paradosso, forse, però è come sentirsi dire che il PIL di un paese è aumentato a dismisura e, in fondo, ma proprio in fondo negli spazi degli organi di stampa, leggere che la povertà dei cittadini, già dall'età pediatrica, sta crescendo senza sosta. Le due notizie non sono fatte per venir separate, ma per viaggiare insieme se si vuole informare il lettore anzi, andrebbero spiegate non proposte come un qualcosa di a se stante. Non è solo il classico discorso oggi tanto diffuso sulle fake news, termini sui quali bisognerebbe ragionare dato che le fake news esistono da sempre, ma il fatto che, con una concentrazione informativa basata sul voler offrire una percezione diversa della realtà che ci circonda, e non una visione realista anche se filtrata da opinioni personali, si genera il difetto di generare solo estremismi culturali.

L'estremizzazione crea una sola cosa: la separazione e il mantenimento di una posizione che non dipende più da ciò che viviamo, ma da ciò che viene detto. Lo sviluppo culturale, che è poi l'anticamera per lo sviluppo sociale ed economico di una qualsiasi realtà, sembra sempre più venir indirizzato seguendo le necessità aderenti ad un particolare momento, ovviamente vi è la necessità di rendere notizie in un determinato periodo storico, ma la differenza sta nel fatto che quelle notizie non devono focalizzare i lettori secondo la logica di un periodico che vuole imporre una linea, ma di un periodico che faccia capire come una notizia può essere letta. Si crea un vuoto che difficilmente può essere colmato; in un paese dove si legge pochissimo ciò che ci viene urlato dal megafono più grande non crea dubbi ma dispensa solo granitiche e mastodontiche certezze, un lettore dedica meno tempo alla ricerca di informazioni e ancora meno ad una analisi delle stesse, dando origine ad una assenza di confronto che non sia solo quello, estremamente semplicistico e quindi estremamente pericoloso, attuato via social.

Nel XIX secolo si può trovare, già nei periodici cremonesi, un dialogo e un confronto vero e proprio quello che nasceva dalle scelte fatte dalle varie testate, spesso si chiariva già dal titolo la linea editoriale che avrebbe seguito la stampa di quelle pagine, era una scelta precisa e definita, una scelta che lasciava al lettore la possibilità di scegliere e confrontare come una notizia viaggiasse in una direzione piuttosto che in un'altra.

Senza dialogo e confronto non esiste alcun futuro, fare informazione, soprattutto per le istituzioni, rimanendo ben chiusi in un ufficio non porta a nulla, il dialogo e il confronto rimangono ancora le variabili più importanti per dare ad un cittadino la possibilità di capire e di poter, in futuro, scegliere.

Marco Bragazzi


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