27 ottobre 2024

Insicurezza, l'inutile distinzione tra percepita e reale. E spuntano record di usura

Nelle ultime settimane, nel nostro territorio, in particolare a Crema e Cremona, gli episodi di violenza e sopraffazione sono aumentati.  Casalmaggiore fa storia a sé con un omicidio-suicidio. La sicurezza è argomento di discussione e di dibattito-scontro politico.

Due settimane fa lo storico quotidiano locale aveva sottolineato: «I dati confermano che l’insicurezza percepita è superiore a quella reale» (La Provincia, 20 ottobre 2024). 

Lo scorso anno, per episodi analoghi, lo stesso giornale aveva scritto: «L’insicurezza è più percepita che reale. Ma quel sentimento non va certamente sottovalutato. Sia a livello individuale che collettivo» (La Provincia, 10 settembre 2023).  Quasi una fotocopia. 

Se dopo tredici mesi dalla prima enunciazione, il problema violenza-sicurezza è rimasto inalterato, anzi è peggiorato, qualcosa non ha funzionato. Repetita iuvant, ma non sempre funziona.  Nel caso specifico, la reiterata sollecitazione a separare la realtà percepita da quella fattuale, rischia di essere un boomerang con il ridicolo dietro l’angolo. 

I numeri della Banca dati interforze del dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, elaborati dal Sole24ore, pubblicati il 16 settembre scorso, sono precisi. Chiari. 

Nel 2023 nella nostra provincia le denunce sono state 10.693, con un incremento di 682 unità rispetto all’anno precedente, pari al 6,8 per cento. Risultato che poco si concilia con la teoria della differenza tra percezione e realtà. 

Il nostro territorio è 62esimo nella classifica generale dell’indice - denunce/100 mila abitanti-  della criminalità delle province italiane, con l’usura in seconda posizione nella graduatoria per specialità, dietro Crotone, prima di Foggia.  Davanti a Napoli (5), Roma (22), Palermo (40), Milano (43).  Staccati i vicini di casa: Bergamo (17), Pavia (38), Brescia (47), Mantova (76), Piacenza (86). 

Rilevante anche l’ottava posizione nella sezione crimini informatici.

Con Cremona nel gotha europeo dell’inquinamento dell’aria per polveri sottili e con la presenza della provincia in cima allo strozzinaggio, viene confermata la propensione al masochismo e all’autolesionismo del nostro territorio. Viene certificata la scarsa capacità delle istituzioni ad affrontare problemi complessi. 

Un quadro non rassicurante, per un territorio considerato dai forestieri un’isola felice. Violini e gastronomia.  Ma anche tortelli dolci e Chiamami con il tuo nome. Poi la bella favola dell’ottava meraviglia del mondo. L’astronave sulla rampa di lancio pronta per il conto alla rovescia e la speranza che non s’impianti a metà. Il canale navigabile insegna.

Probabilmente i casi di usura non si limitano a quelli denunciati, ma il solo fatto di trovarsi sul podio della specialità non è un buon biglietto da visita. Non è una qualità per la quale andare fieri. 

Non importa se la percezione di questo reato è molto bassa. Se emotivamente l’usura è meno impattante sull’opinione pubblica di una scazzottata in piazza tra balordi, pischelli sovraeccitati, fighetti viziati. Tra stronzi da quattro soldi, ignominia della categoria.  

Trovarsi sul podio per usura è grave, anche se una bottigliata in testa a un passante, la molestia ad una ragazza, la rottura di una staccionata lungo la ciclabile, lo scempio di arbusti appena piantati sono giornalisticamente più efficaci nello scatenare la rabbia dei cittadini.  

Trovarsi sul podio per usura è una maledizione. Una vergogna.

Gli ottimisti e le anime candide potrebbero obiettare che la seconda posizione in classifica presenta un aspetto positivo. Dimostrerebbe il coraggio dei cremonesi, superiore alla media degli italiani. Il coraggio di denunciare un reato assai umiliante per chi è vittima.  Sia concesso dubitare e aggiungere un ma va in mona che non ammette repliche. 

I cittadini chiedono alle istituzioni più tutela.  Pungolano i politici e i pubblici amministratori. Spingono per una maggior efficacia degli interventi per contenere e scoraggiare comportamenti delinquenziali e borderline.  Pretendono un impegno maggiore per contrastare bullismo, risse, microcriminalità.  Invocano un limite per comportamenti antisociali in senso lato.  

Invitano le forze dell’ordine a presidiare con maggiore intensità le zone urbane più vulnerabili e, in generale, ad essere più presenti sull’intero territorio. Ad essere meno tolleranti. A usare il pugno di ferro.

La loro presenza è deterrente che aiuta a prevenire reati. Le forze dell’ordine sono insostituibili nella repressione degli stessi e nessuno lo discute.  Ma tengono un limite: non sono la soluzione della violenza che nasce dal disagio sociale.

Non sono la panacea che elimina e riduce vandalismi, risse in centro città, azioni omofobe. 

Non cancellano manifestazioni aggressive e violente, all’apparenza gratuite, che creano la percezione di insicurezza nel cittadino. Percezione che La Provincia considera non corrispondente alla realtà.  Percezione funzionale all’establishment che, in questo modo, giustifica la sua inerzia.  Alibi per pararsi il culo.

Se per alcuni reati le forze dell’ordine costituiscono la cura che debella la malattia, per altri rappresentano il sintomatico che toglie il dolore, ma non incide tanto sulla causa. In questi casi l’efficacia della prevenzione-repressione è parziale. Temporanea. Vive il momento del presidio, dell’alcol test, del ritiro della patente, del divieto di manifestare. 

La politica non può caricare su carabinieri, polizia di stato e polizia urbana, il compito che a lei compete.  Può chiedere un supporto alle forze dell’ordine, ma non può delegare loro interventi che trovano la causa- soluzione in scelte politico-amministrative.

Ridurre o eliminare i sintomi paga nell’immediato, ma è devastante per il futuro. È una visione politica miope, giustificata dalla necessità di ottenere risultati tempestivi e rispondere alle percezioni dei cittadini. Percezioni che potrebbero essere distanti dalla realtà, ma decisive per formare il consenso, elemento vitale come l’acqua dell’acquario in cui sguazzano politici e amministratori pubblici.

Auspicare un aumento delle forze dell’ordine, dotare la polizia locale di taser, intensificare i controlli, essere inflessibili con i trasgressori è più che utile e anche necessario, ma evidenzia l’incapacità politica di affrontare un problema socio-generazionale. Sottolinea l’impreparazione a capire e ad adeguarsi alle esigenze dei mutamenti antropologici e culturali della società. E qui finisce il pippone. 

Sorprende sentire Luciano Maverick Pizzetti chiamare a raccolta tutte le forze politiche cremonesi affinché «si mobilitino perché l’attenzione per la situazione di Cremona arrivi anche al livello nazionale e al governo» (La Provincia, 25 ottobre).

Cremona non è il Bronx e neppure una banlieue parigina. Cremona è la capitale della repubblica del Marubino, la patria del stum schis, dell’identità di vedute su alcuni aspetti tra Pd e Fratelli d’Italia. Cremona è la morta gora. 

Sorprende l’insistenza di Pizzetti nel cavalcare il mantra del tutti insieme appassionatamente oggi colonna sonora del Pd cremonese.  Sorprende che Maverick, dna di sinistra, non abbia uno scatto di orgoglio per invitare il centrosinistra ad impegnarsi, pancia a terra, per svolgere al meglio il compito che i cittadini hanno assegnato alla sua coalizione.  Sorprende che rinunci al ruolo di top gun per impersonare quello dl curato di campagna, impegnato a blandire i propri parrocchiani per tenerli tutti buoni e pronti a eseguire le sue disposizioni. Ma forse ha ragione. Con l’abbraccio globale ottiene due risultati. Anestetizza l’opposizione e divide le responsabilità delle scelte, eventuali puttanate comprese.  Ma non c’è unanimismo che tenga sul disagio sociale.  E non ci sono parlamentari che lo risolvano. Servono scelte rischiose. Qualche volta controcorrente.

Per capire il problema, il monologo iniziale dell’eroinomane Mark Renon in Trainspotting  è illuminante.

«Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxitelevisore del cazzo; scegliete lavatrici, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa; scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta; scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo; scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina; scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi; scegliete un futuro; scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita. Ho scelto qualcos’altro. Le ragioni. Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina».

Meditate gente, meditate.  E chissenefrega di percezione e realtà.

Antonio Grassi


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