Intollerabile aver tenuto nascosto quello studio sull'incidenza del Covid nelle Rsa cremonesi
E’ intollerabile avere atteso otto mesi per conoscere i risultati dello studio condotto dall’Osservatorio epidemiologico dell’Ats Valpadana sulla mortalità nelle case di riposo delle province di Cremona e Mantova durante la prima fase dell’emergenza sanitaria. Proprio questo colpevole ritardo ha spinto il consigliere regionale Marco Degli Angeli a presentare un'interrogazione in proposito all'assessore Letizia Moratti. Il lavoro condotto da Paolo Ricci, Paola Ballotari, Linda Guarda, Erica Giacomazzi, Alessandra Certi e Luciana Gatti era pronto lo scorso luglio, ma è rimasto secretato fino alla pubblicazione su una rivista scientifica in gennaio. Il motivo che ha spinto i dirigenti dell’Azienda territoriale sanitaria a bloccarne la divulgazione lo si capisce leggendo i risultati dell’indagine: nel picco dell’epidemia, il covid 19 ha fatto un numero di vittime tra la popolazione anziana del Cremonese e del Mantovano 11 volte superiore rispetto alla media. Il rischio di morire nelle Rsa rispetto alla popolazione non istituzionalizzata è stato di circa 2-3 volte maggiore rispetto a prima dell’epidemia e quasi 7 volte superiore durante la stessa. Il contagio ha aumentato del 60 per cento il rischio di morte nella popolazione con età uguale o maggiore di 75 anni non residente nelle case di riposo, e lo ha raddoppiato negli ospizi. ‘A una maggiore incidenza – recita l’indagine eseguita dall’Osservatorio – corrisponde una mortalità più elevata e un maggiore divario tra residenti e non residenti nelle Rsa’. Quello studio ha certificato una realtà nettamente percepita da chi aveva congiunti nelle case di riposo e da chi lavora in quelle strutture: agli ospizi è stata una strage. La situazione si è fatta tragica e ingestibile quando le porte si sono aperte ai pazienti covid respinti dagli ospedali al collasso. Paolo Ricci ha aspettato pazientemente che i risultati sconvolgenti del suo lavoro venissero divulgati, dopo averli trasmessi al direttore generale Salvatore Mannino e alla responsabile sociosanitaria Carolina Maffezzoni. Un’attesa inutile e frustrante che ha indotto Ricci a rinunciare a una battaglia contro i mulini a vento e a scegliere la strada del pensionamento.
Considerata la delicatezza della materia trattata e l’impatto che i risultati raggiunti dall’inchiesta avrebbero avuto sull’opinione pubblica, si presume che la decisione di impedirne la divulgazione sia stata presa in Regione. E tanto per cambiare sul banco degli imputati finisce l’ex assessore Giulio Gallera, che non ne ha azzeccata una, ma sul quale è fin troppo facile scaricare le colpe, adesso che è fuori gioco. Si presume anche che lo stesso governatore Attilio Fontana fosse a conoscenza di quell’indagine. E’ grave se non è stato informato. Da lui si attendono spiegazioni che difficilmente arriveranno, visti i precedenti.
Finché il covid 19 non ha portato all’evidenza generale deficit e magagne della medicina territoriale e degli ospedali regionali, si assumeva come verità rilevata l’eccellenza della sanità lombarda. Era considerata quanto di meglio si poteva offrire ai cittadini, senza timore di paragoni con le prestazioni garantite dai Paesi più avanzati in campo sanitario. Era un dogma. Dovevamo sentirci privilegiati per il solo fatto di vivere in Lombardia. Il richiamo alla realtà è stato traumatico per tutti e drammatico per le oltre 30mila famiglie lombarde che piangono un loro caro ucciso dal coronavirus.
Nel suo giro delle sette chiese, Guido Bertolaso, consulente del presidente Fontana, ha magnificato il funzionamento dell’organizzazione vaccinale cremonese. Evidentemente qualcuno non gli aveva detto che contestualmente alla sua visita, anziani residenti a Capralba, nel Cremasco, erano costretti ad andare a Casalmaggiore per farsi vaccinare. Quasi 200 chilometri tra andata e ritorno quando a dieci minuti da casa, a Vaiate, è attivo un centro di somministrazione. E diversi cremonesi si sono dovuti recare a Crema e viceversa.
Nel pieno della terza ondata del contagio, con una nazione ferita da oltre 100mila decessi, inevitabilmente limitata nelle libertà costituzionali per un interesse superiore collettivo, la tutela della salute pubblica, è intollerabile che i cittadini siano trattati come bambini inconsapevoli. Le istituzioni devono essere case di vetro nei fatti, non solo a parole. Mai come adesso si impongono per tutti tre parole d’ordine: verità, trasparenza e serietà.
All’indomani della celebrazione della prima giornata della memoria per i morti da covid 19, ricordiamo i defunti, ma non dimentichiamo i vivi.
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commenti
Foderaro
20 marzo 2021 05:28
Italiani, brava gente. Dov'era lo stellone? Rigore nullo, controlli nessuno. I pochi eroi allo sbaraglio. Così la politica! Grazie direttore. I fatti contraddicono le recenti celebrazioni.