5 marzo 2022

L'alternativa alla guerra? Abolirla come abbiamo fatto con la schiavitù

Di fronte alla tragedia della guerra in Ucraina non sembri un lusso chiedersi quante idee di pace ci sono. Idee diverse se non opposte. Sì, perché sono le idee a muovere le guerre o a costruire la pace. Sono le diverse visioni geopolitiche a ispirare il gioco della guerra che da sempre terrorizza e affascina l’umanità. Sotto le diverse narrazioni del dramma della guerra che corrono oggi sui media di tutto il mondo ci sono esigenze, interessi, ambizioni, alleanze che rendono più faticoso comprendere chi ha ragione e chi ha torto. E quando anche hai compreso chi ha torto, è comunque difficile sapere come fermarlo. Penso che in Italia non ci sia nessuno seriamente schierato dalla parte di Putin. Putin l’invasore di uno Stato sovrano. Putin che intende annettersi l’intera Ucraina con la narrazione dell’essere un unico popolo dentro la grande Madre Russia. Putin criminale di guerra che andrebbe certo processato dal Tribunale Penale Internazionale, ma intanto fa ammazzare civili innocenti. Ma la domanda più che legittima è la seguente: come si è arrivati a questo punto? Dobbiamo ammetterlo: l’aggressione della Russia ha sorpreso tutti e sta cambiando la storia dell’Europa. Anche chi come me aveva denunciato da tempo l’errore europeo, prima ancora che statunitense, di aver lasciato irrisolto per 7 anni la questione delle autoproclamate repubbliche indipendenti del Donbass, non può che denunciare la sproporzione dell’iniziativa di Putin alimentata dalle sue ambizioni imperiali. Non c’è alcuna giustificazione possibile. Ma, appunto come siamo arrivati ad avere una guerra, una vera e propria guerra nel cuore dell’Europa? 

Ho seguito direttamente la guerra che ha portato a smembrare la ex Jugoslavia, anche sul campo. La violenza brutale nei Balcani, l’assedio di Sarajevo. La pulizia etnica e il Kossovo. Ebbene quella guerra ci ha insegnato poco e niente. Perché alla fine la “vittoria dell’Occidente” ha nascosto gli errori e le responsabilità dell’Occidente nel non aver saputo risolvere i conflitti aperti con soluzioni politiche e non militari.

Perché ci sono diverse idee sulla pace anche tra di noi, italiani ed europei. Perché nei Governi e nelle Diplomazie di mezzo mondo è prevalente tuttora la Dottrina del cosiddetto “realismo politico” che di fatto è un aggiornamento della Pax romana “ Se vuoi la pace, prepara la guerra”, a sua volta evoluta nelle dottrine geopolitiche dell’impero britannico della superiorità sui mari, ripresa in versione terrestre dalle ambizioni della Germania riguardo al suo “spazio vitale” per terminare alla “pax americana” che considera possibile solo l’egemonia basata sulla politica di potenza. 

Un salto di qualità politica, giuridica e culturale è avvenuto solo dopo le due guerre mondiali, da considerare un'unica Guerra civile europea, con la creazione dell’ONU e la centralità finalmente data al Diritto internazionale rispetto alle singole Legislazioni nazionali. Ma questo percorso virtuoso ha trovato ostacoli, la riforma democratica dell’ONU non è stata completata. Anzi, stiamo assistendo da anni ad una ripresa dei nazionalismi e della politica di potenza da parte di diversi Stati di medie e grandi dimensioni. Soprattutto stiamo assistendo alla ripresa della corsa al riarmo, compreso quello nucleare. Alla sostituzione anche a Ghedi e ad Aviano delle testate atomiche con altre ancora più potenti e distruttive. Alla “militarizzazione crescente del concetto di sicurezza” anche nella gran parte degli esponenti politici italiani e persino in diversi ambienti della  nostra società

In questo quadro va inserita la scelta di tutti i Governi europei di inviare armi all’Ucraina facendo credere che così si difende la libertà di un popolo. In questo quadro si inserisce anche la scelta del Governo italiano, della stragrande maggioranza del Parlamento italiano e le stesse dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Stampa del Ministro Lorenzo Guerini. Il quale si vanta di avere aumentato le spese militari del Bilancio della Difesa di 3,5 miliardi e di aver raggiunto l’1,4% del PIL. E prevede che la guerra in Ucraina possa durare 10-20 anni e che sono dunque indispensabili in questo settore gli “ investimenti per presidiare un pezzo della nostra sovranità nazionale e tecnologica”. 

Dottrina cosiddetta “realistica” che è lontana mille miglia da un’idea di pace come hanno maturato i movimenti pacifisti, chi ha redatto la Carta fondativa dell’ONU ma anche le Chiese. 

Non è un caso che a criticare apertamente il Ministro e il Governo Italiano sia il vescovo Giovanni Ricchiuti , presidente di Pax Christi Italia, il quale allarga la sua riflessione alle “responsabilità della Nato”. 

Ecco che in questa presa di distanza emerge un’altra concezione della pace, tra l’altro molto più coerente con i Principi laici ispiratori della nostra Costituzione, vedi articolo 11. 

Il problema è che con la “militarizzazione” della sicurezza in troppi in Italia e in Europa siamo stati portati a credere che quei principi siano per “anime belle”, siano solo valori etici ma poco realistici. E questo perché ci siamo adagiati dentro l’Alleanza Atlantica, dentro l’ombrello della Nato : tanto forte militarmente e sul piano della dissuasione nucleare che la sua deterrenza avrebbe scoraggiato chiunque da tentare avventure militari.  E così Biden e la Nato hanno tratto in inganno, se volete un termine più morbido, illuso il Governo di Kiev che bastava schierarsi con l’Occidente per stare al sicuro ed avere benessere, senza troppo preoccuparsi delle preoccupazioni di Mosca, della parte russofona dell’Ucraina stessa, delle condizioni per assicurare  pace e stabilità all’intera Europa, dall’ Atlantico agli Urali. 

Insomma è proprio l’assenza di una politica precedente e di una diplomazia all’altezza della complessità dei problemi geopolitici che adesso spinge l’Italia e gli Stati europei a illudersi di “rimediare” inviando armi. Ma così non facciamo che spingere la situazione in Ucraina a livelli di scontro insostenibile per le popolazioni, ad accrescere l’esodo e il massacro. 

Alcuni esperti militari sostengono che le armi inviate arriveranno tardi ma saranno utili ad alimentare una guerriglia urbana sotto occupazione russa. Non so se sarà così e non so se sia auspicabile questo scenario. So però che i Governi, soprattutto quello statunitense e il Pentagono, dovrebbero sapere che possibilità ci siano perché Putin venga davvero fermato se non battuto militarmente. Per chi come me è stato su diversi scenari di guerra, in Bosnia come in Iraq, in Colombia come in Corea del Nord, in  Etiopia come in Eritrea, In Tagikistan come in Afghanistan, una cosa è dolorosamente chiara: il cinismo degli Alti Vertici politici e militari a sacrificare vite umane, anche in assenza di prospettive di vittoria, come fossero pedine da muovere sullo scacchiere. 

Per favore: non facciamo credere che le armi italiane siano decisive a vincere le armate russe, visto che la Nato, consapevole del rischio di una guerra nucleare, non intende garantire nemmeno la Fly Zone sui cieli della Ucraina lasciando così via libera agli aerei russi. Evitiamo una escalation che non farà che aumentare a decine di migliaia le morti di combattenti e di civili. Per favore rendiamo più stringenti le sanzioni anche a costo di pagare prezzi economici e sociali. Rimettiamo al centro l’urgenza di negoziati che siano autorevoli e davvero rappresentativi degli interessi in gioco.

Gli Stati Uniti hanno già ottenuto quello che desideravano: il rilancio dell’Atlantismo, il rilancio della Nato  e dell’egemonia statunitense su gran parte dell’Europa. L’Unione Europea si svegli dal suo letargo in politica estera e capisca che il suo futuro dipende da uno sviluppo della sua autonomia, dall’affrancarsi da un eccesso di dipendenza dalla logica dei blocchi contrapposti, da un patto che prima o poi dovremo stringere con la Russia per quanto riguarda la reciproca sicurezza, meglio se garantita da un disarmo nucleare bilanciato. 

La pace non è assenza di guerra. La pace è costruzione culturale, sociale, economica e politica che orienta le Istituzioni a realizzare un altro modo di intendere e praticare le relazioni internazionali. La pace non parte dal potenziare la propria industria militare e a vendere armi a chiunque. 

 A conclusione di questo mio contributo vorrei ricordare l’invito di don Primo Mazzolari in “ Tu non uccidere” a non restare prigionieri nel pensiero e nell’azione della logica dei blocchi militari contrapposti. L’elaborazione di Johan Galtung rivolta agli Stati e alle istituzioni per una “ Pace con mezzi pacifici”.  La prospettiva indicata da Altiero Spinelli al confino di Ventotene, quando ancora le armate naziste travolgevano mezza Europa, a concepire una nuova Europa, anzi gli Stai Uniti d’Europa. Ma la speranza sta nelle nuove generazioni e nei movimenti nonviolenti perché sappiano arrivare ad abolire la guerra come è stata abolita la schiavitù, almeno nel Diritto internazionale e nel Diritto dei popoli. 

 

 

Marco Pezzoni


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